Time is running out

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I mantra ‘Don’t fight the Fed’ and ‘There is no alternative’ guidano i mercati, che già scontano nei prezzi l’accordo parziale fra USA e Cina, la stabilizzazione dell’economia e un ritorno alla crescita degli utili nel 2020. Ma “a che punto è” l’economia?

Il meccanismo che ha guidato i mercati negli ultimi mesi può essere visto come un allineamento perfetto di circostanze: misure di politica monetaria e il possibile accordo parziale fra USA e Cina, con sospensiva delle misure più draconiane attese per dicembre, hanno allontanato gli spettri incombenti di stallo economico globale. Forti di questi migliori auspici, i mercati hanno atteso segnali di stabilizzazione del ciclo, ricevuti sotto forma di PMI positivi e di tenuta del mercato del lavoro. La prognosi è stata quindi che l’economia, seppur con qualche comprensibile défaillance indotta dall’incertezza, avesse superato la fase peggiore, in attesa degli effetti dei tagli dei tassi e di un rasserenamento negli scambi internazionali. L’altro pianeta allineato è stato di natura tecnica: i portafogli degli investitori erano mediamente scarichi, dopo la riduzione estiva del rischio azionario, e questo ha propiziato le classiche dinamiche ‘comportamentali’ di inseguimento del trend, con flussi che in poche settimane hanno portato i mercati in un’area di ‘euforia’ (fonte: BofA Merrill Lynch). Il risultato è che gran parte dell’accordo c.d. di “fase 1” sui dazi e una robusta crescita degli utili nel 2020, conferma implicita di un prolungamento del ciclo economico, sono già nei prezzi.

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Il teorema dei mercati ha un’architettura solida, ma giova ricordare che il presupposto fondamentale (l’accordo fra USA e Cina) non è ancora realizzato e la sua tempistica non è aspetto secondario. Ne riceviamo conferma proprio dai dati economici pubblicati di recente. Con ottobre e novembre ormai alle spalle, la stima istantanea della crescita del quarto trimestre (Fed GDPNow Atlanta) al 26 novembre è di +0,4%. Come dichiarato lo stesso giorno da Robert Kaplan (Fed di Dallas), il quarto trimestre rischia di essere particolarmente debole per via del comportamento delle imprese, che hanno ridotto investimenti e livello delle scorte in risposta alle incertezze geopolitiche.

Il concetto per le Autorità dovrebbe essere chiaro: il tempo per un accordo sui dazi non è illimitato e il suo ritardo danneggia seriamente l’economia, rischiando di contagiare le parti finora rimaste sane (lavoro e consumi). Lo stesso concetto, applicato agli investimenti, consiglia di monitorare attentamente i nuovi dati in uscita e i concreti progressi nella trattativa Trump-Xi: i mercati hanno puntato convintamente su uno scenario, eventuali incagli nel processo o soluzioni che dovessero dimostrarsi tardive potrebbero determinare correzioni anche profonde.

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