Cina, il rating giusto da guardare è quello delle banche

Carl Wong -
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Di recente, l’agenzia Moody’s ha tagliato il rating della Cina: si tratta di un downgrade singolare, sia dal punto di vista dell’orientamento che delle tempistiche.

Abbiamo assistito a un processo di riduzione della leva finanziaria da parte del Governo cinese sin dall’ottobre 2016 e di conseguenza, Moody’s, con tale decisione, sembra avere lo sguardo rivolto allo specchietto retrovisore, piuttosto che alla strada di fronte a sé. Inoltre, se si analizza il commento dell’agenzia di rating nel dettaglio, sembra che venga utilizzato un tono rassicurante, piuttosto che allarmante.

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Sebbene il rating sovrano sia stato declassato di un grado, da Aa3 ad A1, i rating di tre banche a controllo pubblico di primaria importanza (ICBC, BOC, CCB) rimangono invariati. Non solo. I loro outlook sono stati rivisti e sono passati da negativi a stabili. Considerando questa decisione da sola, sembra che Moody’s sia a suo agio con i rischi del sistema finanziario cinese, mentre per gli operatori di mercato pare essere una fonte di rischio.

La reazione dei mercati mostra che Moody’s ha tenuto un punto di vista rivolto al passato – subito dopo il declassamento, i CDS (Credit Default Swap) cinesi a 5 anni hanno avuto una reazione impulsiva, salendo di circa 5-6 punti base, restringendosi in seguito e tornando intorno al livello precedente. In maniera simile, i titoli obbligazionari Investment Grade cinesi hanno scambiato seguendo lo stesso schema. Qualche mese fa il 77% degli acquirenti del credito asiatico erano investitori locali. Tale cifra può essere ulteriormente scomposta: il 92% per l’High Yield cinese, il 75% per l’Investment Grade, l’85% per i titoli bancari e il 71% per i titoli quasi sovrani. In altre parole, anche se gli investitori europei e statunitensi potrebbero reagire in maniera maggiormente negativa alla decisione di Moody’s, chiunque sia a conoscenza di tali fattori tecnici potrebbe decidere di conservare i titoli o di acquistarne altri. Per coloro che invece non lo sono, i titoli potenzialmente messi in vendita saranno assorbiti velocemente dalla domanda da parte di investitori asiatici. Sostanzialmente Moody’s può sostenere qualsiasi cosa, ma ciò che interessa maggiormente ai gestori è la reazione dei mercati.

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In poche parole, riteniamo che il Governo cinese stia avendo un comportamento che il mercato dovrebbe apprezzare piuttosto che punire. Sta infatti tentando di eliminare l’eccessiva leva finanziaria dal sistema, senza produrre un impatto troppo negativo sull’economia. Riteniamo che sia la cosa giusta da fare e che sia saggio in un anno come il 2017, dato che si tratta di un anno di transizione del potere (19esimo Congresso del Partito). L’intero mercato avrebbe pensato che l’economia cinese avrebbe mantenuto una certa stabilità in questo lasso di tempo. Confidando in ciò (anche se potrebbe rivelarsi una fiducia cieca), il Governo è fortemente determinato a risolvere il problema strutturale dell’eccessiva leva finanziaria, dato che l’impatto netto sul mercato sarebbe limitato, in un momento in cui vi è la massima fiducia.

Per questi motivi, l’intervento di Moody’s, piuttosto che lanciare un segnale d’allarme sulla Cina, rappresenta un’opportunità per comprare sui minimi.


Carl Wong – senior portfolio manager, RAM Asia Bond Total Return Fund – RAM AI