PIMCO: Le economie e i mercati potrebbero tornare ai livelli del 2019?

-
- Advertising -

Negli oltre due anni trascorsi da marzo 2022, quando la Federal Reserve ha iniziato ad aumentare i tassi nel tentativo di domare l’inflazione statunitense, il rendimento del Treasury a 10 anni ha oscillato, a volte in modo brusco, ma in generale è rimasto in un’ampia fascia compresa tra il 3,5% e il 5%.

Le forti oscillazioni del rendimento del decennale hanno coinciso sia con i rinnovati timori per l’inflazione (in particolare all’inizio di quest’anno) sia con quelli per la stabilità finanziaria (turbolenze nel settore bancario nel marzo 2023). Tuttavia, pur stabilizzandosi tra questi episodi, il Treasury a 10 anni ha reso il 3,87% nell’ultimo giorno di contrattazione del 2022, il 3,87% nell’ultimo giorno di contrattazione del 2023 e, di recente, una media del 3,87% nel mese di agosto 2024, nonostante l’ondata di volatilità dei mercati globali, comprese le violente oscillazioni dei mercati valutari e azionari giapponesi.

- Advertising -

Al momento della stesura di questo articolo, il rendimento a 10 anni è leggermente inferiore alla media di agosto, ma la domanda da porsi è la seguente: le recenti oscillazioni sono solo un’ulteriore fluttuazione all’interno di un mercato dei titoli di Stato USA in larga parte range-bound?

Possibile ritorno alle condizioni pre-pandemiche nei mercati sviluppati?

- Advertising -

Gli sviluppi del mercato e gli shock imprevedibili sono inclini a confondere qualsiasi previsione. Detto questo, le economie dei Paesi industrializzati sono più simili a quelle del 2019 di quanto non lo siano mai state dalla pandemia. In questo contesto, riteniamo che la domanda più pertinente sia la seguente: perché i tassi di interesse sono ancora ben al di sopra di quelli del 2019?

Per cinque aspetti critici, le condizioni economiche dei mercati sviluppati oggi assomigliano maggiormente a quelle del 2019. Si considerino questi sviluppi macro:

  • Inflazione: Dopo aver raggiunto un picco tra l’8% e il 10%, i livelli di inflazione complessiva nei mercati sviluppati sono tornati a 2 punti e qualcosa. A luglio 2024, l’inflazione complessiva dei Paesi industrializzati (ponderata per il PIL) era pari al 2,8%. Si tratta ancora di un po’ più di un punto percentuale al di sopra dell’inflazione headline media dell’1,5% realizzata tra il 2016 e il 2019, ma alla portata dei target delle banche centrali. L’inflazione core dei servizi rende conto della maggior parte della differenza, ma il raffreddamento dei mercati del lavoro dovrebbe favorire una normalizzazione di queste categorie di inflazione più “vischiose”.
  • Mercati del lavoro: Gli anni post-pandemia caratterizzati da squilibri nel mercato del lavoro e da una forte carenza di manodopera sono probabilmente alle spalle. Negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Canada, il rapporto tra posti vacanti e lavoratori disoccupati (una misura dell’equilibrio tra domanda e offerta di lavoro) è ora pari o inferiore ai livelli del 2019. E con i tassi di disoccupazione in generale in aumento, i mercati del lavoro rischiano probabilmente di subire un eccesso di ribasso.
  • Ricchezza reale: I sussidi statali durante la pandemia hanno portato ad un aumento della ricchezza reale accumulata sia dalle famiglie che dalle imprese in molti mercati sviluppati. Ciò ha sostenuto la crescita nei Paesi in misura diversa, soprattutto negli Stati Uniti, dove stimoli fiscali aggregati più consistenti hanno richiesto più tempo per normalizzarsi. Tuttavia, l’elevata inflazione e i bassi tassi di risparmio nominale hanno ampiamente normalizzato questi bilanci. In base ai saldi dei flussi di fondi dei mercati sviluppati, le attività liquide e il patrimonio netto delle famiglie in percentuale del PIL sono ora al livello o al di sotto dei trend pre-pandemia in tutti i mercati sviluppati, compresi gli Stati Uniti, che in precedenza si distinguevano particolarmente. La prova che la ricchezza reale degli Stati Uniti si è normalizzata può essere vista anche nei dati sulla morosità: secondo un recente studio della Fed di San Francisco, la normalizzazione di questi saldi negli Stati Uniti ha coinciso con un aumento delle insolvenze in vari gruppi di reddito.
  • Supply chain: La pandemia ha messo a dura prova le supply chain globali. I  dati sui tempi di consegna dei produttori, i costi di spedizione, la capacità dei magazzini e la congestione logistica sono aumentate drasticamente. Sebbene i costi di spedizione su alcune rotte siano recentemente aumentati di nuovo, in quanto gli operatori logistici globali puntano ad accumulare scorte a causa dell’aumento dell’incertezza commerciale, la gamma più ampia di queste misure è tornata ai livelli precedenti alla pandemia, secondo il Global Supply Chain Pressure Index della Fed di New York.
  • Aspettative di inflazione: Nel periodo 2015-2019, le aspettative di inflazione a lungo termine sono sembrate scivolare al di sotto dei target delle banche centrali (in genere il 2%) dopo un decennio di inflazione al di sotto dei target. La pandemia e i successivi shock inflazionistici sembrano aver riportato le aspettative a lungo termine a livelli più coerenti con gli obiettivi delle banche centrali. Tuttavia, in generale, le aspettative di inflazione sono rimaste molto ancorate durante questo periodo. La Survey of Professional Forecasters prevede ora un’inflazione del 2% nei prossimi cinque anni in Europa, analogamente alle opinioni degli esperti negli Stati Uniti. Allo stesso modo, le aspettative di inflazione implicite nel mercato (misurate dal tasso di inflazione di pareggio a 5 anni su un orizzonte quinquennale, ossia la differenza di rendimento tra i Treasury nominali e quelli indicizzati all’inflazione) hanno indicato aspettative di inflazione a lungo termine del 2%-2,5% da gennaio 2021.

