AllianzGI: Sembra tutto quasi troppo perfetto per essere vero

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Le azioni globali hanno raggiunto nuovi massimi storici: l’S&P 500 ha superato la soglia di 5.000 punti a febbraio e il Nikkei giapponese è tornato ai livelli registrati prima della grande crisi degli anni ‘90 del secolo scorso. Il DAX viaggia deciso verso quota 18.000 e l’EuroStoxx tenta di toccare nuovi massimi…. Naturalmente, non tutti i mercati azionari sono saliti e alcuni hanno addirittura subito delle perdite, tuttavia sembra che, in generale, gli investitori siano davvero disposti ad assumersi dei rischi. Nel mese di febbraio il Bitcoin è salito alle stelle. Gli indici dei diamanti e delle pietre preziose hanno continuato a macinare terreno, così come l’indice dei prezzi dei gioielli e degli orologi negli Stati Uniti. I mercati obbligazionari avrebbero dovuto risentire di un simile contesto, ma non è stato così. Bund e Treasury decennali sono rimasti sostanzialmente impassibili nelle ultime due settimane, con rendimenti per lo più invariati.

È interessante notare che negli ultimi anni l’oro, spesso utilizzato come indicatore di crisi, ha nettamente sovraperformato il rame e i prezzi del metallo giallo sembrano essersi assestati oltre i 2.000 dollari USA per oncia troy. Questo è solo un altro esempio dei nuovi record. Tuttavia, la debolezza dei prezzi del rame potrebbe indicare un rallentamento dell’attività economica.

Né l’indice composito di stress sistemico (CISS) della Banca Centrale Europea (BCE) né l’omologo elaborato dalla Federal Reserve di St. Louis segnalano uno stress finanziario. Anche se il nostro indicatore di compiacenza, che confronta il rapporto prezzo/utili (P/E) con il VIX (un parametro della volatilità e quindi del rischio), ha evidenziato un’impennata, i mercati appaiono profondamente rilassati. Sembra tutto quasi troppo perfetto per essere vero.

Tale situazione sorprende per almeno tre motivi.

Le obbligazioni sono tornate, il che significa che un’intera asset class è di nuovo in gioco. Le obbligazioni offrono nuovamente rendimenti positivi (benché modesti) e possono quindi essere utilizzate per proteggere il potere d’acquisto. In circostanze normali, un simile contesto dovrebbe indurre gli investitori a riconsiderare gli acquisti “avventati” in asset class rischiose e a tornare alle obbligazioni.
La curva dei rendimenti USA è ancora invertita, un fenomeno che in passato indicava di norma una recessione imminente. Vi è tuttavia un chiaro disallineamento fra i timori di recessione e il sentiment ottimista dei mercati finanziari.
L’attuale contesto del mercato monetario suggerisce che le attese circa i tagli dei tassi sono state rimandate e lo scenario di “soft landing” sembra essere stato tacitamente sostituito da uno scenario di “no landing”, per lo meno tenendo in considerazione le stime di consensus per l’economia statunitense.
La situazione attuale potrebbe dipendere da una liquidità ancora abbondante, anche se la rapida inversione di rotta della politica monetaria e dei mercati obbligazionari nasconde questo fenomeno. Nonostante la svolta della politica monetaria, il prezzo del denaro è rimasto pressoché invariato dopo una temporanea flessione. In effetti, in termini reali i rendimenti dei Bund e dei Treasury decennali sono rimasti pressochè gli stessi del periodo precedente all’inversione nella politica dei tassi (Cfr. il grafico della settimana). Certo, questo è vero solo per il momento, poiché le performance reali sono calcolate utilizzando gli indici dei prezzi al consumo attuali. Per una visione a lungo termine, potrebbe essere utile valutare le attese circa l’inflazione nel lungo periodo. Ma anche prendendo in considerazione le attese implicite circa l’inflazione per i prossimi dieci anni in base agli inflation swap, il quadro rimane sostanzialmente lo stesso.

A tal proposito, le banche centrali del G6 hanno fatto ricorso al quantitative tightening per ridurre i propri bilanci, ma le riserve (in eccesso) delle banche statunitensi sono rimaste relativamente stabili e di recente sono addirittura aumentate. Al contempo, le operazioni di reverse repo della Federal Reserve (Fed) sono state rapidamente ridotte. Si tratta di una conseguenza dell’assorbimento, da parte della Fed, degli shock sul mercato del real estate commerciale.

Attualmente i mercati finanziari sono trainati dalla liquidità e dalle speranze di un “no landing” o di un “soft landing”, pertanto sono vulnerabili agli shock geopolitici, che potrebbero ridurre la propensione al rischio degli investitori, e dipendono da un contesto economico che sostenga la crescita degli utili. Tale situazione sarebbe positiva per le valutazioni.

La settimana prossima

Nel corso della prossima settimana verranno pubblicati diversi indicatori che ci daranno ulteriori informazioni sulla traiettoria futura della crescita e dei prezzi, in particolare per quanto riguarda gli Stati Uniti.

I prezzi al consumo negli Stati Uniti (attesi per martedì) saranno probabilmente il principale evento della settimana. Se i dati dovessero risultare più alti del previsto, lo scenario di atterraggio morbido potrebbe vacillare.

Mercoledì usciranno i dati sulla produzione industriale nell’area euro. E giovedì saremo sommersi da una vera e propria valanga di informazioni. Negli Stati Uniti saranno resi noti i dati su vendite al dettaglio, prezzi di produzione e richieste iniziali e di rinnovo dei sussidi di disoccupazione. Venerdì verranno pubblicati l’indice della fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan e l’indice Empire State (entrambi relativi agli Stati Uniti). I dati saranno sufficienti per riesaminare l’attuale paradigma, soprattutto in considerazione del fatto che, secondo il nostro indice di forza relativa, i principali mercati azionari si trovano in una situazione di ipercomprato.