Italease, stop al risarcimento per gli azionisti dell’ultima ora

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Secondo la Cassazione, non spetta a quei risparmiatori che hanno continuato ad acquistare titoli della banca dopo che questa aveva già comunicato ufficialmente i rischi legati alla sua esposizione ai derivati

Era il lontano 2008 quando Banca Italease, sotto la guida dell’amministratore delegato Massimo Faenza, finì coinvolta in un scandalo per la vendita di prodotti derivati che determinò una perdita di quasi 450 milioni di euro. All’epoca le enormi perdite causate ai soci dall’operatività in derivati di Banca Italease furono per oltre il 50% dovute ai contratti conclusi con appena 12 clienti.

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Dopo otto anni la Cassazione è tornata a pronunciarsi nei giorni scorsi (sentenza 10934), respingendo il ricorso di un gruppo di investitori che avevano chiamato in giudizio la Banca Italease e il presidente del Cda per chiedere la condanna in solido al risarcimento dei danni.

In sintesi la Cassazione ha escluso il risarcimento del danno in favore degli investitori che avevano continuato ad acquistare azioni Italease dopo che la banca aveva messo in allerta sulla situazione già esistente relativa alla vendita di derivati attraverso un comunicato stampa.

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In pratica, i risparmiatori avevano comprato i titoli facendo affidamento solo sui dati contenuti negli atti e nei documenti predisposti dagli organi sociali della banca che si erano rivelati poi non corrispondenti alla realtà. La Cassazione tuttavia ha ritenuto corretta la sentenza della Corte d’appello che aveva invece già negato la possibilità per gli investitori di avere il risarcimento del danno.

I giudici di merito avevano sottolineato che, in caso di un prospetto con informazioni false sulla situazione della società, l’emittente deve rispondere per il danno subito dagli investitori che hanno acquistato titoli di valore inferiore a quello che il prospetto avrebbe lasciato supporre.

Ma la Corte ha individuato un fatto e una data ben precisa per distinguere tra chi ha il diritto al risarcimento del danno e chi no. Per i giudici la data è giugno 2007: il 31 maggio la banca Italease aveva emesso un comunicato stampa nel quale evidenziava il rischio relativo ai contratti derivati che aveva in pancia. A partire da quella data quindi i rischi non erano più “nascosti”, ma anzi erano pienamente conoscibili da chiunque dato che erano stato rivelati ufficialmente alla stampa italiana.

Nel dettaglio così si legge nel comunicato stampa preso come spartiacque dai giudici: “ Su richiesta di Consob, in merito alle notizie apparse sulla stampa negli ultimi giorni, Banca Italease comunica che il potenziale rischio di controparte, riferibile a strumenti derivati con clientela, che al 31 dicembre 2006 si esprimeva in 225 milioni di euro al netto del relativo stanziamento cautelativo pari a 8,3 milioni di euro, per effetto dell’evoluzione del mercato attualmente si attesta a circa 400 milioni di euro. Il monitoraggio della Direzione ha determinato l’avvio di contatti con i clienti titolari di detti contratti, al fine di addivenire alle più opportune decisioni a reciproca tutela”.

Alcuni investitori che avevano fatto ricorso, se da un lato avevano comprato titoli fino all’ultimo giorno di maggio inconsapevoli dei rischi, dall’altro però avevano continuato ad acquistarli anche dopo che era stato emesso il comunicato stampa in cui veniva sottolineata la situazione finanziaria della banca. Come riportato nella sentenza: “Tale comportamento successivo evidenziava l’assoluta irrilevanza, per essi, anche nel periodo anteriore, dell’elevato rischio di investimento”.