Asia, Trump non fa più paura

Christopher Chu -
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L’ottimismo del mercato relativamente alle aspettative di tagli alle tasse, di spesa per infrastrutture e di una semplificazione da parte di Trump potrebbe essere messo sotto pressione se persisteranno le lotte intestine al partito repubblicano e quelle con l’opposizione.

L’azionario globale ha visto un rally dopo l’elezione di Trump in base alle previsione per cui il controllo della Casa Bianca e del Congresso da parte dei repubblicani avrebbe permesso di portare avanti senza intoppi un’agenza pro-crescita.

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Sembra che gli asset rischiosi che hanno beneficiato della scommessa sulla ripresa dell’inflazione sulla scia dell’elezione di Trump, si avviino a una correzione, con le valutazione che sono diventate tirate e gli utili che riflettono la fiacchezza dell’economia interna. Tuttavia, nonostante i problemi che minacciano la Casa Bianca, pensiamo che l’outlook per l’azionario asiatico dovrebbe restare interessante.

Per il 2017, le aspettative di ripresa dell’economia cinese sono state viste come il secondo driver di crescita globale insieme al rinnovato ciclo degli investimenti negli Stati Uniti. Pechino ha implementato riforme dal lato dell’offerta politicamente difficili, mentre la spesa per infrastrutture ha dato una spinta verso l’alto ai prezzi delle materie prime. Ancora più significativa la ripresa dell’attività interna che ha rasserenato gli investitori del fatto che i dati economici stanno transitando dalla quantità alla qualità. Il declino del surplus commerciale cinese rispetto ai mercati regionali suggerisce che una maggior quantità di beni importati sono stati utilizzati per il consumo finale piuttosto che per essere poi riesportati. La crescita nei flussi di turisti in uscita verso i paesi dell’ASEAN dimostrano lo spostamento economico verso il consumo di esperienze, mentre la solida domanda per servizi di e-commerce era evidente nei risultati del primo trimestre di Tencent.

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Una crescita di miglior qualità è importante per l’Asia se i dati economici degli Stati Uniti dovessero iniziare a deludere. L’aumento dei collegamenti intraregionali e del commercio multilaterale fanno da fondamento per le politiche economiche, specialmente dal momento in cui le economie asiatiche sono diventate sempre più allineate alla domanda dei Mercati Emergenti. La politica estera di Trump verso l’Asia ha fatto un grande passo indietro rispetto alle promesse della campagna elettorale. Il presidente ha infatti cambiato idea rispetto alla decisione di etichettare la Cina come paese manipolatore di valuta, ha mantenuto le alleanze militari con la Corea del Sud e il Giappone e si è frenato sul tema dei provvedimenti di stampo protezionistico sul fronte del commercio. Tutto questo potrebbe riflettere il suo bisogno di riposizionarsi dopo aver effettuato la scelta poco pratica del ritiro unilaterale dal Trans Pacific Partnership appena insediato al potere. Se anche Trump riuscisse, infine, a implementare delle politiche di stampo protezionistico, queste decisioni si rivelerebbero essere donchisciottesche e probabilmente raggiungerebbero gli effetti opposti generando maggiori costi per via della rottura nella catena di approvvigionamento e nelle inefficienze produttive.


Christopher Chu – Fund Manager Asian equities – Union Bancaire Privée (UBP)