Opportunità e minacce del 2018

Fabrizio Quirighetti, Hartwig Kos, Adrien Pichoud, Guido Bolliger -
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Per formulare previsioni sul 2018 prendiamo in considerazione l’impatto dell’inflazione e degli eventi geopolitici sugli investimenti, esaminiamo il livello delle valutazioni degli attivi e valutiamo il rischio di mercato al fine di stabilire i fattori chiave che potrebbero influire sui rendimenti nel corso dell’anno.

Il 2017 è stato, da una parte, un anno tranquillo, con i mercati azionari ed obbligazionari che hanno mantenuto il loro trend rialzista. D’altra parte sono stati diversi i fattori macroeconomici e di mercato che avrebbero potuto ostacolare questo andamento che dura da quasi un decennio, come i negoziati ancora in corso riguardanti la Brexit, le elezioni presidenziali in Francia, l’incertezza politica in Germania, i disordini in Catalogna, gli aumenti dei tassi negli Stati Uniti e ovviamente la situazione in Corea del Nord.

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Come se la caveranno i mercati nel 2018 e cosa ha in serbo l’economia mondiale per gli investitori? La crescita positiva, condizioni finanziarie accomodanti e un sentiment favorevole indicano nuovamente la possibilità di una crescita mondiale sincrona sopra la media per il secondo anno consecutivo, mentre l’inflazione resterà un punto centrale a cui fare attenzione dato che da essa dipenderà la rapidità e la portata della normalizzazione della politica monetaria nel corso dell’anno. I membri dell’Investment Strategy Group di SYZ Asset Management analizzano i fattori chiave più importanti che potrebbero avere un impatto sui rendimenti degli investitori in questo nuovo anno, focalizzandosi sui dati macroeconomici, sulle valutazioni degli attivi e sui rischi.

Analisi Macroeconomica

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Sebbene ci siano diversi fattori che potrebbero avere un impatto sull’economia mondiale da un punto di vista macroeconomico, riteniamo che l’inflazioni e gli eventi geopolitici rappresentino le principali minacce per gli attivi a rischio nel 2018.

  1. L’inflazione è rimasta irremovibilmente bassa nell’ultimo decennio, nonostante politiche monetarie eccezionalmente accomodanti. Ciò è dovuto in larga parte a fattori strutturali come i cambiamenti demografici, la globalizzazione o le innovazioni tecnologiche. Hanno inoltre continuato a farsi sentire sulla crescita gli strascichi della crisi finanziaria, che hanno iniziato a dissiparsi solo recentemente in Europa.
    Nello scenario economico attuale, più favorevole, le banche centrali stanno indicando la loro intenzione di intraprendere una normalizzazione delle loro politiche, prima fra tutte la Fed. Dato il sostegno che tali politiche accomodanti hanno costituito negli anni passati per gli attivi a rischio, i mercati si dimostreranno molto sensibili a qualsiasi notizia che potrebbe incoraggiare le banche centrali a procedere verso tale normalizzazione più rapidamente del previsto. Basterebbe pertanto anche solo un leggero aumento dell’inflazione per scatenare un’improvvisa rivalutazione dei mercati azionari e del credito. Gli investitori dovrebbero diffidare di questo rischio e proteggere i loro portafogli di conseguenza.
  2. Gli eventi geopolitici sono l’altro motivo di preoccupazione. Entro la metà del 2018 saranno noti i termini di qualsiasi accordo o mancanza di accordo sulla Brexit. Se il divorzio dovesse rivelarsi problematico, questa situazione comporterebbe sicuramente un’avversione al rischio per il Regno Unito e potrebbe avere implicazioni più ampie in tutta l’area. Nel calendario degli eventi che influiranno sul rischio nel 2018 ci sono anche le elezioni in Italia. Allo stato attuale delle cose il risultato elettorale è davvero imprevedibile. Il livello di incertezza (dato che si tratta di una delle economie più indebitate del mondo) potrebbe non essere di buon augurio per gli attivi a rischio. In definitiva qualsiasi conflitto nella Penisola coreana o in Medio Oriente costituirebbe quasi certamente un evento negativo. Secondo il nostro scenario di base nessuna di queste situazioni è possibile, ma la mancanza di una chiara visibilità e la probabilità più che limitata di un errore di stima dovrebbero essere per gli investitori fattori di cui tenere conto nelle decisioni di asset allocation.

