Criptovalute. Le novità in materia fiscale e giuridica da sapere assolutamente

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fiscalità criptovalute — Carolina Casolo — 

Dalla nascita della prima criptovaluta avvenuta grazie alla creazione della regina delle monete virtuali, il Bitcoin, di tempo ne è passato.
Le amministrazioni finanziarie di vari Paesi hanno cercato in primo luogo di analizzare questo fenomeno, successivamente si è tentato di definire un quadro legislativo e fiscale consono, che potesse quindi delineare un evento che da innovativo si sarebbe trasformato in endogeno per la società.

Carolina Casolo (nella foto a sinistra) consulente fiscale e previdenziale specializzata in diritto tributario e inquadramenti fisco-previdenziali, in team con il collega Dott. Comm. Gianluca Ginepreti (foto a destra) si è occupata di condurre un’analisi sulle recenti novità in materia fiscale e giuridica nel loro rapporto con le Criptovalute.

Fiscalità e criptovalute

In merito al rapporto tra fiscalità e criptovalute i momenti ad oggi principali risultano essere:
● La risoluzione N° 72/2016 con la quale Agenzia delle Entrate equipara le monete virtuali a valute estere quindi soggette al monitoraggio fiscale secondo la L.227/90 e con esso alla compilazione del quadro RW;
● Una serie di interpelli (N°788/2021; N°397/2022; N°433/2022; N°437/2022; N° 508/2022 e 515/2022) dove si vanno a richiedere approfondimenti di dinamiche specifiche e tecniche inerenti le operazioni nel campo delle monete virtuali (come le operazioni di staking e le operazioni di mining);
● D.M 13 gennaio 2022 dove si sancisce l’obbligatorietà dell’iscrizione all’OAM (Organismo agenti e mediatori) per tutti quei soggetti che svolgono attività di scambio di monete virtuali e/o conversione delle stesse in monete avente corso legale;
● La Legge di bilancio 2023, nella quale vengono incluse le monete virtuali nella categoria residuale dei redditi diversi secondo quanto previsto dall’art 67 co. 1 lettera c-sexies.

Il legislatore

Prendendo in analisi gli ultimi due interventi da parte del legislatore, è possibile evidenziare come lo stesso da un lato abbia cercato di dar traccia a tutte le piattaforme che operano sul territorio italiano (da notare come, a pochi mesi dalla sua istituzione, è possibile contare ben 88 piattaforme registrate). Al tempo stesso, quest’ultimo sarebbe riuscito a fornire una struttura legislativa solida e ben definita, al fine di tassare tale reddito in capo al contribuente.

Il registro OAM

L’iscrizione al registro OAM (Registro Operatori Valute Virtuali) porta con sé obblighi di natura informativa a carico delle piattaforme nei confronti degli stessi clienti iscritti, tali oneri si concretizzano in:
– Comunicazione su base trimestrale sia delle giacenze in Euro che dei controvalori in monete virtuali detenuti dal cliente sulla piattaforma stessa;
– Comunicazione del numero delle operazioni di conversione in monete virtuali da parte di ogni cliente;
– Comunicazione su base trimestrale del controvalore in Euro delle operazioni di conversione da e in valute virtuali;
– Comunicazione del numero e dell’ammontare delle operazioni da e verso la piattaforma, riferite all’utilizzo delle monete virtuali da parte di tutti i clienti iscritti nella società.

Un doppio canale di controllo

La comunicazione deve avvenire distinguendo chi ha optato per l’uso del contante rispetto a chi ha utilizzato sistemi di pagamento tracciati. Osservando gli obblighi a cui devono sottendere sia i detentori che le piattaforme possiamo evidenziare come il legislatore di fatto abbia creato un doppio canale di controllo delle criptovalute; da un lato, come evidenziato precedentemente, rimane fermo l’obbligo di comunicazione da parte del contribuente di tutte le criptovalute detenute tramite compilazione del quadro RW (Obbligo di monitoraggio fiscale); d’altro canto d’ora in poi emergerà un obbligo informativo dettagliato e specifico in capo ai soggetti prestatori di servizi di intermediazione di monete virtuali.

La tassazione di redditi diversi

L’introduzione nella categoria dei “redditi diversi” rappresenta la modifica di natura legislativa dall’impatto fiscale maggiore per quanto riguarda le monete virtuali. Tali strumenti infatti, da tempo equiparati a valute estere, vengono ora trattati fiscalmente quale strumento finanziario regolarmente quotato (sia che si tratti di una valuta estera piuttosto che di un’azione oppure di un’obbligazione).

