Commento di Martin Currie (gruppo Legg Mason) sull’inclusione delle A-shares cinesi nell’indice MSCI.

Kim Catechis -
- Advertising -

Non abbiamo motivo per essere troppo eccitati da quest’ultima proposta

Con un’inclusione iniziale sotto il 5%, l’impatto sugli altri indici dovrebbe essere limitato, visto che le azioni di categoria A (A-shares)dovrebbero pesare solo per lo 0.1% dell’MSCI All Country World Index, lo 0.5% dell’MSCI Emerging Market e lo 0.6% dell’Asia (Giappone escluso).

- Advertising -

L’impatto sarà maggiore quando verranno inclusi più titoli del mercato A-share. Per capire quanto potrebbe volerci, la Corea del Sud è entrata nell’indice con il 20% del suo mercato nel 1992 ed è arrivata al 100% nel 1998; Taiwan è entrato con il 50% del suo mercato nel 1996 e ha raggiunto il 100% nel 2005.

Il quarto tentativo di ingresso delle A-share cinesi rappresenta un primo passo molto più appetitoso per gli investitori, soprattutto perché l’ingresso vero e proprio non ci sarà prima di maggio 2018. Tuttavia, per gli investitori internazionali ci sono ancora temi che destano preoccupazione, come quello sul controllo del capitale.

- Advertising -

Il mercato delle A-share è ancora considerato un’opzione più costosa rispetto ad altre, poiché ci vogliono ritorni molto alti per compensare l’aumento di volatilità dei prezzi delle azioni domestiche. Il livello di trasparenza delle aziende domestiche cinesi è inferiore a quanto gli investitori internazionali vorrebbero.

Un settore del mercato A-share che potrebbe risultare interessante è quello delle aziende di energia rinnovabile. Tuttavia, questo interesse è puramente teorico, poiché è un settore dove operano aziende molto giovani, con una bassa capitalizzazione – perciò al momento non ci sono azioni di questo settore del mercato A-share in cui investire.


Kim Catechis – Head of Global Emerging Markets – Martin Currie (gruppo Legg Mason)