Prosegue la fase di normalizzazione tra rally azionario e rialzo dei rendimenti

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Mentre le banche centrali restano impegnate a sostenere la politica monetaria, anche sulla scia di un’inflazione temporaneamente più elevata, i dati macro si confermano solidi e sufficienti al proseguimento della fase di normalizzazione.

I movimenti registrati nel mese di maggio, soprattutto all’inizio, hanno evidenziato qualche incertezza in più circa l’uniformità della ripresa ma hanno confermato un quadro generale di performance ancora decisamente costruttivo.

Digerita la generalizzata preoccupazione sull’inflazione ed il potenziale riacutizzarsi delle tensioni internazionali a margine della ripresa del conflitto israelo-palestinese e, nonostante, i timori pandemici a Taiwan, ancora una volta il richiamo delle attività rischiose si è dimostrato forte.  Gli asset azionari riescono dunque a by-passare velocemente le cattive notizie sostenute da investitori che restano concentrati ancora decisamente sulle aspettative di ritorno alla normalità post pandemia.

L’alternanza nel condurre il rialzo fra Stati Uniti, Europa e Paesi Emergenti conferma, in questa fase, l’assenza di un vero leader sotto il punto di vista geografico mentre le vere divergenze si registrano soprattutto sul lato settoriale e di stile dove i Value proseguono nel loro recupero. Anche a maggio Financial, Basic Material ed Energy staccano gli altri con IT e Consumi ciclici nelle retrovie. Gli investitori azionari sfruttano la ripresa ciclica e traggono vantaggio dalle economie che si stanno riaprendo mentre sulle obbligazioni si registra un po’ più di tranquillità. Recupera un po’ il reddito fisso americano mentre corrono di più Corporate High Yield e bond emergenti che registrano un po’ di sollievo anche grazie all’indebolimento del Dollaro ed alla stabilizzazione dei rendimenti.

Il percorso di normalizzazione sta diventando sempre più tangibile con l’aumento del ritmo delle vaccinazioni ed il sostegno della politica economica rimane un punto a favore anche se nei dibattiti economici cresce il dubbio su quanto potrà ancora essere efficace la politica monetaria soprattutto con il crescere del timore di un possibile tapering a seguito di un eccesso della corsa dei prezzi. L’inflazione, in tal senso è il tema caldo, forse l’unico in grado di far cambiare le carte in tavola. I potenziali fattori di inflazione attualmente in gioco restano strettamente connessi all’aumento della domanda post-lockdown combinata agli evidenti colli di bottiglia legati ad una offerta che va a singhiozzo ed una catena di approvvigionamento non completamente ripristinata dopo la messa fuori servizio dell’anno scorso. Un inasprimento prematuro della politica monetaria da parte della Fed o della BCE potrebbe far uscire l’attuale tendenza dai binari rialzisti anche perché giungerebbe in un momento in cui, gli Stati Uniti in particolare, stanno compiendo un balzo in avanti sul fronte fiscale, per riguadagnare o addirittura superare la precedente crescita tendenziale stimolando la spesa per le infrastrutture e il sostegno allo stato sociale. I dati sul mondo del lavoro non propriamente esuberanti uniti ad un’inflazione decisamente vivace hanno acceso i timori di crisi riportando alla memoria una combinazione, di crescita lenta ed alta inflazione, vista l’ultima volta negli anni ’70 ed all’inizio degli anni ’80, talmente dolorosa per gli investitori da riaccendere gli scenari più pessimistici. Tuttavia i giudizi rischiano di essere prematuri in quanto guidati da dati ancora in via di formazione e proprio la veloce riapertura dell’economia, dopo lo shock da lockdown rende facilmente volatili le rilevazioni stesse.

Il passaggio infatti da una fase in cui domanda e offerta erano in totale contrazione, ad una in cui la domanda repressa trova spazio ma l’offerta cresce a ritmi più ridotti rende estremamente difficile fare previsioni, soprattutto basandosi sui modelli di ragionamento pregressi in un mondo, quello di oggi, in cui regna un eccesso di risparmio non convogliabile in investimenti reali fintanto che non crescerà il livello di fiducia sottostante.

I diversi paesi restano molto differenziati fra loro in termini di risultati, aspettative e gestione della sottostante pandemia ma uniti da un unico atteggiamento di politica monetaria. In questo contesto complessivo la combinazione di rally azionario e contestuale rialzo dei rendimenti porta a conseguenze molto differenti a seconda dello stadio di recupero post-crisi raggiunto da ciascun paese e rende più fragili gli equilibri tra i diversi mercati. In particolare l’economia della zona Euro appare ancora troppo debole per sostenere tassi di interesse molto più elevati, tuttavia, se negli Stati Uniti i tassi continueranno a salire, simili pressioni si riverseranno anche sul vecchio continente e, fintanto che la politica monetaria rimarrà la stessa fra le due aree, le tensioni si scaricheranno sul rapporto di cambio con Eur/Usd candidato a mantenere una inclinazione al rialzo piuttosto marcata aumentando le potenziali problematiche del vecchio continente legate ad una struttura economica incentrata sull’export.

Mentre dunque le banche centrali nel mondo sviluppato restano impegnate a sostenere la politica monetaria, anche sulla scia di un’inflazione temporaneamente più elevata, i dati macro si confermano solidi e sufficienti al proseguimento della fase di normalizzazione. La stagione degli utili societari è iniziata con numeri che hanno generalmente superato le aspettative sia in Europa che negli Stati Uniti, sia in modo generalizzato su tutti i settori fornendo ulteriore combustibile ai mercati azionari che restano privilegiati per la ricerca di rendimento.

Manteniamo la preferenza dunque per gli asset sensibili al ciclo economico con una moderata propensione al rischio e sovrappeso su azioni Usa ed Euro mentre il Giappone nonostante la politica monetaria e fiscale fortemente espansiva fatica ad uscire dalla condizione di bassa crescita e deflazione che lo caratterizza da molti anni. Per i Paesi Emergenti il quadro di riferimento presenta qualche incertezza in più e soprattutto rimane molto differenziato fra le diverse aree mentre a livello settoriale si confermano Finanziari, Ciclici, Telecomunicazioni ed Industriali.

In questo contesto, i mercati obbligazionari appaiono decisamente sfavoriti ma sembrano, nell’immediato, aver scontato l’iniziale shock da sorpresa inflazionistica. I rendimenti statunitensi hanno ancora margini di rialzo, ma con una traiettoria molto meno ripida di quanto registrato nei primi mesi dell’anno evidenziando delle timide potenzialità di investimento. In particolare l’investment grade statunitense pare adattarsi bene al clima di ripresa economica ed inizia a presentarsi come opportunità di rendimento per gli investitori non in Dollari anche dopo aver sostenuto i costi della copertura valutaria. Restano in ogni caso contenuti i margini offerti dall’intero comparto del debito se non a fronte di elevati livelli di rischiosità.