Le “Italian Champions”, i titoli italiani meglio performanti

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Le eccellenze italiane crescono, ma vanno sostenute. L’analisi dei titoli italiani meglio performanti degli ultimi 10 anni evidenzia alcuni elementi di continuità rispetto a 5 anni fa (trend di crescita di ricavi vicina al 10% CAGR, miglioramento dei margini, presenza in settori diversificati, alta propensione all’export e all’M&A, azionista di riferimento di matrice familiare/imprenditoriale) e altri di cambiamento (capitalizzazione più elevata oggi, riduzione delle quote di controllo degli azionisti di riferimento, più ampio ricorso a canali di finanziamento non bancario). Permangono criticità legate alla bassa liquidità delle mid caps, ed è emersa una compressione delle valutazioni, sia in valore assoluto che rispetto ai peers internazionali, un segnale d’allarme della diminuita capacità dei mercati dei capitali domestici di sostenere i propri campioni nazionali. Contro questa tendenza sono state proposte alcune azioni urgenti nel Manifesto per lo Sviluppo dei Mercati dei Capitali in Italia, promosso da Equita, Assonime, Università Bocconi e Borsa Italiana.

Sono 40 i titoli italiani con capitalizzazione superiore a € 1bn che hanno sovraperformato il mercato in questi 10 anni, e vanno da Sesa (+987% di ritorno in 10 anni) a Saras (+126%), sono ben bilanciati tra large caps (21 titoli del FTSE MIB) e smallmid caps (19 del FTSE MID) e vedono una maggiore concentrazione rispetto al mercato dei settori industriale, utilities, consumer e tecnologico. Alcune delle aziende più rappresentative del panel parteciperanno oggi e domani a Milano alla conferenza dedicata alle Italian Champions (Amplifon, Banca Mediolanum, Buzzi, De Longhi, Interpump, Mediobanca e Prysmian). Avremo inoltre 3 aziende (Fineco Bank, Lottomatica e Technogym) che, pur non avendo ancora 10 anni di quotazione e non essendo quindi presenti nel panel, rappresentano eccellenze italiane nei loro settori di riferimento.

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Come sono cambiate le Italian Champions negli ultimi 5 anni

Abbiamo analizzato in particolare come sono cambiate le caratteristiche delle prime 10 aziende del paniere di oggi (Sesa, Reply, Stellantis, MOL, STM, Amplifon, Recordati, Interpump, TIP ed ERG), rispetto a 5 anni fa, quando avevamo condotto la nostra prima analisi sulle Italian Champions. Dall’analisi emerge che:

1. La capitalizzazione media del paniere è decisamente salita (circa € 12bn, quasi triplicata rispetto ai € 4bn del 2018) con una presenza di grandi gruppi che erano assenti nel 2018 (la capitalizzazione più elevata nel 2018 era inferiore a € 10bn contro i € 55bn di oggi).

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2. La maggioranza dei titoli (60%) è trattata ora sul FTSE MIB, rispetto al 40% nel 2018.

3. Il portafoglio vede l’ingresso di titoli del settore delle energie rinnovabili (ERG) che non erano presenti nel 2018 e una forte espansione dei titoli legati alla tecnologia (oltre a Reply, che si conferma nel paniere, sono entrate anche Sesa, STM e una fintech come MOL). Si confermano player come Recordati e Amplifon legati al settore healthcare. Entrano due industriali come Interpump (molto vicina alla soglia nel 2018) e Stellantis (capace di realizzare un’operazione transformational nel 2019 tale da rafforzarne il posizionamento competitivo e supportarne la performance) al posto di altre due industriali come Brembo e IMA (uscita dal mercato). Entra nel panel infine TIP, un operatore finanziario da sempre focalizzato in investimenti in titoli di eccellenza e che rispetto al 2018 ha ora ampiamente superato la barriera di € 1bn di capitalizzazione.

4. I titoli del paniere hanno registrato mediamente una crescita dei ricavi del 9% CAGR e degli utili del 24% CAGR nel decennio, confermando una forte vocazione all’export, che rappresenta mediamente oltre il 60% dei ricavi.

