Il quadro del welfare nel Rapporto ISTAT

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Nel recente Rapporto annuale ISTAT si tratteggiano numerosi profili di interesse per il mondo del lavoro e del welfare aziendale. Partendo dalle retribuzioni contrattuali orarie nel triennio 2021-2023 non hanno tenuto il passo dell’inflazione: tra gennaio 2021 e dicembre 2023, sono aumentate del 4,7 per cento, e l’indice armonizzato dei prezzi al consumo del 17,3 per cento.

La dinamica delle retribuzioni è tornata a superare quella dei prezzi da ottobre 2023, grazie alla decelerazione dell’inflazione; questa tendenza si conferma nel primo trimestre del 2024.  Tra il 2019 e il 2023, il reddito disponibile delle famiglie a prezzi correnti è cresciuto del 13,5 per cento. A prezzi costanti è, invece, diminuito dell’1,0 per cento rispetto al 2019. Il mantenimento del volume dei consumi nonostante la riduzione del potere d’acquisto ha comportato una riduzione della propensione al risparmio fino al 6,3 per cento del 2023, contro l’8,1 del 2019. Tra il 2013 e il 2023 il potere d’acquisto delle retribuzioni lorde in Italia è diminuito del 4,5 per cento mentre nelle altre maggiori economie dell’Ue27 è cresciuto a tassi compresi tra l’1,1 per cento della Francia e il 5,7 per cento della Germania.

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Andando al Pil reale solo a fine 2023 è tornato ai livelli del 2007, in 15 anni, si è accumulato un divario di crescita di oltre 10 punti con la Spagna, 14 con la Francia e 17 con la Germania. Se si confronta il 2023 con il 2000, il divario è di oltre 20 punti con Francia e Germania, e di oltre 30 con la Spagna.  La stagnazione della produttività del lavoro è uno degli elementi che ha caratterizzato il debole andamento del Pil in volume negli ultimi vent’anni e il conseguente allargamento del divario di crescita con le altre principali economie dell’Ue. In volume, il Pil per ora lavorata in Italia è cresciuto di solo l’1,3 per cento tra 2007 e 2023, contro il 3,6 per cento in Francia, il 10,5 in Germania e il 15,2 per cento in Spagna.

Nel sistema delle imprese, in Italia, il livello della produttività (valore aggiunto per addetto) a prezzi correnti nella manifattura è inferiore a quello osservato in Francia e Germania solo nel segmento delle micro e piccole imprese, che però hanno un peso maggiore nel nostro Paese. Nei servizi, invece, le imprese italiane mostrano una produttività inferiore in tutte le classi dimensionali.

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Quale è il livello di soddisfazione dei lavoratori?  Il 59,3 per cento degli oltre 22,5 milioni di lavoratori che nel 2021 erano impiegati nel sistema economico si dichiarava nel complesso soddisfatto del proprio lavoro, soprattutto in relazione alla stabilità del contratto (58,2 per cento). Più limitata è la quota di soddisfatti dal trattamento economico (38,1 per cento) e dalle opportunità di carriera (31,4 per cento).  In generale, la soddisfazione è maggiore per i lavoratori residenti al Nord (61,7 per cento contro 53,3 per cento nel Mezzogiorno). Per tipologia di impiego, le differenze sono minime tra dipendenti e lavoratori autonomi, ma la soddisfazione complessiva scende al 48,9 per centro tra i collaboratori. Tra donne e uomini non vi sono differenze nella soddisfazione complessiva, ma gli uomini sono relativamente più soddisfatti delle prospettive di carriera (33,3 contro 28,9 per cento)
Andando alla percezione delle condizioni sanitarie, nel 2023 poco più di 7 adulti su 10 dichiarano di stare bene o molto bene in salute, con valori più elevati tra gli uomini rispetto alle donne (il 75,7 per cento contro il 69,8 per cento). Nel tempo si osserva una complessiva stabilità nelle quote di adulti in buona salute. Per gli anziani si evidenzia poi nel tempo un miglioramento delle condizioni di salute; le persone in buona salute sono passate dal 29,4 per cento del 2009 al 37,8 per cento del 2023 e, parallelamente si è ridotta la condizione di multicronicità (dal 38,7 per cento del 2003 al 34,3 per cento del 2022).

In questo contesto il welfare aziendale rappresenta un utilissimo strumento di risposta. Interessante riportare i dati pubblicati dal Ministero del Lavoro. Prosegue costante il trend di crescita dei contratti che prevedono premi di produttività depositati e attivi: al 15 maggio 2024 sono 12.172, il 29,7% rispetto alla stessa data del 2023. Ad aprile il trend di crescita rilevato era pari al 29,5%. A beneficiarne 3.825.621 lavoratori – di cui 2.536.283 con riferimento a contratti aziendali e 1.289.338 a contratti territoriali – a cui è corrisposto un importo annuo medio pari a 1.480,65 euro. Tra gennaio e la prima metà del mese di maggio 2024 sono stati depositati 3.877 contratti, il 22,2% rispetto allo stesso periodo del 2023, primo anno di applicazione della tassazione ridotta al 5% (prima era il 10%), introdotta dal Governo con la legge n. 197/2022 (articolo 1, comma 63) e confermata nella Manovra di bilancio per il 2024 (articolo 1, comma 18, legge n. 213/2023). Il picco dei depositi, al momento, nel mese di aprile con 937 depositi mentre sono 605 quelli tra il 1° e il 15 maggio. I 12.172 depositi si riferiscono a contratti attivi localizzati prevalentemente al Nord (73% del totale) e riferiti al settore dei servizi (60%). Sono prevalentemente le imprese con meno di 50 dipendenti ad avvalersi di questo strumento per riconoscere ai propri lavoratori importi aggiuntivi alla retribuzione in funzione del raggiungimento degli obiettivi: il 47% sul totale dei contratti depositati e attivi sono attribuibili a imprese con queste dimensioni. La quota restante è divisa tra le aziende con oltre 100 dipendenti (38%) e quelle di fascia intermedia con numero di dipendenti compreso tra 50 e 99 (15%).