T. Rowe Price – Inquinamento da plastica: a che punto siamo?

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La storia della plastica è ricca di importanti invenzioni che hanno cambiato molti aspetti della nostra vita. Da comodità quotidiana a pericolo per il pianeta, è un materiale che continua a plasmare il nostro mondo. Con l’aumento dell’uso della plastica, sono cresciute anche le preoccupazioni per l’ambiente. Il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) sostiene sinteticamente che l’inquinamento da plastica “può alterare gli habitat e i processi naturali, riducendo la capacità degli ecosistemi di adattarsi ai cambiamenti climatici, con ripercussioni dirette sui mezzi di sussistenza, sulle capacità di produzione alimentare e sul benessere sociale di milioni di persone”.

A livello globale, ogni minuto vengono acquistate circa un milione di bottiglie di plastica e ogni anno vengono utilizzati fino a 5.000 miliardi di sacchetti di plastica. Metà della plastica prodotta è destinata al monouso. La plastica è facilmente visibile ovunque nel nostro ambiente naturale. Sta diventando parte del fossile della Terra e un indicatore dell’Antropocene, la nostra attuale era geologica.

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Un moltiplicatore di minacce

L’inquinamento globale da plastica è significativo e in crescita: si è passati da una quantità minime prima del 1950 a 60 milioni di tonnellate nel 2020. Purtroppo, meno del 10% dei rifiuti di plastica viene riciclato e la maggior parte di essi viene scartata o incenerita. La questione dei rifiuti di plastica abbandonati si è dimostrata pervasiva, con detriti trovati nella parte più profonda dell’oceano, come la Fossa Marina, e nella neve e nell’acqua delle vette più alte del mondo, come l’Everest.

La plastica inoltre impiega tra i 20 e i 500 anni per decomporsi; purtroppo, anche in questo caso non scompare, ma viene semplicemente scomposta in particelle sempre più piccole. La ricerca scientifica mostra che queste particelle finiscono sempre più spesso nel sangue umano: un recente studio ha dimostrato che sono presenti in circa l’80% delle persone esaminate, nella placenta dei bambini e nel tessuto polmonare umano.

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Allo stesso tempo, la plastica è un materiale che contribuisce alle emissioni di gas serra (GHG) e ai cambiamenti climatici. La produzione, la conversione e la gestione dei rifiuti di plastica generano circa il 4% delle emissioni di gas serra. Di queste, il 90% può essere attribuito alla fase di produzione e conversione del ciclo di vita della plastica.

Nel 2019, le emissioni totali di gas serra legate alle materie plastiche di origine fossile durante il loro ciclo di vita sono state pari a 1,8 gigatonnellate di anidride carbonica equivalente (GtCO2 e), ovvero il 3,4% delle emissioni globali. Con l’aumento dell’uso e dei rifiuti di plastica, si prevede che queste emissioni raddoppieranno entro il 2060, raggiungendo 4,3 GtCO2 e.

Per essere chiari, la riduzione delle emissioni legate alla plastica da sola non sarà sufficiente per raggiungere obiettivi ambiziosi di mitigazione del clima, come le zero emissioni nette, ma rappresenta comunque una componente chiave nella tabella di marcia verso il raggiungimento di questi obiettivi.

L’impatto sulla vita marina

L’inquinamento marino da plastica è sempre più riconosciuto come una minaccia significativa per gli ecosistemi marini, compreso il fitoplancton, che è alla base della rete alimentare marina.

Gli animali marini spesso ingeriscono detriti di plastica scambiandoli per cibo. Ciò può provocare danni fisici, blocchi dell’apparato digerente, malnutrizione e persino la morte. Inoltre, gli animali possono rimanere impigliati in oggetti di plastica più grandi, causando lesioni, difficoltà di movimento e annegamento.

La plastica negli oceani si scompone in microplastiche, ovvero piccoli pezzi di plastica lunghi meno di 5 mm, che vengono ingeriti da un’ampia gamma di organismi marini. Nel 2019 hanno costituito l’88% delle perdite globali di plastica nell’ambiente, circa 20 milioni di tonnellate, inquinando tutti gli ecosistemi. Quando il fitoplancton incontra queste microplastiche contaminate, può assorbire queste sostanze tossiche, che possono influire sulla loro crescita e riproduzione.

Si stima che ogni anno 300.000 balene, delfini e focene muoiano a causa delle reti fantasma. Un recente studio condotto dall’Università di Exeter ha rilevato che tutte e sette le specie di tartarughe marine dell’Oceano Atlantico e Pacifico e del Mar Mediterraneo avevano tracce di microplastiche nell’intestino.  Si dice che i detriti di plastica causino la morte di oltre un milione di uccelli marini ogni anno.

Piano d’azione

Sebbene sia evidente che occorre fare molto di più, abbiamo iniziato a vedere alcuni segnali di cooperazione globale per affrontare l’inquinamento da plastica. Ad esempio, a marzo 2022, l’Assemblea delle Nazioni Unite per l’Ambiente ha adottato una risoluzione storica per sviluppare uno strumento internazionale giuridicamente vincolante con l’ambizione di completare i negoziati entro la fine del 2024.

Analogamente, sempre a marzo 2022, la Dichiarazione della riunione ministeriale dell’OCSE sull’ambiente si è impegnata a sviluppare approcci globali e coerenti al ciclo di vita per affrontare l’inquinamento da plastica e promuovere la cooperazione a livello internazionale. È importante notare che la stessa riunione dell’OCSE ha adottato un approccio sistemico, sottolineando l’interconnessione delle sfide del clima e dell’inquinamento da rifiuti di plastica, che in questo caso sono state considerate come due aree centrali di interesse.

In definitiva, la bonifica dell’inquinamento da plastica negli ambienti marini è un processo costoso e continuo. Il degrado degli ecosistemi marini comporta la perdita di servizi preziosi come la cattura del carbonio, la purificazione dell’acqua e la protezione delle coste, con implicazioni economiche significative.

Negli ultimi tempi, abbiamo iniziato a vedere soluzioni sostenute dal mercato dei capitali: il mercato obbligazionario, ad esempio, contribuisce a finanziare progetti di raccolta e riciclaggio dei rifiuti in plastica attraverso strumenti di pagamento contingente. Un esempio recente è l’obbligazione della Banca Mondiale per la raccolta e la riduzione dei rifiuti in plastica, che alcuni portafogli obbligazionari di T. Rowe Price hanno acquistato in occasione della nuova emissione.

In conclusione, il cambiamento climatico, la sfida della biodiversità e l’inquinamento da plastica sono tra le sfide ambientali più urgenti del XXI secolo. Affrontare questi problemi richiede un pensiero sistematico e strategie globali e congiunte. Gli sforzi collettivi di governi, imprese e individui sono essenziali per mitigare queste minacce ambientali.