Diventare virale: la campagna vaccinale in Europa

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L’Unione Europea sta per accelerare le consegne del vaccino anti-Covid, raggiungendo così più velocemente l’immunità, un prerequisito fondamentale per la ripresa delle principali economie dell’Eurozona, che solo così potranno tornare ai livelli pre-pandemia verso i primi mesi del 2022.

La corsa tra virus e vaccini è legata alla necessità di vaccinare un numero di persone sufficiente ad impedire che nuove varianti creino nuovi focolai. A livello nazionale, i tassi di contagio e di mortalità di molti paesi europei sono inferiori a quelli che si registrano negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Da inizio anno la campagna vaccinale in Europa procede lentamente, con una serie di problemi legati all’approvvigionamento dei vaccini e un susseguirsi di preoccupazioni relative alla sicurezza degli stessi.

Le sorti dell’UE stanno per cambiare, dato che è previsto un significativo aumento delle scorte, dai circa 100 milioni di dosi consegnate nei primi tre mesi dell’anno ai circa 360 milioni di dosi nel secondo trimestre, che sono sufficienti per vaccinare entro luglio oltre 207 milioni di persone, ovvero poco meno della metà della popolazione dell’UE. Dai dati del 4 aprile emerge che le prime dosi sono state somministrate in media al 16% della popolazione adulta europea.

Attualmente, le vaccinazioni effettuate tra i più grandi Stati Membri dell’UE, ovvero Germania, Francia e Italia, non sono nemmeno la metà di quelle degli Stati Uniti e meno di un quarto delle vaccinazioni del Regno Unito. Al 12 aprile, il 47% della popolazione del Regno Unito ha ricevuto almeno una dose, mentre negli Stati Uniti il dato si attesta al 35% della popolazione adulta. Queste percentuali sono in netto contrasto con il 15,5% in Francia, il 14,8% in Italia, meno del 15% in Germania e il 12% in Svizzera.

Implicazioni politiche

Il Regno Unito ha registrato il più alto tasso di mortalità Covid, in proporzione alla sua popolazione, in Europa occidentale, con 1.896 decessi per milione di abitanti. Ma l’approccio del Premier Johnson alla campagna vaccinale ha avuto un grande successo, permettendo al partito conservatore di ampliare il vantaggio negli indici di gradimento rispetto al partito laburista. Mentre nel Regno Unito sono state revocate le misure di lockdown a livello nazionale, gran parte dell’Europa occidentale sta vivendo una terza ondata della pandemia.

Le conseguenze politiche, ci sono già. La gestione della pandemia da parte della Germania è oggetto di numerose critiche. A ottobre, dopo 16 anni di governo di Angela Merkel, il paese passerà il testimone a un nuovo capo di Stato. I contagi sono aumentati e il modello decisionale regionale del Paese è stato messo sotto pressione, con il governo centrale di Berlino che minaccia di entrare in azione per coordinare i programmi di vaccinazione regionali.

Tra un anno gli elettori francesi eleggeranno il loro prossimo Presidente. Le probabilità che Emmanuel Macron venga rieletto per un secondo mandato quinquennale dipenderanno in gran parte dal giudizio degli elettori sulla sua gestione della pandemia. Marine Le Pen, leader del partito di estrema destra Rassemblement National, spera di sfruttare l’insoddisfazione della popolazione in maniera analoga a quanto successo nel 2016 quando Donald Trump ha conquistato la Casa Bianca e quando gli elettori britannici hanno deciso di supportare la Brexit.

Prospettive di crescita

Dopo poco più di anno dall’inizio della pandemia in Europa sono disponibili quattro vaccini: AstraZeneca plc, Pfizer-BioNTech, Moderna Inc. e Johnson & Johnson. I regolatori nell’UE hanno approvato il vaccino di AstraZeneca dopo una serie di sospensioni a livello nazionale nel mese di marzo. Un certo numero di regolatori nazionali hanno limitato la somministrazione di questo vaccino a gruppi di anziani, dopo i casi di trombosi manifestatesi fra i più giovani. Dei 360 milioni di dosi stanziate per il secondo trimestre, Pfizer dovrebbe fornire 200 milioni di dosi.

