Crisi Ucraina, keep calm and stay invested
La cooperazione economica e la generazione di benessere sono generatrici di concordia, dove passano le merci non passano gli eserciti, diceva Frédéric Bastiat. Vale però anche il suo opposto, se passano i carri armati non passano le merci e l’impoverimento è assicurato. Le implicazioni dell’aggressione russa all’Ucraina sono molteplici e complesse, proviamo a individuare, senza pretese, almeno tre livelli nei quali scomporre il ragionamento.
Il primo livello è politico. È stata superata una linea rossa, ancora una volta ha prevalso la logica di potenza nel conseguimento di obiettivi. Negli anni sono stati ignorati, o almeno sottovalutati, i comportamenti di Putin e la sua visione del mondo, dalla Georgia nel 2008 fino alla Crimea e al Donbass nel 2014. Nel fumo delle esplosioni accelera la definizione del nuovo ordine globale, l’intesa con la Cina, più necessitata che naturale, complica l’equazione con la variabile di Taiwan.
L’evoluzione della crisi è drammaticamente veloce e sta accelerando anche la Storia, nelle ultime ore si sono succedute molte prime volte: in Germania si parla apertamente di aumentare le spese militari, l’Unione Europea finanzia l’acquisto di armi per un paese in guerra, si avvertono sinistri, obliqui riferimenti all’impiego di armi nucleari, la Svezia invia armi ai resistenti ucraini, la Svizzera incrina la sua tradizionale neutralità.
Al livello politico si affianca il livello economico. Le sanzioni fanno male a chi le subisce e a chi le infligge, ma si può negoziare sui valori, quelli che si tende a dare per scontati e che evidentemente scontati non sono, la democrazia, la libertà, la tolleranza, il rifiuto della logica di potenza? Dopo qualche iniziale esitazione, l’intensità delle sanzioni al governo di Mosca è aumentata.
La Russia ha spalle robuste, ovvero conti in ordine: il debito pubblico è attorno al 17% del PIL, la bilancia dei pagamenti in surplus, le riserve valutarie sono le più ingenti tra i paesi emergenti. Dallo scorso marzo la banca centrale russa ha via via aumentato i tassi nel contrasto all’inflazione, nella notte di mercoledì ha immesso liquidità per oltre undici miliardi di dollari. Ma è stata sottovalutata la compattezza dei paesi occidentali e la severità delle sanzioni: il blocco all’operatività della banca centrale vanifica in un attimo anni di lavoro spesi nella costruzione di robuste riserve valutarie. Con 630 miliardi di dollari la Russia ha le riserve più ingenti tra i paesi emergenti ed ha la quinta dotazione di lingotti d’oro (per ragioni storiche l’Italia è quarta dietro USA, Germania e IMF) ma il blocco all’operatività impedisce l’efficace difesa del rublo.
Il prezzo del petrolio oltre i cento dollari allunga ombre sinistre sulla qualità della ripresa in Europa, la vulnerabilità energetica è il suo punto debole. Il prezzo del petrolio condiziona le prospettive economiche anche dei paesi emergenti, ne beneficiano ovviamente i paesi esportatori ma i cento dollari a barile sono un pesante pedaggio per importatori come Cina, Taiwan, Corea, India.
Il terzo livello è quello finanziario. Le giornate di borsa di giovedì 24 e venerdì 25 sono state “quasi” da manuale. Sono stati da manuale i crolli del rublo e della borsa di Mosca, era altrettanto prevedibile l’impennata dei prezzi dell’oro e delle materie prime, gas naturale, petrolio, metalli industriali, cereali. Sono tornati gli acquisti massivi sui tradizionali porti sicuri del Treasury, del dollaro, dello yen. Ma non è stata “da manuale” la giornata delle borse. I cali tra il 4 e il 5 per cento in Europa, la chiusura positiva di Wall Street giovedì 24 febbraio mal si acconciano con le notizie di carri armati e combattimenti per le strade. Cali considerevoli ma ancora molto lontani dai crolli a doppia cifra del 12 marzo 2020 e certamente incongruenti con le notizie drammatiche dei combattimenti.
I confronti con il passato sono poco affidabili per le molte differenze normative, regolamentari, di liquidità, per l’interdipendenza dei mercati, per l’avvento dei sistemi di high frequency trading. Pur con queste avvertenze, nelle analoghe crisi del passato le borse hanno sempre scontato gli esiti di lungo termine.
La storia dei mercati è lì a dimostrare che il lungo periodo premia e le serie degli indici mostrano con altrettanta evidenza che tentare di saperla più lunga è costoso, rischia di compromettere radicalmente il risultato. La pazienza di coloro che fossero rimasti investiti nell’indice della borsa americana tra il 1993 e il 2003 sarebbe stata premiata. Ma se a quei vent’anni togliamo i dieci giorni migliori, il risultato si dimezza, diventa una perdita se si tolgono gli altri migliori quaranta giorni. Il rendimento medio annuo dello S&P 500 dal 2000 al febbraio 2022 è stato del 5,8% ma se sottraiamo i migliori dieci giorni del periodo scende a meno del 2%. Il risultato diventa negativo se si tolgono i trenta giorni migliori, pesantemente negativo con la sottrazione dei migliori cinquanta.
Il tempo, non il “timing”, è l’ingrediente del successo nella gestione del risparmio. Il suo alleato è il metodo, prevalente su qualsiasi previsione: le possibili evoluzioni della guerra in Ucraina sono molteplici, alcune augurabili, altre intollerabili, nessuna prevedibile. Il porto sicuro non è tanto una singola classe di attivo, pur sempre vulnerabile ai cambiamenti di scenario; il porto sicuro è un metodo che si avvale di due strumenti particolarmente efficaci nei momenti di forte volatilità: la diversificazione tra asset class diverse, tra loro poco correlate, ad esempio l’esposizione alle commodity o a classi di attivo del tutto slegate all’economia russa; la capacità di adattarsi rapidamente alle nuove situazioni, ai cambiamenti repentini di direzione, la prontezza di aggiustare i portafogli con flessibilità, riconoscere i segnali, ignorare i rumori.
Diversificazione, gestione attiva e flessibilità permettono di gestire i rischi di breve termine e ricercare la ricompensa, ovvero il rendimento, nel lungo periodo. Il settore energetico, il lusso, i finanziari sono favoriti dal nuovo scenario, anche le piccole e medie capitalizzazioni svizzere sono tornate interessanti dopo la correzione degli ultimi mesi e le buone prospettive degli utili attesi.