Tassazione degli extra-profitti. A che punto siamo?

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Intervistato dal Il Sole 24 Ore, il presidente dell’Autorità per la concorrenza, Roberto Rustichelli, ha spiegato che “se le banche restituissero ai loro depositanti il 40% del tasso (3,75%) che la Bce gli riconosce, quindi l’1,5%, questo si tramuterebbe in uno spread dell’1,1% rispetto al tasso medio di interesse attualmente riconosciuto ai correntisti. A consumatori, imprese, onlus, enti previdenziali resterebbero quasi 11 miliardi”. Ma prudentemente aggiunge: “Un presidente di un’autorità Antitrust non può commentare extra-profitti delle banche, nella tutela della sua indipendenza e nel rispetto delle competenze che la Costituzione dà a governo e Parlamento”. 

Comunque la stoccata finale c’è: “Durante il 2022 oltre la metà delle famiglie ha eroso i propri risparmi e al forte aumento dei tassi praticati a famiglie e imprese per i prestiti bancari non è seguito un corrispondente aumento dei tassi di interesse riconosciuti ai depositanti. La stessa presidente della Bce Christine Lagarde, ha evidenziato l’esigenza di un dialogo tra banche e clientela che porti a una maggiore remunerazione dei depositi e dei risparmi. Ciò si rende particolarmente necessario anche alla luce del fatto che, nel corso del 2022, oltre la metà delle famiglie (55,5%) ha eroso i propri risparmi a causa dell’aumento generale dei prezzi”.

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Il Sole 24 Ore

Il margine di interesse delle banche nel 2022 è stato di 45,5 miliardi: il più alto di sempre. Ma ora sembra un’inezia rispetto a quello in formazione nel 2023, destinato a chiudere attorno ai 65 miliardi di euro. Un incremento annuale di 20 miliardi che confermerebbe gli elevati vantaggi capitalizzati dalle banche con l’aumento dei tassi gestito a due velocità. Non a caso, da più parti si è parlato di equità da ripristinare e di tutela dei clienti.

L’imposta straordinaria, quindi, secondo quanto riporta il quotidiano finanziario, sarebbe letta come una sorta di penale per il ritardo accumulato dalle banche nel remunerare più adeguatamente i depositi. Soprattutto le giacenze dei conti correnti, il cui tasso medio si è fermato a giugno allo 0,36% (era pari a 1,59 e 1,83% negli anni 2007 e 2008, prima dei tassi negativi). E ciò nonostante i 1.336 miliardi depositati sui conti rappresentino il 67% della raccolta bancaria da residenti e siano utilizzati per la metà nei finanziamenti alla clientela e per il rimanente in altri investimenti, titoli compresi (nell’ultima asta il rendimento lordo dei bot con durata residua di 5 mesi è stato del 3,829%). Ci sarebbe da chiedersi, allora, se nel dibattito apertosi sulle modifiche da apportare al decreto, il legislatore possa anche trovare il modo di tutelare i correntisti.

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UniCredit

Il Ceo di UniCredit Andrea Orcel ha dichiarato al quotidiano  Il Messaggero “Su questo provvedimento è in corso una discussione interna alla maggioranza e un confronto governo-Abi” E ha concluso: “Giusto attendere l’esito del percorso parlamentare”. Gli aspetti sui quali richiama l’attenzione sono:

I tassi d’interesse: “Oggi sono in linea con il passato. L’eccezione è stata piuttosto quella dell’ultimo decennio, con i tassi negativi che comprimevano artificialmente i livelli di profitto delle banche”. I conti correnti “sono uno strumento di servizio”, a fronte dei quali ci sono diversi altri prodotti che le banche offrono ai clienti, dando loro la possibilità di “beneficiare di tassi di interesse ben più elevati”. Senza dimenticare il sostegno che le banche hanno dato ai “clienti più vulnerabili”. E conclude “UniCredit ha destinato 10 miliardi per ridurre i mutui e sostenere i prestiti in questo momento molto complesso”.

Anche su altri punti ha le idee molto chiare: “Puntiamo forte sui giovani per la trasformazione digitale”. Ottimista per la crescita dell’Italia: “L’inflazione scende, il Paese è resiliente”

Illimity

Anche il parere di Corrado Passera CEO di Illimity, pubblicato qualche giorno fa, era lapidario: “Sparando, come si sta facendo, nel mucchio, il rischio paradossalmente è quello di scoraggiare il credito alle piccole e medie imprese e alle famiglie”. E aggiungeva “In questi due anni le banche italiane hanno aumentato i volumi di finanziamenti all’economia reale, mantenendo inalterato lo spread, adeguando la remunerazione dei depositi, compresa la giacenza a vista”.

Confindustria

Ancora più duro il commento del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi “Nei miei libri di studio non ho mai letto la parola extraprofitti, come non ho mai letto le parole extraperdite ed extrapareggi … Si sta parlando di margine operativo lordo. Già dire che si va a fare una tassa su una riga di bilancio, più che tassa la chiamerei prelievo forzoso. E aggiunge un allarme investimenti: “Per rimanere competitivi sui mercati internazionali noi abbiamo bisogno d’investire. Negli ultimi cinque trimestri siamo scesi allo 0,8% degli investimenti, abbiamo necessità assoluta d’investire per agganciare le transizioni”.

I titoli di Stato

La tassa sugli extraprofitti delle banche non dovrà in  alcun modo toccare i titoli di Stato detenuti dalle banche. Va in questa direzione uno dei filoni degli emendamenti che le forze parlamentari si apprestano a presentare per rivedere il prelievo del 40% sugli extramargini ottenuti dalle banche, inserito nel decreto Asset strategici in discussione al Senato.