Fondazione Iannaccone – una partita a scacchi con il tempo

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Dopo più di dieci anni di attività espositiva e curatoriale, dall’esperienza della Collezione Giuseppe Iannaccone, fondata a Milano dall’Avvocato Giuseppe Iannaccone, prende vita la Fondazione Giuseppe Iannaccone Ente del Terzo Settore, che intende non soltanto implementare la propria attività culturale, ma rivolgere anche la propria attenzione a temi di impatto sociale.

La prima volta che sono entrata in studio dall’Avvocato non sapevo bene come comportarmi. Mentre lo aspettavo nella sala riunioni, sotto lo sguardo indagatore di “Senza titolo (Asino)” (2003) di Paola Pivi, cercavo di decidere come presentarmi: curatrice d’arte contemporanea degli spazi indipendenti milanesi o storica dell’arte specializzata in realismo italiano e dopoguerra? Il mio dilemma si risolse poco dopo, quando parlando con l’Avvocato capì perchè non ci fosse alcun bisogno per me di distinguere tra passarto, presente e futuro. Per Giuseppe Iannaccone, infati, queste etichette temporali, se così possiamo chiamarle, potrebbero tranquillamente essere abolite. L’invito è imparare a guardare la storia dell’arte nella sua soluzione di continuità, fuori da scansioni accademiche o “periodi” decisi a tavolino. Metterci invece nelle condizioni di coglierne le stratificazioni e le segrete relazioni amorose, i riferimenti e gli ammiccamenti, pernon parlare delle affiliazioni.

Per farne un esempio, se guardassimo con attenzione “Il falò dei gonfiabili” (2023) di Pietro Moretti e “ I poeti” (1935) di Renato Birolli ci renderemmo conto di come non siano poi così distanti. Forse, come insegnano l’Avvocato e il suo curatore Daniele Fenaroli, se imparassimo a vivere la storia dell’arte con occhi più innamorati e meno didascalici potremmo imparare ad il particolare sapore di un’opera contemporanea come un intenditore fa con il vino: percependo fino in fondo l’aroma di sottobosco della botte e l’asprigno dei frutti rossi  che un tempo usavano corteggiare le uve.

D’altro canto, come scrive Agamben:

Appartiene veramente al suo tempo, è veramente contemporaneo colui che non coincide perfettamente con esso né si adegua alle sue pretese ed è perciò, in questo senso, inattuale; ma, proprio per questo, proprio attraverso questo scarto e questo anacronismo, egli è capace più degli altri di percepire e afferrare il suo tempo.

Il contemporaneo è, dunque, l’intempestivo.

Non è allora un caso che questa neonata Fondazione che per natura vuole essere intempestiva e vuole afferrare il suo tempo e “al contempo” ciò che gli dà forma, abbia aperto glio occhi sulla città con una mostra di Pietro Moretti, uno dei più promettenti talenti della scena italiana che del guardare al tempo ne ha fatto pittura viva.

Dal comunicato stampa di “IN PRATICA 9, IL FALÒ DEI GONFIABILI – PIETRO MORETTI” a cura di Giuseppe Iannaccone e Daniele Fenaroli:

Pietro Moretti sceglie di accostare il suo lavoro alle opere della Collezione anni Trenta, svelando nella propria poetica un’inedita vicinanza ad artisti di generazioni molto distanti dalla sua.

I suoi dipinti a olio e i suoi acquerelli, a cavallo tra quotidiano e fantastico, traggono spunto dall’immaginario delle fiabe per riflettere sull’ambivalenza delle emozioni nelle relazioni intime e sulla complessità del desiderio e dell’identità, in particolare nella mascolinità contemporanea. Attraverso un dialogo tra il figurativo e il non figurativo, il suo lavoro enfatizza le incoerenze e l’incompiutezza goffa della rappresentazione pittorica per interrogarsi sull’inattendibilità delle narrazioni e la porosità tra le realtà psicologiche e quelle fisiche.