Candriam: mercato del lavoro USA ancora teso, a quali dinamiche prestare attenzione

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L’evoluzione dei salari, che riflette le tensioni sul mercato del lavoro, gioca un ruolo importante nella formazione dei prezzi, in particolare per quanto riguarda i servizi. Tuttavia, negli Stati Uniti come nell’Eurozona, i mercati del lavoro sono tesi. Una semplice analisi delle componenti principali del mercato del lavoro americano evidenzia tre dimensioni, che sono al tempo stesso fonti e riflessi delle tensioni.

La prima dimensione è naturalmente l’occupazione, che include indicatori dei tassi di occupazione, di disoccupazione e di partecipazione. Dopo essersi contratta profondamente durante la pandemia, l’occupazione è tornata rapidamente a livelli vicini a quelli osservati nel 2019, e quindi non spiega l’impennata dei salari nel periodo successivo alla pandemia, né il tasso di aumento relativamente elevato degli ultimi mesi.

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La seconda dimensione che riunisce gli indicatori di turnover (tasso relativo ai posti di lavoro vacanti, tasso di uscite volontarie e tasso di assunzioni) è molto più rilevante per spiegare i trend salariali dal 2020 ad oggi. Per capirlo, dobbiamo ricordare che durante la pandemia sono stati cancellati circa 25 milioni di posti di lavoro nell’arco di due mesi. Il forte bisogno di assunzioni per far fronte all’enorme ripresa della domanda dopo la fase emergenziale ha posto i lavoratori in una posizione di forza. Per attrarre manodopera, è stato necessario aumentare i salari, in particolare per quei lavori dove vi sono stati tagli massicci. In questo contesto molto particolare, la percentuale di dipendenti che ha lasciato volontariamente il proprio lavoro per trovarne uno meglio retribuito, è aumentata notevolmente: questo ci aiuta a comprendere l’impennata dei salari! Man mano che la domanda di posti di lavoro veniva soddisfatta, il tasso di dimissioni volontarie diminuiva e, con esso, i salari.

Dopo l’impennata, i salari sono quindi sensibilmente diminuiti. Tuttavia, continuano a progredire in modo significativamente più rapido rispetto a prima della pandemia, a un ritmo che potrebbe mettere a repentaglio il ritorno dell’inflazione verso l’obiettivo della Federal Reserve.

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Sebbene, i salari abbiano cominciato a rallentare, il mercato del lavoro americano resta ancora teso come conferma l’indice di tensione calcolato sulle tre dimensioni sopra citate. Nonostante il calo, il livello delle tensioni è nettamente più elevato rispetto a prima della pandemia. Sembra quindi necessario un ulteriore allentamento del mercato del lavoro. Mentre i salari è finora sono riusciti a rallentare senza che il tasso di disoccupazione aumentasse (è stato inferiore al 4% da due anni), è probabile che un ulteriore rallentamento della crescita salariale richiederà un leggero aumento del tasso di disoccupazione.

Il legame osservato in passato tra tasso di disoccupazione e tasso di uscite volontarie va ora in questa direzione. Normalmente, quando il mercato del lavoro si allenta (cioè, quando il tasso di disoccupazione aumenta), il tasso di uscite volontarie diminuisce e i salari rallentano di conseguenza.

Ma il particolare shock della pandemia ha spinto il tasso di abbandono volontario ben oltre quanto giustificato dal tasso di disoccupazione. Normalizzando la relazione tra queste due variabili, il primo è sceso senza che il tasso di disoccupazione aumentasse. Ora siamo tornati alla relazione “normale”: un ulteriore calo del tasso di esuberi volontari (e quindi un ulteriore rallentamento dei salari) richiede adesso un leggero aumento del tasso di disoccupazione.

Per riassumere, la necessità di creare nuovamente circa 25 milioni di posti di lavoro tagliati durante la crisi sanitaria ha spinto al rialzo i salari americani. Una volta che queste esigenze sono state soddisfatte, la crescita dei salari è rallentata. Per poter tornare a un ritmo di crescita compatibile con l’obiettivo d’inflazione della Federal Reserve, il tasso di disoccupazione dovrà probabilmente aumentare leggermente nei prossimi trimestri.