La tassazione di questi mezzi di pagamento digitali avviene quando concretamente si materializza una plusvalenza oppure tramite le attività parallele che tali strumenti possono fornire (si pensi all’attività di mining e/o a quella di staking) L’Aspetto di cambiamento radicale rispetto all’impianto normativo pregresso risulta essere il meccanismo di tassazione di tali strumenti. Prima della riforma, la tassazione maturava esclusivamente se la detenzione di tali strumenti avveniva per almeno 7 giorni consecutivi lavorativi per un importo superiore 51.645,69 Euro, ora, a parte una no tax area di 2.000 Euro (su cui restiamo in attesa di opportuni chiarimenti), le plusvalenze maturate sono interamente assoggettate a una tassazione pari al 26% (come appunto tutti gli strumenti finanziari).

Le plusvalenze

Le plusvalenze soggette a tassazione, che nascono dalla differenza tra il corrispettivo percepito in fase di vendita e il valore corrisposto in fase di acquisto, maturano in tre casistiche ben definite:
– Utilizzo della valuta digitale per l’acquisto di un bene o di un servizio;
– Utilizzo della valuta digitale per acquisto di un NFT;
– Utilizzo della valuta digitale per l’acquisto di Moneta FIAT (Monete in corso legale come Euro, Sterlina e Dollaro).

In caso di permuta tra due valute digitali non emerge una plusvalenza quindi non vi è il presupposto impositivo della tassazione. In un quadro di oggettiva difficoltà valutativa di tali strumenti, dovuto all’estrema volatilità nel quale si trova il mercato delle valute digitali e alla poca trasparenza contabile delle piattaforme che scambiano tali strumenti, il legislatore ha voluto inserire tra i requisiti per il riconoscimento del valore di acquisto dell’attività quegli elementi che siano “certi e precisi”. Tale richiesta però non risulta assolutamente coerente con quanto le piattaforme operative rilasciano in termini di materiale documentale, infatti molto spesso il rilascio di documentazione non è in linea (con riguardo dei dati) con quanto richiesto in sede dichiarativa dall’amministrazione fiscale italiana.

Novità: imposta sostitutiva 14%

Per stabilire concretamente, in un portafoglio di criptovalute, il conseguimento di una plusvalenza oppure di una minusvalenza, a decorrere dal 01.01.2023 è possibile determinare il valore di acquisto o valore normale (su cui faremo una piccola digressione successivamente) come valore iniziale per il calcolo di eventuali plusvalenze maturate o di minusvalenze subite, ciò è possibile mediante il versamento di un’imposta sostitutiva pari al 14%.

Il calcolo con il quale le criptovalute possono essere affrancate viene stabilito ai sensi dell’articolo 9 del TUIR, in particolar modo tramite quanto stabilito nella lettera c del comma 4: “per le obbligazioni e gli altri titoli diversi da quelli indicati alle lettere a) e b), comparativamente al valore normale dei titoli aventi analoghe caratteristiche negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri e, in mancanza, in base ad altri elementi determinabili in modo obiettivo”.

Attenendoci a quanto stabilito dal legislatore possiamo affermare come i documenti rilasciati dalle piattaforme debbano rappresentare in modo più preciso possibile che l’elemento, nel nostro caso la criptovaluta, venga analizzato in modo obiettivo in coerenza con i valori di mercato. Tale imposta sostitutiva deve essere versata:
– in unica soluzione entro il 30 giugno 2023;
– In modalità rateale, l’importo verrà aggravato di interessi pari al 3%
L’importo può anche essere compensato mediante il credito in F24

Criptovalute e IVAFE

Essendo le criptovalute, sempre a decorrere dal 1.01.2023, equiparate a strumenti di natura finanziaria, la detenzione di tali strumenti comporterà assolvimento dell’imposta di bollo. Il contribuente, come nel caso in cui fosse titolare di un conto deposito titoli estero, sarà tenuto al versamento dell’imposta IVAFE (Imposta sul valore delle attività detenute all’estero) pari al 2 per mille del valore nominale del valore delle criptovalute.

Conclusioni

Le criptovalute da poco hanno incontrato una normativa fiscale stabile e maggiormente chiara. Non si può dire lo stesso dal punto di vista giuridico in quanto né il TUB (Testo unico bancario, responsabile della legislazione dei servizi di pagamento) né il TUF (Testo unico di intermediazione finanziaria, responsabile della regolamentazione dei servizi finanziari e degli strumenti finanziari) hanno intrapreso una revisione legislativa per fornire un quadro chiaro e preciso circa la natura di tali strumenti.

Allo stato attuale quindi, possiamo affermare come le criptovalute abbiano un trattamento fiscale uguale a quello degli strumenti finanziari ordinari (sia quando l’investimento è supportato da un intermediario italiano sia quando viene effettuato da una piattaforma estera); la differenza sostanziale è che ad oggi l’investitore di criptovalute non gode delle tutele previste dagli organi di vigilanza, come Consob e la Banca d’Italia, che vigilano il mercato per una sorveglianza mirata alla conservazione dei capitali e degli investitori.

A cura di Carolina Casolo