Eccezioni cruciali

Nonostante tutte queste somiglianze macroeconomiche con il 2019, ci sono notevoli eccezioni. Possiamo circoscriverle a tre:

  • Bilanci pubblici: Senza un’austerità fiscale più marcata, una conseguenza persistente a lungo termine della pandemia sarebbe l’aumento dei carichi del debito pubblico. Le prospettive per il debito statunitense appaiono particolarmente impegnative, con il potenziale di far aumentare il premio a termine nel tempo.
  • Cina: I rischi di ribasso per l’economia cinese sono aumentati. La drammatica contrazione post-pandemia del settore immobiliare cinese lascia il Paese sempre più dipendente da una strategia di crescita trainata dalle esportazioni. Date le crescenti tensioni commerciali – non solo con i Paesi occidentali, ma ora anche con molti Paesi emergenti – la sostenibilità di questa strategia è in discussione. Senza un ulteriore sostegno diretto ai consumatori da parte del governo, che i funzionari sembrano riluttanti a fornire, è difficile vedere come la Cina possa mantenere un obiettivo di crescita del 5% nel 2025 e oltre.
  • Tassi di politica monetaria delle banche centrali: Sebbene abbiano iniziato a scendere in alcuni Paesi, i tassi delle banche centrali in generale rimangono non solo ben al di sopra dei livelli del 2019, ma anche al di sopra dei livelli ottimali indicati da semplici regole di politica monetaria. L’implicazione di “arrivare tardi” a tagliare rispetto alle condizioni economiche è che ora potrebbe esserci spazio di manovra per ridurre i tassi più rapidamente in una serie di scenari economici.

Economie simili al 2019 richiedono tassi simili al 2019?

Tornando alla domanda iniziale, con le economie dei Paesi industrializzati più simili a quelle del 2019, perché i rendimenti decennali non dovrebbero anch’essi stabilire nuovi intervalli inferiori? Forse il rendimento del Treasury a 10 anni non scenderà fino ai livelli del 2019, per una serie di motivi: le aspettative di inflazione a lungo termine sembrano ora più ancorate agli obiettivi delle banche centrali piuttosto che al di sotto di essi; un’eredità duratura della pandemia sarà l’aumento dei carichi di debito pubblico; e le elezioni statunitensi sono un fattore di potenziale interferenza.

Tuttavia, a fronte di ciò, la crisi del settore immobiliare cinese dopo la pandemia e i potenziali limiti alla sua strategia di crescita trainata dalle esportazioni fanno sì che la Cina rappresenti un rischio maggiore per la crescita globale rispetto al passato. Inoltre, se si confronta l’attuale valutazione del tasso reale statunitense atteso sui 5 anni e a 5 anni, pari all’1,7%, con la nostra stima del range del tasso d’interesse reale neutrale, pari allo 0%-1%, emerge che c’è spazio per una normalizzazione dei tassi in una serie di scenari economici.