“Unannounced – the other voices of silences”: l’arte che da voce al silenzio

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Si è svolta all’interno dello spazio Lampo, allo Scalo Farini di Milano, dal 29 settembre all’8 ottobre, la mostra d’arte Unannounced – the other voices of silences, organizzata dall’Art Advisory Mattia Pozzoni, a cura di Marta Orsola Sironi. Quindici giovani artisti emergenti, collocati tra Italia e Regno Unito, sono stati scelti accuratamente per affrontare, attraverso i contenuti che intendono trasmettere le loro opere, la delicata questione dell’assenza – e del silenzio – delle persone emarginate. Per secoli, le categorie sociali che non appartengono al paradigma “eteronormativo bianco eurocentrico”, come le comunità LGBT o i migranti, sono state messe violentemente a tacere, lasciando inascoltate le loro voci.

Lo scopo funzionale della mostra è stato proprio questo: dare voce ai soggetti esclusi dalla vita sociopolitica.

Le realizzazioni artistiche presenti alla mostra sono frutto di una ricerca intellettuale molto valida, dal contenuto profondo. Offrono al pubblico la possibilità di analizzare la condizione attuale del mondo da punti di vista differenti, ed è proprio questo il potere dell’arte in generale. Riconoscere altre forme di soggettività ci mette nella condizione di guardare alla storia della costruzione della “personalità moderna” da una prospettiva esterna.

Artisti come Nicole Colombo, Hannah Lim, Filippo Gualazzi o Sidney Westenskow, solo per citarne alcuni, affrontano i temi cruciali che mettono in discussione lo status quo.

Adelisa Selimbšić, per esempio, mira a creare un mondo in cui il senso di inadeguatezza non esiste, permettendo una percezione non convenzionale del corpo attraverso il gioco di scene di vita quotidiana. Con l’uso della semplicità del corpo, Adelisa trasmuta l’idea di femminilità, concentrando la sua ricerca sulle complessità umane.

Il lavoro di James Cabaniuk, invece, è guidato dal bisogno di liberare il trauma personale dalla vergogna e di esplorare l’identità queer, in chiave ironica.La pratica di Katie Tomlison si concentra altresì sulle esperienze legate alle donne e sulle intricate dinamiche delle connessioni umane, riflettendo sulle strutture di potere e sulla vulnerabilità, sulle sfumature di consenso, scambio e desiderio.

O ancora: i dipinti a olio di Kat Giordano analizzano le problematiche sociali legate alla violenza passiva implicita e all’intrappolamento sperimentato nei sobborghi.

Insomma, i diversi approcci artistici sollevano discorsi critici sulle problematiche politiche e sociali dei nostri tempi storici.

Stiamo assistendo ad una progressiva apertura del settore artistico ai soggetti emarginati, anche se l’ambiente culturale rimane ancora classista quanto basta da ritenere che la strada da percorrere verso lo sradicamento di pregiudizi endemici sia ancora molto lunga. Sono battaglie d’identità complesse e l’arte può aiutarci a vedere le cose, a mettere in luce i problemi. L’arte è il mezzo per aprire gli occhi alla consapevolezza, per svegliare le masse dal torpore contemporaneo e dare vita al cambiamento.