Valutazioni degli attivi

Le valutazioni degli attivi sono un altro elemento a cui gli investitori devono fare attenzione nel 2018 e negli anni successivi. Ciò che rende così pericolose le valutazioni è il fatto che fino a quando il contesto macroeconomico è favorevole gli investitori non prestano loro molta attenzione. Tuttavia, anche quando i cambiamenti dello scenario generale di mercato non sono di entità troppo importante, gli investitori possono improvvisamente iniziare a tenere estremamente conto delle valutazioni e del fatto che la maggior parte dei titoli sia costosa.

Per quanto riguarda i mercati obbligazionari, sappiamo tutti che i rendimenti dei titoli di Stato dei paesi occidentali sono bassi. Ma non è solo nel segmento dei titoli di Stato che le valutazioni sono ingiustificate, ciò riguarda anche il segmento delle obbligazioni corporate. Dopo anni di allentamento monetario con investitori alla ricerca disperata di reddito, i mercati “high yield” e in particolare le obbligazioni “high yield” europee sono diventate l’unica classe di attivi più costosa al mondo.

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Dal grafico emerge che il rendimento delle obbligazioni “high yield”, indicato in nero, è inferiore al rendimento da dividendo dell’indice MSCI Euro in arancione. In uno scenario in cui le pressioni inflazionistiche sono crescenti e ci si interroga sempre di più sul futuro orientamento della politica monetaria della BCE, l’attuale livello delle valutazioni delle obbligazioni “high yield” rende questi titoli vulnerabili.

Per gli investitori le azioni sono attualmente la classe di attivi da scegliere. Infatti se le obbligazioni sono care, in confronto le azioni sono vicine al valore equo. Si tratta evidentemente di un punto di vista relativo, ma se si analizzano le valutazioni azionarie in termini assoluti il quadro appare molto diverso.

Robert J. Shiller, professore dell’università di Yale nonché premio Nobel, ha creato una serie temporale chiamata rapporto prezzo-utili corretto per il ciclo (CAPE), prendendo come riferimento l’indice S&P 500. Lo scopo del CAPE è di fornire un quadro obiettivo per confrontare le valutazioni azionarie a lungo termine.

Questo parametro è attualmente a un livello superiore a 32 rispetto alla media di lungo periodo, la quale è di poco inferiore a 17. I soli altri periodi in cui tale parametro era così elevato sono stati nel 1929, appena prima del crollo del mercato azionario, e nel 1999 durante lo scoppio della bolla speculativa delle dot com.

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Se è vero che le valutazioni possono rimanere elevate e persino eccessive per molto tempo, bisogna tenere ben presente che se il sentiment nei confronti delle azioni diventa negativo, le quotazioni non offriranno sicuramente una protezione sufficiente per attutire l’impatto. Detto ciò, i mercati azionari sono caratterizzati da una notevole dispersione in termini di preferenze di stile e settori di investimento. Se sono poche le aree di moda, altre sono completamente ignorate dagli investitori.

Un esempio calzante di questo fenomeno è la dispersione relativa dei titoli “value” rispetto a quelli “growth”. Per fare un esempio della storia di lunga data della contrapposizione tra fattori “value” e “growth” utilizziamo il famoso fattore HML (alto meno basso) di Fama e French, che mostra la performance relativa delle azioni con un alto rapporto valore di libro-valore di mercato rispetto a quelle con un basso rapporto valore di libro-valore di mercato, ossia titoli “value” contro titoli “growth”. Il grafico che segue mostra la deviazione delle azioni “value” e “growth” rispetto al loro andamento storico.

Gli Stati Uniti, in nero, hanno dati storici che risalgono agli anni Venti del Novecento. Ciò che possiamo osservare è che oggi la dispersione relativa “valuegrowth” rispetto al trend è pari a 3 deviazioni standard. Per essere più espliciti, si tratta di un evento che si verifica una volta ogni 370 anni e sta accadendo proprio ora. La dispersione “value-growth” per l’Europa, in arancione, e il Giappone, indicata invece in verde, è meno estrema ma comunque presente.

