La seconda vita degli investimenti sostenibili

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L’ultimo anno e mezzo non è stato facile per gli investimenti legati alla sostenibilità. Per quanto riguarda l’azionario, nel 2022 questi strumenti hanno sofferto particolarmente la mancanza di titoli della difesa e petroliferi, i settori più brillanti in un contesto di crisi energetica e tensioni geopolitiche, nei propri indici di riferimento.

Inoltre, dall’inizio dello scorso anno il tema dominante sui mercati è stata la politica monetaria e i rialzi dei tassi d’interesse penalizzano in particolare le società ad alto tasso tecnologico (e maggior crescita) che costituiscono una parte importante degli indici sostenibili, in particolar modo con riferimento alle energie rinnovabili. L’obbligazionario, a fasi alterne, ha risentito del fatto che spesso le scadenze erano più lontane nel tempo a fronte di una miglior qualità, fattori che potrebbero però rivelarsi vantaggiosi l’anno prossimo.

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Ma i trend sottostanti non sono cambiati e, anzi, l’emergenza climatica e ambientale è ancora più pressante. Le ultime proiezioni suggeriscono che i rifiuti plastici potrebbero triplicare a oltre un miliardo di tonnellate nel 2060 e quindi sempre più sforzi andranno fatti, anche dai Paesi emergenti, sul fronte dell’economia circolare. Consumiamo sempre più energia, ormai il triplo rispetto agli anni ’70, e produciamo sempre più anidride carbonica: solo nel 2022 l’incremento annuo è stato quasi dell’1%, consegnandoci un ulteriore preoccupante record.

Se continuiamo di questo passo, tenendo in considerazione l’aumento della popolazione mondiale, la domanda di energia potrebbe aumentare dal 30 al 50% nei prossimi trent’anni. Ridurre le emissioni di anidride carbonica è quindi assolutamente imprescindibile e per farlo occorreranno ingenti investimenti. Il ruolo dei governi è cruciale da questo punto di vista; gli  investimenti pubblici saranno un volano anche per gli investimenti privati e le società attive in questi campi potrebbero beneficiarne.

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Anche se l’impressione è che le tensioni geopolitiche abbiano temporalmente distolto l’attenzione da alcuni aspetti, obbligando i governi a concentrarsi sulla ricerca di nuovi fornitori di gas o addirittura incrementando l’uso del carbone, a medio termine l’unico modo di aumentare la sicurezza energetica e ridurre la dipendenza dall’estero è rappresentato dall’energia rinnovabile. Non è un caso se proprio la transizione energetica rappresenta una parte importante del Recovery Fund europeo e dell’Inflation Reduction Act statunitense, misure destinate a riversare su questi temi centinaia di miliardi di euro e dollari. Addirittura, quest’anno gli Stati Uniti hanno varato un altro corposo pacchetto di misure per accelerare la produzione di pompe di calore.

La stessa Cina investe pesantemente in queste aree e rappresenta il 40% della crescita delle rinnovabili (dato 2022). Sicuramente la strada verso la sostenibilità non sarà lineare. Per esempio, alcune scelte in favore dell’ambiente potrebbero essere messe in discussione durante la campagna elettorale negli Stati Uniti e anche in Europa ci potrebbero essere ripensamenti in aree come l’elettrificazione dei trasporti. I tassi d’interesse continueranno a essere una leva, positiva o negativa, per la performance degli investimenti ad alta crescita come la tecnologia e un’ampia
parte dei temi legati alla sostenibilità.

Inoltre, occorre considerare che il mondo della sostenibilità non riguarda solo l’ambiente: l’acronimo ESG (environmental, social and governance) comprende anche l’impatto sociale e la governance delle società, un aspetto fondamentale anche per la protezione dell’azionista. E per chi pensa che i fattori «sociali» siano secondari, uno studio statistico realizzato su un periodo di quarant’anni ha mostrato come le società quotate con la più alta soddisfazione dei dipendenti abbiano prodotto una sovraperformance compresa tra il 2 e il 2,7% l’anno.

Se è vero che l’azionario sostenibile ha fatto peggio del mercato l’anno scorso, a livello globale i fondi ESG hanno comunque continuato a registrare nuova raccolta, a fronte di deflussi di 1300 miliardi di dollari per i fondi tradizionali. Quest’anno le società leader nella sostenibilità (MSCI World ESG Leaders) hanno recuperato quasi un punto percentuale rispetto all’indice globale (MSCI All Country World Index).

Non si possono ignorare gli sviluppi dell’ultimo anno e mezzo, ma bisogna conciliarli con una visione di lungo termine. L’aspettativa riguardo agli investimenti sostenibili deve essere di un rapporto rischio-rendimento sostanzialmente equivalente al resto del mercato nel medio termine. Inoltre,
concentrare la totalità dei propri investimenti sugli investimenti sostenibili non è la scelta migliore per tutti gli investitori, ma mantenere una visione strategica almeno per una parte dei portafogli potrebbe rivelarsi la strada corretta.