5. Si conferma una prevalente connotazione imprenditoriale/familiare per le aziende del paniere (8 su 10 hanno come azionista di riferimento l’imprenditore o la famiglia di fondatori), ma in strutture di controllo meno rigide, visto che oggi solo nel 30% di queste aziende l’azionista di riferimento detiene almeno la metà del capitale, percentuale che sale al 50% se guardiamo ai diritti di voto, grazie all’ampia adozione di azioni a voto maggiorato (presenti in 6 casi su 10). Nel 2018 le aziende del panel che avevano un azionista di riferimento sopra il 50% del capitale erano il 90% e 100%.

6. La liquidità dei titoli rimane ancora un tema critico. La media del panel vede una liquidità giornaliera nei primi 9 mesi del 2023 di € 35mn, un numero però fortemente condizionato dalla Stellantis ed STM che hanno scambi medi giornalieri superiori a € 100mn. 6 titoli su 10 del paniere hanno invece scambiato in questo stesso periodo meno di € 10mn al giorno.

7. E’ cresciuta la diversificazione delle fonti di approvvigionamento di credito, con il 60% dei titoli del paniere che ha fatto ricorso al mercato dei capitali contro il 20% nel 2018.

8. E’ rimasto molto diffuso tra le aziende del paniere il ricorso all’M&A: per 9 società su 10 la capacità di acquisire e integrare aziende rappresenta una parte essenziale dei driver di crescita.

9. Nonostante la forte performance degli ultimi 10 anni, le valutazioni sono oggi più compresse rispetto a 5 anni fa, con un multiplo medio del paniere di 15x PE rispetto ai 19x del 2018 e con i singoli titoli che trattano per lo più a sconto rispetto ai titoli comparabili internazionali, sconto che non emergeva invece nel 2018.

CONCLUSIONI

L’analisi delle caratteristiche delle Italian Champions del decennio 2013-2023 ha mostrato alcuni elementi di continuità e altri elementi di cambiamento rispetto a cinque anni fa.

Oggi come allora, le Italian Champions:

– Hanno avuto una capacità di sviluppare i ricavi con CAGR vicini al 10%, ampliando i margini;

– Hanno mantenuto una forte presenza sui mercati esteri;

– Sono state capaci di crescere sia organicamente che via M&A;

– Hanno ancora spesso un azionista di riferimento di matrice familiare/ imprenditoriale che ha nel tempo aumentato il flottante.

Rispetto a 5 anni fa, però, le Italian Champions di oggi:

– Hanno una capitalizzazione mediamente più elevata;

– Vedono prevalentemente un azionista di riferimento con quote di capitale ben inferiori al 50%;

– Hanno fatto più ampio ricorso al mercato dei capitali di debito.

La liquidità rimane una criticità importante per le aziende di minore capitalizzazione, con livelli di scambi medi giornalieri decisamente limitati rispetto alle capitalizzazioni, anche se migliorati rispetto al 2018. È emersa poi una nuova criticità legata alla compressione delle valutazioni delle aziende del panel, sia in valore assoluto che rispetto ai peers internazionali.

In conclusione, possiamo dire che oggi le eccellenze italiane non si trovano più solo nelle piccole e medie capitalizzazioni ma sempre più in gruppi di dimensioni rilevanti e con una governance più aperta al mercato. D’altra parte, la compressione delle valutazioni, sia in valore assoluto che rispetto ai peers internazionali, è un segnale di attenzione per la diminuita capacità dei mercati dei capitali domestici di sostenere i propri campioni nazionali. Oltre allo spirito imprenditoriale e alla propensione alla crescita internazionale, sia organica che inorganica, servono infatti mercati dei capitali efficienti per attrarre le aziende più performanti sul mercato e investitori – giocoforza prevalentemente domestici per le aziende di medio-piccola capitalizzazione – in grado di sostenerne lo sviluppo e la corretta valorizzazione. Questo è uno degli obiettivi principali del recente MANIFESTO PER LO SVILUPPO DEI MERCATI DEI CAPITALI IN ITALIA, promosso da Equita, Assonime, Università Bocconi e Borsa Italiana e sottoscritto da primari attori del sistema finanziario italiano (manifesto per lo sviluppo dei mercati dei capitali).

Il Manifesto propone alcune azioni urgenti che per le società quotate vanno dalla creazione di fondi d’investimento e fondi di fondi dedicati alle PMI quotate, a iniziative di rilancio dello strumento dei PIR e dei PIR alternativi, a iniziative di supporto alla ricerca indipendente sulle piccole medie capitalizzazione, a interventi per favorire le IPO e la raccolta di capitali di debito sui mercati.