3 ragioni per ripensare la propria allocazione alle infrastrutture

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Gli investimenti in infrastrutture sono da sempre considerati una fonte di rendimenti stabili e protetti dall’inflazione. Data la natura quasi monopolistica delle società infrastrutturali e la domanda anelastica dei loro servizi, gli asset infrastrutturali (come le utility) mantengono infatti generalmente margini di profitto relativamente costanti, anche in periodi di inflazione.

Tuttavia, l’evoluzione del panorama globale, caratterizzato da sfide come il cambiamento climatico, i rapidi progressi tecnologici e l’evoluzione della società, sta determinando un cambio di paradigma. Le esigenze infrastrutturali globali non sono più le stesse del passato. Gli investimenti in infrastrutture, quindi, devono essere ripensati. Diversi fattori sottolineano la necessità per gli investitori di rivalutare la loro allocazione a questo settore chiave.

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1) Cambiamento climatico e disruption tecnologica

Una sfida significativa, per gli investitori, è rappresentata dalla percezione del rischio di questo settore. Per quasi 50 anni, il tipico calcolo del rischio ha suddiviso gli asset infrastrutturali in categorie a “basso rischio” e ad “alto rischio”. Oggi questa situazione viene stravolta da diversi fattori, che vanno dal cambiamento climatico all’innovazione tecnologica. Ciò rappresenta un problema per chi ha un’esposizione infrastrutturale non adatta ai tempi odierni.

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Pensiamo, per esempio, a come un evento atmosferico estremo – come un’ondata di calore, un uragano o un’alluvione – possa rappresentare una minaccia significativa anche per asset tradizionalmente considerati sicuri. Oppure, ai rischi a cui si trovano di fronte infrastrutture come oleodotti e gasdotti a causa della transizione energetica. Guardando ancora oltre, proviamo a immaginare la disruption a cui potrebbero essere sottoposte le ferrovie per il trasporto merci con l’avvento dei camion elettrici completamente autonomi. Questi pericoli e incertezze, in continua evoluzione, obbligano gli investitori a valutare criticamente se la loro attuale allocazione è pronta per le sfide future.

2) Il crescente gap infrastrutturale

La crescente divaricazione tra la domanda e l’offerta di infrastrutture nel mondo è fondamentale per comprendere la sfida globale che abbiamo di fronte. Questo gap aumenta di circa 1.000 miliardi di dollari all’anno, ed è un fenomeno presente non solo nei Paesi in via di sviluppo – come si potrebbe pensare – ma anche in quelli sviluppati. I governi svolgono un ruolo cruciale nell’affrontare questo divario, e infatti si stanno muovendo con grandi investimenti (si pensi all’Infrastructure Investment and Jobs Act negli USA).

Ma, sebbene le iniziative governative siano fondamentali, il ruolo dei capitali privati non può essere sottovalutato. In genere, i finanziamenti privati tendono a confluire verso attività a basso rischio nei Paesi sviluppati. Tuttavia, esempi positivi come il Vietnam e il Cile dimostrano come iniziative governative appropriate possano incoraggiare il flusso di capitali anche nelle infrastrutture dei Paesi in via di sviluppo. L’enorme bisogno in tutto il mondo evidenzia quindi come oggi le infrastrutture rappresentino un’opportunità globale e di lungo termine.

3) L’espandersi della definizione di infrastrutture sostenibili

Molti investitori pensano che le infrastrutture “sostenibili” si limitino all’energia pulita e poco altro. In realtà, queste comprendono anche i sistemi di trasmissione e distribuzione, le tecnologie di monitoraggio, il controllo dell’inquinamento, le smart grid e molto altro. Ma, se usiamo come orizzonte gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG – Sustainable Development Goals) delle Nazioni Unite, la prospettiva deve ampliarsi ulteriormente. Le infrastrutture hanno infatti un impatto su tutti gli SDG, a volte indirettamente ma spesso direttamente. Soprattutto nel mondo emergente, sviluppare le infrastrutture di base è fondamentale per raggiungere gli obiettivi ambientali e sociali.

Questa influenza si estende dunque oltre i settori convenzionalmente ritenuti “sostenibili” come le energie rinnovabili o l’acqua, per includere ad esempio le infrastrutture di trasporto (come porti e aeroporti) e relative alla digitalizzazione (torri, data center etc.), che svolgono ruoli cruciali nello sviluppo economico e nel raggiungere l’equità sociale. Oggi è necessaria una visione più ampia degli asset infrastrutturali, che abbracci il loro ruolo fondamentale nel raggiungere gli obiettivi di sviluppo globale.

Conclusione

Il panorama degli investimenti in infrastrutture sta subendo una trasformazione significativa. La vecchia dicotomia tra asset infrastrutturali “sicuri” e “rischiosi” non regge più sotto la pressione dei cambiamenti climatici e dell’avanzamento tecnologico. Al contrario, l’investitore di oggi deve guardare a soluzioni sostenibili e innovative, che affrontino le urgenti carenze infrastrutturali in tutto il mondo e anticipino le future esigenze della società.

In definitiva, ripensare i portafogli infrastrutturali non è solo una questione di gestione del rischio, ma anche di investire in un futuro più equo e resiliente. La nuova era degli investimenti infrastrutturali richiede un mix di visione, adattabilità e impegno verso l’ambiente e la società, che definirà il successo dei portafogli e il progresso delle comunità di tutto il mondo.