Il giro di vite cinese porterà all’esodo dei miner

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L’intero mercato delle criptovalute sta ancora attraversando una fase di deprezzamento e ha ormai perso il 50% della sua capitalizzazione, passando dal massimo storico di 2,6 a 1,3 trilioni di dollari. Il Bitcoin ha subito un ulteriore calo del 10% dopo due brutte notizie provenienti dal mercato cinese

Innanzitutto, la Banca Centrale Cinese (la PBOC) ha confermato la sua intenzione di impedire alle banche commerciali di fornire i loro servizi ai business operanti nel settore delle criptovalute – in particolare OTC desk e scambi di asset digitali – al fine di mettere un freno all’eccessiva speculazione, alla fuga di capitali e al finanziamento di attività illecite. Inoltre, la provincia del Sichuan, conosciuta come il massimo centro produttore di energia idroelettrica di tutta la Cina, ha ordinato alle centrali di proprietà dello stato di interrompere l’erogazione di energia per più di 20 centri di mining.

La prima notizia accelererà la diffusione di nuovi impieghi per le criptovalute nel mercato cinese, come trasferimenti illeciti peer-to-peer in cambio di stablecoin legate al dollaro, già documentati lo scorso anno. Infatti, ci aspettiamo che alcune di queste, come Tether e USD Coin, in futuro continueranno a infrangere ogni record precedente.

La seconda notizia invece porterà alla nascita di hub dediti al mining di bitcoin fuori dai confini cinesi. Mentre altri continueranno a beneficiare dell’energia fornita da centrali private situate nel Sichuan, quei miner cinesi che si erano posti l’obiettivo di raggiungere le zero emissioni nette hanno subiranno un duro colpo; infatti, il Sichuan rappresentava un ottimo esempio di come le attività per produrre bitcoin stessero diventando più sostenibili da un punto di vista dell’impatto ambientale, proprio grazie all’uso di energie rinnovabili. È importante sottolineare che l’impiego di energia idroelettrica riduce le emissioni di CO2 di 200 milioni di tonnellate all’anno negli Stati Uniti; equivalenti alle emissioni di 38 milioni di automobili.

 

 

A causa di tutto ciò, il tasso hash, ovvero il parametro che misura la potenza di calcolo del processo di mining, si è ridotto del 16%, tornando ai livelli dello scorso settembre. Noi di 21Shares prevediamo che i miner cinesi si trasferiranno in nazioni confinanti, dall’atteggiamento accomodante nei confronti delle criptovalute e dove il costo dell’energia elettrica è relativamente basso, come l’Uzbekistan e il Kazakistan; infatti, i miner sono incentivati a mantenere le loro spese basse. Queste nazioni spesso offrono i migliori accordi al mondo, con i prezzi che si attestano a 0,042 dollari al chilowatt-ora in Uzbekistan e a 0,052 dollari in Kazakistan. Tuttavia, i combustibili fossili generano circa il 70% dell’energia in Kazakistan, seguiti dal gas naturale al 20% (dati aggiornati al 2018). BIT Mining Limited ha già annunciato di aver già completato il trasferimento dei primi computer in questo paese.

Le recenti restrizioni al mining in Cina hanno anche accelerato il processo di trasferimento dei miner verso il Nord America, che noi avevamo previsto già lo scorso anno. Per esempio, la società statunitense Square si è impegnata a supportare il mining sostenibile con un investimento di 10 milioni di dollari per iniziare. Sula stessa linea, Elon Musk e Michael Saylor di MicroStrategy si sono incontrati in un meeting privato, insieme con i miner operanti in Nord America, per creare un consiglio per promuovere e informare sull’uso di energia rinnovabile in modo standardizzato. Come anticipato nelle nostre previsioni per il 2021, ci aspettiamo la nascita di sempre più iniziative per il green mining.

Non si deve dimenticare che l’ambito ESG include anche gli aspetti sociali e di governance, che spesso sono trascurati quando si parla di Bitcoin. Infatti, gli asset digitali rappresentano una valida alternativa in qualità di asset finanziari alternativi e di sistemi monetari accessibili a chiunque abbia una connessione a internet; quindi, il network del Bitcoin non presenta alcuna forma di discriminazione. La Fondazione per i Diritti Umani ha documentato i casi di utilizzo dei bitcoin e ha provato che questi possono agire come valuta alternativa, impossibile da “censurare”, per la tutela dei diritti umani.