Per qualche dollaro in più

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Nell’anno appena trascorso l’euro ha registrato un marcato apprezzamento nei confronti del dollaro. Dai minimi del 20 marzo a 1,06, il rapporto di cambio ha virato con decisione al rialzo, sino a chiudere il 2020 su valori prossimi a 1,23. A ben guardare, la ragione va ricercata nella debolezza del dollaro, più che nella forza della divisa comune. Un movimento simile si è verificato anche nei confronti delle altre valute, con il dollar index che ha perso fra marzo e dicembre quasi il 14%. La presa d’atto da parte dei mercati dell’entità della crisi pandemica ha infatti rimandato le residue velleità di un percorso più restrittivo da parte della Fed e provocato il sostanziale azzeramento dei tassi USA. Dal cambio di prospettiva del marzo scorso si è verificata quindi una progressiva costruzione di posizioni corte sulla divisa statuniten­se, fino ad arrivare ai valori estremi odierni, mai così massicci dal 2012.

Al contrario, l’inizio del 2021 ha visto il dollaro tornare nei pressi dell’1,20. Cosa è lecito attendersi ora? A nostro avviso è necessario distinguere fra una dina­mica di lungo periodo ed una più di breve termine. Dal punto di vista della parità del potere d’acquisto (PPP), il dollaro rimane sopravvalutato anche su que­sti livelli: a seconda che si considerino i dati OCSE, i prezzi al consumo, o alla produzione, il tasso di cam­bio dovrebbe situarsi fra 1,25 e 1,40. Questi valori sono tuttavia da considerare una sorta di equilibrio di lungo periodo. Per avere invece indicazioni più utili per l’anno in corso, dobbiamo affidarci a parametri tecnici, alcuni dei quali depongono in favore di una pausa nel percorso di rafforzamento dell’euro.

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Innanzitutto, proprio un rientro anche parziale dagli eccessi di posizioni corte può favorire un recupero del dollaro. Inoltre, un altro elemento tecnico riguar­da i flussi d’investimento che di recente si stanno reindirizzando dal Vecchio Continente al di là dell’At­lantico, dato il clima di maggior cautela che circonda la crescita europea, minacciata da nuovi lockdown e ritardi nella distribuzione vaccinale. Un’arma a doppio taglio riguarda infine il piano fiscale dell’Am­ministrazione Biden: il deficit aggiuntivo è di norma un fattore di indebolimento, ma la maggiore offerta di Treasury è passibile di far proseguire il rialzo in atto della parte lunga della curva dollaro, dando soste­gno alla valuta statunitense.

In definitiva, il trend di lungo termine rimane a favore dell’euro, e questo è un fattore da tenere bene a mente nella costruzione strategica di portafoglio. Al tempo stesso, nel breve-medio termine potrà pre­valere un contesto di maggiore volatilità, in funzione dell’evoluzione sul fronte monetario e pandemico. Dato il consensus attuale, sorprese pro dollaro potranno arrivare da un’accelerazione economica negli USA, tale da rendere più concrete le attese di un cambio di politica della Fed; viceversa, un quadro più promettente sul fronte vaccini/lockdown dovreb­be instillare maggiore fiducia nel recupero europeo, favorendo un ritorno dei flussi nell’area e fornendo nuova spinta alla valuta comune.

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