I ritardi nella distribuzione dei vaccini si sono tradotti in un impatto economico diretto, dato che la terza ondata costringe a ulteriori restrizioni economiche, tra cui un altro lockdown a livello nazionale in Francia. Tuttavia, le economie si sono dimostrate notevolmente resilienti, offrendo il sostegno monetario e fiscale. Secondo Banque de France la crescita del paese oltralpe dovrebbe accelerare nella seconda metà di quest’anno, per un’espansione annuale del 5,5%. La Bundesbank tedesca prevede un’espansione economica del 3% per il 2021, mentre la Banca d’Italia si aspetta una crescita inferiore al 4%. Dai dati di marzo è emerso che il settore dei servizi dell’eurozona, pur rimanendo in territorio negativo, sta comunque migliorando.

Di questo passo, crediamo che l’UE possa ritornare ai propri livelli di produzione pre-Covid all’inizio del 2022 e ci attendiamo che la regione registri un’accelerazione del 4,3% del prodotto interno lordo quest’anno.  Questo dato è in contrasto con una ripresa della produzione negli Stati Unti che a metà del 2021 ha raggiunto i livelli pre-pandemia e una crescita del 6,0% per l’intero anno, mentre la Cina dovrebbe registrare un aumento del 9% del PIL quest’anno. Nel Regno Unito, dove l’impatto iniziale della pandemia è stato maggiore e il PIL è diminuito del 9,8% durante l’anno, il rimbalzo previsto sarà anche più consistente.

Il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto al rialzo le sue previsioni per la crescita economica globale la scorsa settimana per la seconda volta nel corso dell’anno. Secondo le stime del FMI, l’economia mondiale potrebbe crescere del 6% quest’anno e di un altro 4,4% nel 2022, rispetto a una contrazione del 3,3% registrata nel 2019. Tale aumento è trainato principalmente dalla spesa prevista per le infrastrutture e quella per il Covid annunciata sia dall’Unione Europea sia, soprattutto, dagli Stati Uniti.

Piani di spesa

A luglio dello scorso anno, i leader dell’UE hanno approvato il Recovery Fund di 750 miliardi di euro. Per la prima volta, l’accordo permette alla Commissione Europea, l’organo esecutivo del Unione Europea, di sostenere il debito per conto dei 27 stati membri, riducendo potenzialmente il costo del finanziamento per le nazioni più povere dell’Unione. Il pacchetto, che equivale al 5,6% del PIL dell’UE, sta tuttavia incontrando conflitti politici sulla sua distribuzione. A fine aprile è fissata la deadline per la presentazione delle proposte iniziali di spesa da parte degli stati membri.

Il problema è la velocità della spesa, e se questa possa essere distribuita abbastanza velocemente per sostenere le economie danneggiate dalla pandemia. La maggior parte del sostegno sarà emesso nel 2023 e nel 2024, in linea con i programmi settennali di spesa da inserire nel bilancio dell’UE.

Gli Stati Uniti hanno stanziato 1.900 milioni di dollari in pacchetti di supporto per la pandemia, sostenuti da piani di spesa per infrastrutture e posti di lavoro per altri 2.200 miliardi di dollari, e la Federal Reserve si è impegnata a lasciare i tassi d’interesse invariati fino al 2023.

L’UE è ora pronta a registrare una rapida accelerazione nella somministrazione di vaccini anti-Covid. Questo posiziona le imprese europee, in gran parte orientate all’esportazione, a beneficiare del miglioramento dell’economia globale in generale. In particolare, i settori europei industriali, dei materiali, alcuni titoli finanziari selezionati e alcuni nomi del comparto dell’energia potrebbero offrire agli investitori opportunità nel più ambio cambio di focus dai titoli growth a quelli ciclici e value.