Rischi e opportunità dei mercati post-vacanze

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In considerazione di politiche monetarie via via più restrittive su entrambi i lati dell’Atlantico, per diversi mesi abbiamo puntato sul potenziale di reddito offerto dal comparto obbligazionario in attesa che si delineasse più chiaramente l’impatto dei tassi più alti sulla crescita e sull’inflazione.

In particolare, abbiamo monitorato con attenzione l’andamento degli utili aziendali, che venivano attesi in calo, e gli effetti della diminuzione dei salari reali, cioè al netto dell’inflazione. A posteriori possiamo dire che l’impatto dei rialzi dei tassi è stato meno traumatico di quanto ci si attendesse. Negli ultimi mesi sono giunte sempre più conferme che l’inflazione sta scendendo a livelli abbastanza bassi da consentire alla Federal Reserve (Fed) e, in prospettiva, alla Banca centrale europea di non dover alzare i tassi ancora di molto e che l’economia è abbastanza robusta da evitare una recessione a breve termine, nonostante l’impatto della stretta monetaria non si sia ancora
manifestato appieno.

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Negli Stati Uniti più che in Europa, l’economia è rimasta vivace. Diverse aree dell’economia tradizionalmente sensibili all’andamento dei tassi, tra cui immobiliare e auto, hanno subito qualche contraccolpo, ma senza registrare crolli. Tutti questi fattori fanno pensare a un «atterraggio morbido» dell’economia.

A questo punto la probabilità di una recessione negli Stati Uniti appare bassa. Qualche difficoltà in più la potrebbe incontrare l’Europa, come evidenziato dagli ultimi indicatori riguardo ai servizi e dalla frenata tedesca. Sinora gli utili aziendali sono scesi meno del previsto, mentre i dati economici superiori alle attese e l’entusiasmo nei confronti dell’intelligenza artificiale hanno dato impulso alle valutazioni azionarie, soprattutto negli Stati Uniti. Le valutazioni intese come rapporto prezzo/utili appaiono elevate in alcuni segmenti ad alta crescita e potrebbero andare incontro a una flessione, che sarebbe probabilmente compensata dall’andamento di altri settori in un contesto di diminuzione dei tassi d’interesse.

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La crescita cinese ha invece deluso le attese dall’inizio dell’anno, ma le recenti conferme riguardo alla volontà di procedere con stimoli mirati per i settori più in difficoltà, come l’immobiliare, dovrebbero consentire di evitare impatti significativi per l’economia globale.

Nel complesso le prospettive di rischio e rendimento delle azioni ci sembrano quindi più equilibrate e, cogliendo l’occasione di una mini-correzione dei mercati azionari nella prima metà di agosto, abbiamo aumentato l’esposizione riportandoci in una posizione di neutralità. Ovviamente ci sono molti fattori di rischio che potrebbero portare a una rapida discesa delle borse, a partire dalla complessa situazione geopolitica o da un’inflazione che dovesse rivelarsi più ostinata; d’altra parte, l’economia potrebbe continuare a sorprendere in positivo e l’euforia sull’intelligenza artificiale potrebbe continuare.

Abbiamo una preferenza per le società, i settori e le aree che hanno sottoperformato i mercati da inizio anno. Per esempio il settore dell’energia, in considerazione del miglioramento del quadro economico e dell’aumento atteso del prezzo del petrolio. Siamo positivi anche sui beni di prima necessità, le utility e i titoli industriali.

Restiamo positivi sulle obbligazioni; in particolare ci concentriamo sulle obbligazioni di buona qualità che, a fronte di un profilo di rischio abbastanza contenuto, offrono i prezzi più bassi da vari decenni. Ci attendiamo che i rendimenti dei Treasury statunitensi a 10 anni scendano al 3% entro metà del prossimo anno, dall’attuale livello di circa il 4,3%, poiché il mercato inizierà a scontare l’avvio dell’allentamento monetario della Fed dall’anno prossimo. Abbiamo invece ridotto il giudizio sulle obbligazioni dei Paesi emergenti per via della riduzione degli spread.

Per quanto riguarda le valute, continuiamo a rimanere cauti sul dollaro e a considerare l’euro sottovalutato. Dato che l’inflazione sta scendendo più velocemente negli Stati Uniti che nella zona euro, ci sembra probabile che i tassi statunitensi siano più vicini al picco di quelli europei. Inoltre, riportiamo lo yen a una posizione neutrale perché non vediamo più eventi che potrebbero spingerlo a breve, anche in considerazione dei rendimenti molto al di sotto di quelli del dollaro e dell’euro. Tuttavia, occorre sempre ricordare la natura difensiva dello yen che, essendo spesso utilizzato come valuta di finanziamento per investire su altri mercati, viene riacquistato in presenza di forte volatilità e di chiusure repentine delle posizioni.