Elezioni USA: le implicazioni per l’Europa

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Nel 2016, era difficile sapere cosa aspettarsi da Donald Trump, un outsider che ha conquistato gli elettori con una vittoria a sorpresa. Allora Trump veniva sottovalutato, ma ero certo che avrebbe smosso le acque… e così è stato. Gli europei seguono con grande interesse le elezioni americane di quest’anno.

Quattro anni fa la retorica nazionalistica di Trump, tesa a “far tornare grande l’America” anche a costo di deteriorare i rapporti con gli altri paesi, ha avuto un forte impatto su molti americani. I legami fra gli Stati Uniti e la Cina, e gli Stati Uniti e l’Europa, si sono logorati.

Se Trump si aggiudicasse un secondo mandato, presumibilmente le relazioni tra gli Stati Uniti e l’Europa rimarranno tese, e le guerre commerciali che hanno contraddistinto la sua amministrazione proseguiranno. L’Europa si è ritrovata coinvolta in politiche statunitensi tutte rivolte al proprio interno e in una guerra commerciale con la Cina.

La spinta anti-globalizzazione, attraverso termini commerciali più unilaterali, è destinata a persistere e accentuerà i problemi per l’Europa. Gli europei prediligono la multilateralità: è la base del funzionamento dell’Unione Europea (UE), che riunisce intorno ad un tavolo 27 paesi chiamati a trovare un compromesso su ogni questione. Ciò non significa che l’UE ottenga sempre l’accordo di ogni singolo paese membro, ma piuttosto che gli europei operano nel quadro di un approccio multinazionale.

Quindi, una vittoria di Trump porterà una maggiore volatilità geopolitica non solo per l’Europa ma anche per il resto del mondo.

Gli europei si schiereranno con Biden?

Se Biden dovesse vincere a novembre, molte delle politiche di Trump in diversi settori, tra i quali commercio e questioni ambientali, saranno archiviate. Sul fronte della politica estera, il candidato democratico ha dichiarato di essere favorevole a un approccio multilaterale (simile a quello europeo) e di voler ristabilire con gli altri paesi i legami che oggi l’amministrazione Trump potrebbe aver deteriorato.

Biden è il genere di politico con il quale gli europei sono abituati a interloquire; la sua propensione a far dialogare le persone riceverebbe probabilmente una bella accoglienza in Europa.

Un altro tema di grande rilievo per l’Europa è quello del riscaldamento globale, sul quale Biden è più allineato. Ha annunciato un intervento da 2.000 miliardi di dollari per contrastare il cambiamento climatico, che promuove l’energia pulita e la riduzione delle emissioni di combustibili fossili, migliorando al contempo le infrastrutture. È un piano che ricalca da vicino l’impegno centrale del bilancio settennale dell’UE e del fondo di salvataggio dell’UE a ecologizzare l’economia della regione. Il tema potrebbe annullare le divergenze e riavvicinare i due interlocutori.

Trump si è ritirato dall’accordo di Parigi – un impegno multinazionale sottoscritto da circa 190 paesi a ridurre le emissioni di gas serra – ma è probabile che Biden ripristini l’adesione del suo paese, che sarà utile per rinsaldare i legami con l’Europa.

Se gli Stati Uniti e l’Europa ritrovassero una maggiore convergenza sulla necessità di affrontare il cambiamento climatico e di rendere più verdi le loro economie, probabilmente si creerebbe più innovazione nei mercati finanziari, per esempio attraverso un aumento dei green bond o di altri titoli per finanziare questi progetti. A mio parere, gli europei sono davvero pronti ad assecondare questo sviluppo, poiché vogliono ridurre le emissioni e sono disposti a spendere per riuscirci.

Detto questo, i mercati temono due principali motivi di preoccupazione o di incertezza da una vittoria di Biden: il paventato aumento generalizzato delle tasse e l’incerta futura politica fiscale statunitense che peserà sui mercati globali.

Anche la deregulation, tanto favorita durante il mandato di Trump, merita attenzione. Quindi, se una parte delle previsioni si avverasse, nuove barriere potrebbero andare a frenare l’attività di molte imprese.

Entrambi i candidati sembrano comunque intenzionati a mantenere le politiche di spesa pubblica. I repubblicani sono in genere ritenuti più conservatori in materia di bilancio, ma Trump fa eccezione, soprattutto considerando il COVID-19 e le probabilità che tale problema perdurerà anche nel 2021.

Qualunque sarà il candidato vincente, non crediamo che le dinamiche dei mercati obbligazionari globali registreranno grandi cambiamenti. Senza la crisi di COVID-19, le cose sarebbero probabilmente andate molto diversamente. Tuttavia, avendo le banche centrali inondato il mondo di liquidità, ritengo che un cambio alla presidenza non basterà a far crescere massicciamente i rendimenti. Abbiamo ancora abbondante liquidità per mantenere i mercati calmi e potremmo attenuare la volatilità che normalmente accompagna una tornata elettorale.

Un cambio di regia alla guida degli Stati Uniti farà mutare alcune politiche, ma per ora non modifichiamo il nostro approccio agli investimenti obbligazionari.

Privilegiamo ancora le obbligazioni societarie – sia investment grade che high yield – in quanto riteniamo che offrano un buon rapporto qualità/prezzo. Apprezziamo anche le emissioni governative di paesi non core europei, per esempio l’Italia, il Portogallo e la Slovenia e nazioni più piccole come Cipro, che dovrebbero continuare ad essere ben sostenute dalla Banca Centrale Europea.

L’accordo europeo di salvataggio da 750 miliardi di euro, a sostegno degli Stati membri dell’UE colpiti dalla pandemia di COVID-19, ha rinsaldato l’integrazione europea e dona stabilità al mercato. Il premio che un investitore dovrebbe pagare per gli asset europei, dato il rischio di una potenziale disgregazione dell’Europa, è diminuito e non è stato influenzato dalle elezioni americane. Certamente, non mancheremo di seguire gli sviluppi d’oltreoceano.