La previdenza complementare sarà sempre più centrale nel welfare contrattuale

Roberto Carli -
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L’economia italiana sta registrando una fase di ripresa e di crescita economica che va sostenuta e irrobustita, anche al fine di recuperare il gap competitivo e i differenziali che permangono rispetto alle altre maggiori economie concorrenti.

È una fase economica, che necessita di una ulteriore implementazione degli investimenti, sia pubblici che privati, orientati all’innovazione, al potenziamento delle infrastrutture, alla competitività, a sostegno della domanda interna e al superamento dei divari territoriali a partire dalle aree del Mezzogiorno.

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È, infatti, fondamentale tradurre la ripresa in crescita economica ma, soprattutto, è importante lavorare insieme per consolidare le condizioni per uno sviluppo del sistema economico e sociale del Paese. I processi di trasformazione in atto interrogano, infatti, sia la società che l’economia italiana e mettono al centro del dibattito i temi della qualità del lavoro, unitamente a quello della crescita della quantità dei posti di lavoro, della riduzione dei differenziali retributivi di genere, del contrasto al lavoro irregolare e in elusione e del tasso di occupazione tra la popolazione.

E’ l’inquadramento di contesto economico rappresentato nel Documento firmato da Confindustria-Cgil- Cisl e Uil che rivede il modello contrattuale. L’intesa si sviluppa in sei capitoli, che descrivono le linee di indirizzo programmatico che le parti hanno condiviso:  sviluppo di una nuova politica industriale attraverso investimenti pubblici e privati; strategia di crescita inclusiva basata su formazione, ricerca e innovazione; mercato del lavoro che favorisca l’inserimento, in particolare di giovani e donne; modello di relazioni sindacali autonomo, innovativo e partecipativo.

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Per quel che riguarda il modello contrattuale, nell’ottica di determinare le condizioni per migliorare la produttività e competitività delle imprese e il valore reale dei trattamenti economici, così come per incentivare il mercato interno, viene previsto che i contratti individuino il Tec (trattamento economico complessivo) e il Tem (trattamento economico minimo). Il primo comprende, oltre al Tem, tutti i trattamenti economici comuni per tutti i lavoratori impiegati nei trattamenti economici comuni per tutti i lavoratori impiegati nei diversi settori, comprese le forme di welfare come previdenza complementare e assistenza sanitaria, e le eventuali quote di produttività erogate a livello nazionale. Il Tem, invece, secondo la prassi già esistente nei diversi contratti costituisce il minimo tabellare che verrà rivalutato sulla base delle variazioni dell’Ipca.

Di conseguenza, il valore economico complessivo del contratto, in seguito a questa intesa, sarà costituito dalla somma tra il Tem e gli ulteriori elementi retributivi previsti dal contratto; si supera così la mera difesa del potere di acquisto per andare verso l’aumento del potere di spesa dei lavoratori.

Sul secondo livello, inoltre, le parti condividono che il contratto dovrà incentivare il suo sviluppo virtuoso, sia quantitativo che qualitativo. Per quel che riguarda le relazioni industriali si condivide la necessità di salvaguardare il “carattere universale” del welfare pubblico del quale il welfare contrattuale deve essere integrativo e non sostitutivo.

Si ritiene anche indispensabile costruire un sistema di governance di questa materia capace di ottimizzarne e qualificarne i contenuti, dando priorità alle prestazioni di “interesse generale” (previdenza complementare, assistenza sanitaria, tutela della non autosufficienza e prestazioni di welfare sociale).

Si sottolinea che lo sviluppo del welfare contrattuale, che deve mantenere la sua natura integrativa ai diversi livelli, possa rappresentare un terreno di crescita del- benessere organizzativo e di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, nel quadro di un miglioramento complessivo della produttività e delle condizioni di lavoro.

Il welfare contrattuale opera, però, nei vari ambiti della-contrattazione collettiva, in modo differenziato e disomogeneo, rendendo evidente la necessità di creare le condizioni per un miglior coordinamento delle iniziative, a partire da un modello di governance che si dimostri capace di ottimizzare e qualificare i contenuti della contrattazione in materia di welfare integrativo.

Per conseguire questo obiettivo, le Parti ritengono necessario fissare, con accordi di livello interconfederale, alcune linee di indirizzo per la contrattazione collettiva con riferimento a materie di interesse generale quali, ad esempio, la previdenza complementare, e l’assistenza sanitaria integrativa, la tutela della non autosufficienza, le prestazioni di welfare sociale e per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro – per consentire, anche nei settori privi di specifiche iniziative, una maggiore universalità delle tutele.

Confindustria, Cgil, Cisl e Uil si propongono poi di valorizzare in maniera determinante la previdenza complementare che assume un ruolo sempre più importante, anche alla luce delle recenti modifiche normative che hanno introdotto ulteriori misure ispirate al criterio della maggiore flessibilità in entrata e in uscita dai fondi pensione, agevolando al contempo la copertura di un bisogno crescente di protezione sociale e facendo del secondo pilastro, sempre più, un elemento qualificante del nostro sistema di protezione sociale.

Si ritiene allora necessario rafforzare il secondo pilastro, sia in termini di crescita dimensionale dei fondi (rilancio adesioni e quindi, aumento di patrimoni gestiti) che di diversificazione delle loro scelte di portafoglio, anche al fine di contribuire al sostegno dell’economia reale del Paese. Diviene allora opportuno avviare, quanto prima, un confronto con le Istituzioni finalizzato a migliorare la fiscalità di vantaggio sulle prestazioni dei fondi pensione e la riduzione della tassazione sui rendimenti, nonché ad ottenere la revisione della disciplina sui benefici fiscali per gli investimenti dei fondi anche nell’economia reale.