Il soft landing può resistere alla Fed?

Simona Mocuta, Chief Economist di State Street Global Advisors -
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Il “dot plot” del FOMC di settembre evidenzia un taglio dei tassi di appena 50 punti base nel 2024. Ciò ha ampliato il divario tra le indicazioni rilasciate dalla Fed su ciò che intende fare l’anno prossimo e ciò che, secondo noi, dovrebbe invece fare. A nostro avviso, il rallentamento dell’inflazione giustifica un taglio dei tassi più aggressivo ma temiamo che l’eccessiva fiducia nello scenario di soft landing possa trasformare l’atterraggio morbido stesso in un fattore molto meno positivo.

L’economia statunitense ha dimostrato un grado di resistenza sorprendente di fronte all’aumento dei tassi di interesse. Considerando che quello attuale è il ciclo di restrizione monetaria più aggressivo degli ultimi decenni, è sorprendente che finora non si sia assistito ad una maggiore contrazione dell’economia. L’attuale incognita riguarda la capacità della Fed di far sì che il soft landing duri a lungo.

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È nato un accesso dibattito non solo su quanto Fed dovrebbe aumentare i tassi nel breve periodo, ma anche sul tasso neutrale (ossia il tasso che permette alla politica monetaria di non essere è né accomodante né restrittiva). Infatti, ci si chiede se il tasso neutrale è salito e, se sì, in quale misura.

Da parte nostra, operiamo una distinzione concettuale tra un lento sviluppo degli effetti della politica monetaria dovuta a fattori esogeni temporanei e un rialzo del tasso neutrale.

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Politica monetaria restrittiva ma dall’impatto ridotto

A nostro avviso, l’attuale orientamento della politica monetaria statunitense è altamente restrittivo. Tuttavia, l’impatto di tali decisioni è stato attenuato da alcuni fattori, quali l’eccesso di risparmio residuo, la natura a tasso fisso del mercato dei mutui statunitensi, i ritardi nel rifinanziamento del debito corporate (ossia l’assenza di un “ostacolo” immediato per il rifinanziamento) e la sostanziale spinta fiscale persistente.

È vero che, nella misura in cui i fattori esogeni rallentano la trasmissione dell’inasprimento della politica monetaria, l’implicazione de facto è che la Fed debba spingere al rialzo i tassi di interesse per raggiungere l’auspicato dampening effect sulla domanda.

In altre parole, al momento, quando i tassi sono in rialzo, non ha importanza se tali incrementi vengono effettuati in base agli effetti tardivi della politica monetaria o sulla base di un tasso neutrale più elevato. Tuttavia, questa distinzione ha importanti implicazioni pratiche nella fase di taglio dei tassi del ciclo economico.

Considerare i fattori esogeni per la flessibilità delle politiche monetarie

A nostro avviso, riconoscere i fattori esogeni come variabili chiave che influenzano l’intensità dell’impatto dei tassi di interesse elevati dovrebbe rendere la politica monetaria più flessibile, dal momento che consente di reagire più rapidamente ad eventuali variazioni di questi fattori.

Ciò significa che, se i policymaker ritengono che il tasso neutrale abbia subito solo un lieve cambiamento, è preferibile rispondere abbastanza rapidamente al miglioramento dei dati sull’inflazione quando i fattori che rallentano gli effetti delle decisioni di politica monetaria perdono spinta. A sua volta, ciò riduce il rischio che la politica monetaria venga mantenuta a livelli eccessivamente restrittivi per un periodo di tempo più lungo del necessario.

I tagli dei tassi preventivi sono giustificati per sostenere un soft landing

Per garantire che il soft landing permanga, riteniamo che la Fed debba preventivamente calibrare un taglio dei tassi di interesse quando l’inflazione si ridurrà nel 2024. A nostro avviso, i fattori che attualmente rallentano la trasmissione degli effetti della politica monetaria negli Stati Uniti si attenueranno, sicuramente non da un giorno all’altro, ma nei prossimi trimestri. Quando ciò accadrà, i tassi più elevati, i cui effetti finora sono stati minimi, cominceranno davvero ad essere percepiti in maniera accentuata.