Robeco: Prospettive macroeconomiche e di politica monetaria
Una politica fiscale meno rigida del previsto e l’eccezionale tenuta del mercato del lavoro sono i fattori chiave dell’attuale scenario economico. Inoltre, una trasmissione più lenta del solito della politica monetaria più restrittiva e un tasso di risparmio più basso hanno contribuito a spiegare perché la spesa dei consumatori statunitensi e l’economia in generale sono riusciti a evitare le avvisaglie di recessione annunciate dall’inversione della curva dei rendimenti nel 2023. In Europa è stata evitata una “vera e propria” recessione grazie al sostegno fiscale all’energia e all’ulteriore ripresa del settore dei servizi, sebbene la crescita complessiva sia rimasta stagnante negli ultimi quattro trimestri.
In prospettiva, il consenso prevede che la crescita degli Stati Uniti attraverserà una fase di debolezza nel primo semestre del 2024, per poi riprendersi nel secondo semestre del 2024, come previsto anche per l’Europa. Noi siamo più cauti. Certo, la ripresa dei principali dati commerciali asiatici suggerisce che il settore manifatturiero globale potrebbe uscire dall’abisso, guidato dalla Cina. Inoltre, la spesa per i consumi in molti Paesi potrebbe ricevere un sostegno significativo dal miglioramento della dinamica dei salari reali, man mano che l’inflazione scende al di sotto della crescita dei salari.
La nostra preoccupazione è che ciò non sia sufficiente a compensare il freno posto dall’ulteriore trasmissione dei precedenti rialzi dei tassi, dal passaggio a una politica fiscale restrittiva e il forte rallentamento della crescita dell’occupazione. Pertanto, riteniamo che sia prematuro concludere – come sembrano fare i mercati azionari – che un atterraggio morbido dovrebbe essere lo scenario di base per gli Stati Uniti. Sospettiamo che l’economia dell’Eurozona rimarrà in “surplus” più a lungo di quanto vede il consenso e potrebbe (ancora) cadere in recessione. Nel frattempo, gli eventi (geo)politici, tra cui le elezioni presidenziali statunitensi e le vittorie elettorali dell’estrema destra in Europa, potrebbero influenzare negativamente gli spiriti animali e rafforzare le preoccupazioni degli investitori sulla sostenibilità del debito pubblico.
Prospettive sull’inflazione: intatta la tendenza ciclica al ribasso, l’andamento potrebbe rallentare
Negli ultimi mesi la spinta al ribasso dell’inflazione core ha guadagnato terreno in molti mercati sviluppati ed emergenti, trainata dalla disinflazione dei beni. I tassi d’inflazione core anno su anno hanno così recuperato la precedente flessione dei tassi headline, guidata dai prezzi dell’energia e dei generi alimentari. Sebbene si debbano prevedere ulteriori progressi nel 2024, il ritmo della disinflazione sembra destinato a rallentare nel breve termine.
Alla fine, prima che le banche centrali dichiarino rientrata l’emergenza inflazione, saranno necessari livelli più bassi di inflazione core e un ulteriore raffreddamento della crescita salariale, che si mantiene al di sopra dei livelli coerenti con un ritorno duraturo all’obiettivo di inflazione negli Stati Uniti e nell’Eurozona
Politica fiscale: da spinta a freno
Il sostegno fiscale ha aiutato molte economie a evitare le recessioni. Ma l’assetto fiscale in molte regioni è destinato a diventare meno favorevole nel 2024. Nell’Eurozona il sostegno all’energia comincerà ad esaurirsi. In Cina la politica fiscale dovrebbe essere più favorevole, anche se potrebbe essere indebolita dalle difficili situazioni di indebitamento dei veicoli di finanziamento delle amministrazioni locali.
Nonostante le prospettive fiscali per quest’anno, riteniamo che in molte economie il ripristino di finanze pubbliche sane, tra le sfide del clima, dell’invecchiamento della popolazione e le tendenze al populismo nazionalista, si rivelerà difficile nei prossimi anni. Prevediamo che le banche centrali dei Paesi sviluppati inizieranno a invertire la rotta entro la metà del 2024. Mentre le banche centrali dei Paesi dell’America Latina e dell’Europa centro-orientale hanno avviato cicli di allentamento che sembrano destinati a proseguire nel 2024, la maggior parte delle controparti dei Paesi sviluppati mantiene ancora un orientamento restrittivo.
Per quanto riguarda le politiche dei tassi, sospettiamo che la maggior parte delle banche centrali dei Paesi sviluppati si troverà a tagliare i tassi entro la metà del 2024, ad eccezione del Giappone, dove la BoJ sembra destinata a porre fine alla politica dei tassi negativi e a modificare ulteriormente la propria politica di controllo della curva dei rendimenti (YCC). Concordiamo con i mercati sul fatto che Regno Unito e Australia saranno i “ritardatari” del prossimo ciclo di allentamento e che, sulla base dell’attuale divergenza economica e del recente ritmo di disinflazione, la BCE potrebbe iniziare a tagliare un po’ prima della Fed.
Anche se i mercati finanziari potrebbero essere un po’ in anticipo in termini di valutazione della tempistica dei primi tagli dei tassi delle banche centrali dei Paesi sviluppati, ciò non tiene conto del fatto che c’è ancora spazio per scontare un più rapido ritorno al territorio neutrale nei prossimi anni. O di assegnare una maggiore probabilità alla possibilità che, qualora emerga effettivamente una debolezza del mercato del lavoro, i tassi di riferimento finiscano temporaneamente un po’ al di sotto del livello neutrale.
La PBoC cinese, come la BoJ, continua a seguire la propria strada. Sebbene sia rimasta ferma sulla politica dei tassi convenzionali dopo i tagli di giugno e agosto, a nostro avviso la tendenza secolare al ribasso dei tassi sembra destinata a riprendere nel 2024. Inoltre, si prevede che il bilancio della PBoC si espanderà in modo significativo nei prossimi anni, con i prestiti alle banche che faranno il lavoro pesante.