È importante tenere conto che la netta sovraperformance dei titoli “growth” rispetto a quelli “value” ha coinciso con un periodo caratterizzato da una politica monetaria molto accomodante, durante il quale l’accesso al credito per sostenere la crescita era a basso costo.

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In futuro, l’orientamento della politica monetaria sembra nettamente diverso, il che potrebbe comportare uno spostamento delle preferenze degli investitori.

Dati gli estremi di fronte ai quali ci troviamo, i rischi di rotazioni settoriali o stilistiche improvvise in diversi segmenti del mercato, non solo “growth” e “value”, sono molto elevati.

Valutazione del rischio

Da un punto di vista strettamente quantitativo e legato al rischio, i mercati sembrano comportarsi troppo bene nonostante i molti casi di valutazioni eccessive; il che indica poco margine di manovra e protezione in caso di distorsioni.

Da un primo sguardo all’indice VIX (in alto a destra), che ha raggiunto un punto di minimo, gli investitori potrebbero avere la falsa impressione che l’orizzonte sia teoricamente sereno o poco nuvoloso, come se il rischio sui mercati finanziari fosse stato eliminato.

Un elemento fondamentale che gli investitori devono tenere presente nel 2018 è di conciliare i rischi sottostanti insiti nei mercati finanziari con il fatto che gli indicatori del mercato sembrano voler far credere di essere scomparsi.

Secondo il nostro scenario di base prevediamo il verificarsi di almeno una “correzione” favorevole del mercato nel 2018. Bisognerebbe però preoccuparsi di valutarne la portata. Il ricorso alla leva finanziaria sul mercato diventerà esplicito e lo stesso vale per il livello di fiducia in un mercato rialzista. Un approccio incentrato sul rischio sarebbe assolutamente giustificato in questa fase del ciclo. I mercati possono in realtà continuare a registrare rialzi ma l’asimmetria sta diventando sempre più sfavorevole a ogni nuovo loro incremento.

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Conclusioni
2018 … un mese alla volta

I programmi non contano ma la programmazione è fondamentale. Abbiamo pertanto una visione chiara di ciò che potrebbe avere un impatto positivo o negativo sui rendimenti nel 2018. Come durante lo scorso anno o nel 2016, le nostre stime a più lungo termine nonché il nostro posizionamento tattico saranno determinati dal nostro monitoraggio approfondito dello scenario economico, dalla valutazione delle quotazioni di una vasta gamma di classi di attivi e da una particolare attenzione nei confronti delle varie forme di rischi (intrinseco, tra gli attivi o all’interno di un portafoglio bilanciato). Dato il persistere della scarsa visibilità riguardo ad eventi e risultati di importanza fondamentale, non è possibile assumere posizioni ad alta convinzione o qualsiasi posizionamento direzionale senza esposizione al rischio.

Di conseguenza, in base al nostro approccio continuiamo a ritenere che il miglior posizionamento corretto per il rischio nonché i migliori strumenti o idee creative di investimento mostrino un’asimmetria favorevole, dove il nostro potenziale di rialzo è molto più importante delle perdite potenziali.

Nel corso dell’anno ci saranno molto probabilmente dei punti di accesso più interessanti, con la tanto attesa correzione di alcuni degli attivi attualmente più costosi.

Sotto questo aspetto il 2018 sarà in qualche misura diverso dal 2017. Come sempre la nostra attenzione sarà rivolta nell’investire capitali in controtendenza rispetto al mercato, individuando attivi con valutazioni errate.

In questo senso, sia che l’inflazione aumenti, che gli spread di credito si amplino, che le società tecnologiche siano oggetto di rivalutazione o che si manifesti qualsiasi altro rischio macroeconomico o di mercato non noto, il nostro posizionamento sarà volto a consentire un attento esame della distorsione e a trovare potenziale valore da realizzare. Si tratta dell’essenza dell’attività di investimento e del nostro approccio degli ultimi vent’anni e che adotteremo anche nel 2018 e oltre.


Fabrizio Quirighetti – CIO Co-Head of Multi-Asset – SYZ Asset Management 
Hartwig Kos – Vice CIO Co-Head of Multi-Asset – SYZ Asset Management 
Adrien Pichoud – Chief Economist Portfolio Manager – SYZ Asset Management 
Guido Bolliger – Co-Head Quantitative Solutions – SYZ Asset Management