Le considerazioni della Banca d’Italia sulla riforma della tassazione sulle rendite finanziarie

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La Banca d’Italia è stata audita in Commissione Finanze della Camera sulla delega al Governo per la riforma del sistema tributario. 

In termini di inquadramento generale si sottolinea come il nostro Paese ha bisogno di un’ampia e organica riforma fiscale.  Nel corso degli anni sono state introdotte nuove forme di tassazione ed è stato progressivamente definito un complesso insieme di agevolazioni e di esenzioni, nell’assenza di un disegno organico e con indirizzi non sempre coerenti. Sarebbe perciò preferibile d’ora in poi evitare ulteriori interventi frammentari e adoperare piuttosto l’occasione fornita da un DDL di riforma per tenere conto delle interconnessioni esistenti tra i vari elementi del sistema tributario e tra questi e gli istituti del sistema di welfare. Occorre poi tenere conto del contesto economico e normativo in cui la riforma viene a collocarsi con particolare attenzione all’elevato peso del nostro debito pubblico. Esso impone la necessità di conseguire e mantenere nel tempo significativi avanzi primari, per cui a fronte di qualsiasi riduzione nelle entrate pubbliche vanno individuate coperture adeguate, strutturali e credibili

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Concentrando la attenzione sulla armonizzazione della disciplina dei redditi finanziari contenuta nella delega, si ricorda come viene creata un’unica categoria destinata a ricomprendere le due tipologie attualmente distinte di redditi di capitale e redditi diversi, con possibilità di compensare minusvalenze e perdite non soltanto con plusvalenze e altri redditi diversi di natura finanziaria, ma anche con i proventi attualmente ricompresi nella categoria dei redditi di capitale (quali, ad esempio, interessi e dividendi); inoltre, si prevede la deducibilità di costi e oneri inerenti ai redditi finanziari. L’applicazione del prelievo dovrà avvenire sempre in base al principio di cassa; sarà basata su un’imposta sostitutiva di Irpef e addizionali sul risultato complessivo netto realizzato, da liquidare in sede di dichiarazione annuale dei redditi, con possibilità di riporto delle eccedenze negative. Viene in ogni caso confermata la possibilità, già oggi prevista, di optare per un regime semplificato di riscossione dell’imposta attraverso intermediari autorizzati. 

Il superamento della distinzione tra redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria, viene sottolineato, rappresenta indubbiamente un passo significativo, che  consentirà maggiore neutralità della tassazione rispetto alle modalità di investimento. Al contempo, per minimizzare i possibili riflessi sul gettito e i rischi di elusione dovranno essere previsti adeguati presidi. 

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Un esempio potrebbe essere quello di porre limiti alla compensazione delle minusvalenze, di tipo quantitativo o per tipologia di strumenti da cui i proventi derivano, analoghi a quelli previsti in altri paesi. In alcuni dei principali paesi europei sono già previste possibilità di compensazione “eterogenea”: in Spagna, la minusvalenza eccedente dalla compensazione tra redditi diversi può essere utilizzata in compensazione con interessi e dividendi, ma solo fino al 25 per cento di questi; in Germania, le minusvalenze su azioni possono essere compensate solo con i dividendi. 

L’adozione generalizzata del principio di cassa prevista dal DDL comporterà modifiche al regime di tassazione delle gestioni individuali e, presumibilmente, dei rendimenti delle forme pensionistiche complementari, che rappresentano attualmente gli unici casi in cui il prelievo si basa sul principio di maturazione inoltre, si prospetta la tassazione agevolata dei redditi conseguiti dagli enti di previdenza obbligatoria. 

Rispetto alle forme di previdenza complementare, le modifiche non vanno nella direzione di allineare il sistema italiano a quello prevalente negli altri paesi europei, che prevede l’applicazione del prelievo solo all’atto dell’erogazione delle prestazioni (cd. sistema EET). Sotto questo profilo, quindi, esse non rimuoverebbero uno dei principali ostacoli fiscali alla portabilità delle forme di previdenza complementare in ambito europeo. Con riferimento al livello del prelievo, viene esplicitamente confermato il trattamento di favore riservato ai titoli pubblici, che come noto non rappresenta la regola nella maggioranza dei paesi europei .

Il DDL non affronta poi il tema del coordinamento tra l’imposizione sulle società e quella in capo al socio, con riguardo alla doppia tassazione dei dividendi e delle plusvalenze su partecipazioni. Il mancato coordinamento tra i diversi livelli di prelievo sugli investimenti nel capitale di rischio (redditi della società, redditi e patrimonio del socio) determina effetti negativi sul costo del capitale per le imprese. 

Il DDL prevede infine la “razionalizzazione della disciplina in materia di rapporti finanziari basata sull’utilizzazione di tecnologie digitali”. Tenuto conto della normativa recentemente introdotta con la legge di bilancio per il 2023, sarebbe utile che in questa parte i criteri di delega fossero declinati in modo più specifico, chiarendo a quali ambiti di intervento si faccia riferimento.