Le determinanti dei mercati obbligazionari nel mese di gennaio

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Le banche centrali rimangono in attesa (per ora). Nel caso della Federal Reserve, il Federal Open Market Committee (FOMC) ha scelto di mantenere i tassi d’interesse invariati e ha rimosso ogni riferimento a un orientamento restrittivo dai suoi comunicati. Tuttavia, ha anche avvertito che prima di procedere con eventuali tagli dei tassi, è necessario osservare un rallentamento sostenuto dell’inflazione. La Fed è consapevole che negli ultimi tre anni i dati sull’inflazione hanno oscillato notevolmente, implicando che, prima di agire, la Fed preferisce attendere ulteriori prove della diminuzione dell’inflazione, rendendo poco probabile che i primi tagli si verifichino entro marzo 2024.

In Europa, i membri della BCE hanno dapprima tentato di contrastare l’andamento dei prezzi di mercato di dicembre, sottolineando che in base agli ultimi dati salariali non era ancora arrivato il momento di discutere i tagli dei tassi. Tuttavia, nel mese di gennaio, il messaggio si è trasformato notevolmente, diventando decisamente più accomodante. La Banca Centrale Europea ha mantenuto i tassi invariati, ma alcuni membri del suo Consiglio Direttivo hanno evidenziato il rischio che l’inflazione sorprenda al ribasso, suggerendo che i tagli dei tassi potrebbero arrivare prima dell’estate. Anche la Banca d’Inghilterra ha deciso di mantenere i tassi invariati, ma un membro del Comitato di politica monetaria ha votato per un taglio immediato. In Svezia, la Riksbank ha seguito una tendenza simile, passando da previsioni che indicavano i primi tagli alla fine del 2025 a un orientamento che prevede tagli dei tassi già nella prima metà di quest’anno.

I dati economici attuali sembrano allinearsi con la narrativa di un atterraggio morbido. Grazie alla resilienza dei consumatori, la crescita del PIL statunitense nel quarto trimestre ha superato le aspettative, raggiungendo il 2,5% per l’intero anno 2023, un dato ben lontano dalle previsioni di recessione formulate da molti esperti all’inizio dello scorso anno. L’indicatore di inflazione preferito dalla Fed, il PCE core, sembra rallentare rispetto alle previsioni, ma l’andamento dei dati salariali sarà cruciale per monitorare il futuro dell’inflazione di core. Nel frattempo, le economie europee sembrano in grado di evitare una recessione, con una crescita stabile e un’inflazione in calo. Tuttavia, i dati di gennaio hanno superato le aspettative del mercato e della BCE, con un’inflazione complessiva al +2,8% e un’inflazione core al +3,3%. Sebbene l’indice PMI composito per l’Eurozona rimanga al di sotto della soglia di 50 (che indica la crescita), alcuni segnali suggeriscono un possibile miglioramento del ciclo economico. I prezzi degli input nel settore dei servizi rimangono elevati, e i recenti eventi nel Mar Rosso potrebbero alimentare l’inflazione dei beni. Nel complesso, le dinamiche inflazionistiche negli Stati Uniti sembrano abbastanza chiare nel breve termine, mentre in Europa potremmo continuare a osservare un’elevata volatilità dei dati. Questo rafforza la convinzione che la riduzione dell’inflazione dal 3% al 2% necessiterà di decisioni di politica monetaria ponderate e di compromessi equilibrati.

Il Regno Unito divergerà rispetto al resto del mondo? Gli investitori spesso assumono (correttamente) che l’economia del Regno Unito segua delle dinamiche “a metà strada” tra quelle degli Stati Uniti e dell’Eurozona. Tuttavia, attualmente il paese sta affrontando una serie di eventi idiosincratici che presentano numerose sfide per le autorità fiscali e monetarie. Entro la fine dell’anno, è probabile che si verifichi un cambio di governo che potrebbe portare al potere il partito laburista, interrompendo 14 anni di leadership conservatrice. Tuttavia, questo cambiamento non dovrebbe alterare significativamente la politica fiscale esistente e il panorama geopolitico, soprattutto se comparato alle elezioni statunitensi e del Parlamento Europeo.

Il Regno Unito si distingue per alcune dinamiche strutturali, che stanno progressivamente acquisendo importanza per i mercati: l’inflazione dei servizi è superiore al 6% da settembre 2022, il mercato del lavoro sta mostrando una notevole resilienza, l’economia ha finora evitato una recessione e i PMI stanno accelerando (secondo gli ultimi dati, il PMI composito ha raggiunto il 52,5!). Considerando queste dinamiche, sembra difficile che l’inflazione torni rapidamente verso l’obbiettivo del 2%, e i mercati cominciano a scontarlo. I breakeven inflazionistici sono un indicatore delle aspettative di inflazione degli investitori, e sono calcolati come la differenza tra il rendimento nominale di un’obbligazione e il rendimento reale di un’obbligazione indicizzata all’inflazione con la medesima scadenza. Il grafico seguente mostra come, secondo i mercati, l’inflazione francese raggiungerà il target entro 5 anni, mentre quella del Regno Unito rimarrà molto più elevata.

In un contesto di allentamento fiscale che in genere precede le elezioni, sebbene la Banca d’Inghilterra preveda una crescita salariale superiore al 4%[1], la BoE sta anche iniziando a valutare dei tagli dei tassi. L’inflazione sembra essere strutturalmente più elevata e l’economia sta subendo uno shock negativo dal lato dell’offerta poiché la carenza di manodopera persiste. Le prospettive dei consumatori saranno quindi fondamentali per determinare se nel 2024 la Banca d’Inghilterra taglierà davvero i tassi quattro volte come prevedono i mercati. I prezzi dei Gilt britannici continueranno a seguire i Bund tedeschi e i Treasury statunitensi? Oppure potremmo assistere a una divergenza?

I mercati del credito. Dopo la compressione degli spread registrata lo scorso anno, il credito ha iniziato il 2024 con un altro mese di rendimenti in eccesso positivi a causa dell’affievolirsi dei timori di recessione, della solida redditività delle imprese e dell’aumento della probabilità che si verifichi un atterraggio morbido. Le emissioni di obbligazioni societarie hanno registrato un notevole aumento nel mese di gennaio, poiché le società hanno cercato di trarre vantaggio dal sentiment rialzista degli investitori obbligazionari. L’aumento dell’offerta è stato compensato da una domanda molto solida sia da parte degli investitori investment grade che da quelli high yield. Ciò ha portato la maggior parte delle emissioni a registrare sottoscrizioni in eccesso, offrendo solo concessioni minime per le nuove emissioni e portando gli spread a raggiungere livelli più stretti rispetto a quelli dichiarati inizialmente. Poiché ora gli spread si trovano notevolmente al di sotto delle medie storiche a 5 e 10 anni, la dispersione tra gli emittenti e i settori sarà probabilmente il tema principale per gli investitori per il 2024.

La Cina sta affrontando i problemi relativi al settore immobiliare. All’inizio di gennaio, le autorità cinesi hanno annunciato una maggiore flessibilità nei prestiti bancari attraverso un allentamento della regolamentazione delle “tre linee rosse”. La nuova flessibilità introdotta riguarda i rapporti tra debito e (rispettivamente) liquidità, patrimonio netto e attività, e mira a fornire ulteriori finanziamenti al mercato immobiliare. Inoltre, a fine gennaio, la corte di giustizia di Hong Kong ha ordinato la liquidazione di Evergrande, la società immobiliare che due anni fa aveva avviato la procedura fallimentare. Ciò nonostante, la risposta da parte delle autorità è risultata lenta e frammentaria, in alcuni casi deludendo le aspettative del mercato. Ad esempio, la PBoC (Banca Popolare Cinese) ha mantenuto invariato il suo tasso di finanziamento a medio termine. Alcuni investitori hanno persino suggerito l’adozione di un programma simile al Troubled Asset Relief Program (TARP), utilizzato negli Stati Uniti durante la crisi finanziaria, ma con un focus specifico sulle società di sviluppo immobiliare. Nel frattempo, in Cina i tassi di interesse continuano a diminuire, in contrasto con la tendenza globale.