Cegos Barometer. Intelligenza Artificiale e ChatGPT hanno iniziato a influenzare le abitudini aziendali

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Cegos Barometer: per 1 HR Manager su 2 l’Intelligenza Artificiale e i Big Data rivoluzioneranno il modo di lavorare e le tecniche di apprendimento

  • Il 63% degli HR Manager sta pensando di utilizzare l’AI per personalizzare i corsi, ma solo il 10% l’ha già impiegata come risorsa formativa.
  • Per far fronte all’accelerazione delle trasformazioni tecnologiche, il rafforzamento delle digital skill è un imperativo per il 42% degli HR internazionali.
  • Per i dipendenti la formazione deve avere 3 caratteristiche fondamentali: essere operativa e direttamente applicabile sul lavoro – soprattutto per gli italiani -, face to face e divertente.

Intelligenza Artificiale e ChatGPT: nell’ultimo anno hanno iniziato a influenzare le abitudini aziendali. Infatti, il 48% dei Responsabili HR individua nell’Intelligenza Artificiale (AI) e nei Big Data e nei nuovi modi di lavorare (40%), i fattori di maggior impatto sull’organizzazione in termini di sviluppo di competenze; a livello Italia viene indicata al secondo posto la transizione ecologica (45% vs 27% INT).

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In particolare, il 74% dei dipendenti (+7 punti rispetto al 2022, 69% ITA) pensa che le attuali sfide della trasformazione (tecnologica, climatica, sociale…) cambieranno il contenuto del loro lavoro, con un terzo di loro (22% ITA) che esprime apprensione riguardo la potenziale scomparsa del proprio impiego.

Tuttavia, sebbene 4 dipendenti su 10 (29% in Europa) dichiarino di sentirsi sopraffatti dalla tecnologia, (+8% rispetto al 2022), il 79% dei lavoratori italiani ha espresso un sentimento contrario. Medesima percezione è condivisa dagli HR Director, i quali ritengono che solo il 14% dei posti di lavoro presenti un rischio di obsolescenza delle competenze nel prossimo triennio (18% INT).

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Allo stesso tempo, per far fronte a questi cambiamenti il 57% dei Responsabili delle Risorse Umane a livello internazionale (38% ITA) intende sostenere i dipendenti nell’aggiornamento delle competenze e assumere nuovi profili (56%, +10% rispetto al 2022, 52% ITA). In Italia lo sviluppo di skill legate ad altre professioni, per la mobilità interna e il ricollocamento, è considerato dal 55% degli HR (50% INT).

Questo impegno prevede al primo posto il potenziamento delle digital skill (42% vs 33% ITA) – l’alfabetizzazione digitale è al primo posto come necessità di forte supporto nelle organizzazioni secondo il 61% degli HR (65% ITA) -, a seguire le soft skill (38%, 37% ITA), con particolare enfasi sull’agilità e l’adattabilità (53%), successivamente il miglioramento delle competenze manageriali (35%, in calo di 4 punti rispetto al 2022, 37% ITA) e di business (29% vs 17% ITA); la transizione ecologia è in fondo all’elenco delle priorità per i prossimi anni.

Gli HR Director sono attratti dall’AI come possibile risorsa per l’azienda: il 63% degli HR Manager prevede, infatti, di utilizzarla per personalizzare i percorsi formativi. Tuttavia, ad oggi solo il 10% di loro 5% ITA) l’ha effettivamente già impiegata come risorsa di apprendimento mentre un 23% del campione non la considera ancora rilevante per la propria organizzazione (32% ITA). 

Dal canto loro, il 31% dei dipendenti (24% ITA) afferma di impiegare o aver già utilizzato strumenti di AI generativa, come ChatGPT, per formarsi; il 40% ha in programma di farlo nel prossimo futuro.

Questi i primi dati del Cegos Observatory Barometer “Transformations, skills and learning” – survey annuale realizzata dal Gruppo Cegos, tra i principali player nel Learning & Development. L’edizione 2023, appena conclusa, ha visto la partecipazione di 5.048 dipendenti e 488 Manager HR, con un campione italiano del 10% per entrambi i target, ed è stata condotta in 9 Paesi tra Europa (Italia, Francia, Germania, Portogallo, Spagna), Asia (Singapore) e America Latina (Brasile, Messico, Cile) su aziende con almeno 50 dipendenti.

Il Barometer fa emergere, in coerenza con quanto rilevato anche negli ultimi anni, l’importanza di adattare le competenze alle sfide della trasformazione digitale. Per realizzare questo obiettivo, è fondamentale spiegare chiaramente il tema, sviluppare abilità pratiche nell’uso delle tecnologie e applicare direttamente queste conoscenze all’operatività aziendale – osserva Alessandro Reati, HR Business Practice Leader di Cegos Italia -. Le soluzioni basate sull’AI iniziano ad apparire come leve nel mondo organizzativo: dovremmo usarle al meglio per amplificare l’impatto della formazione nei processi aziendali. Possiamo essere ottimisti? In parte: la resilienza dimostrata dalle aziende durante la crisi da Covid-19 indica un buon potenziale che però deve essere corroborato da visione strategica, investimenti ed un approccio collaborativo tra direzioni e basi aziendali nel disegno dei percorsi di cambiamento. Nel Barometer si nota, però, anche un elemento che dovrebbe preoccuparci: le competenze per affrontare la transizione ecologica risultano marginali nella lista delle skill prioritarie da supportare e sviluppare. Questo dato potrebbe riflettere le difficoltà che i Manager HR incontrano nel comprendere e integrare appieno questo cambiamento nella strategia di Learning&Development. È una sottovalutazione rischiosa, vista l’attuale crescita della regolamentazione in questo ambito”.

La formazione a misura della persona: subito applicabile, face-to-face ma anche divertente

  • Le 3 caratteristiche che la formazione dovrebbe avere secondo i dipendenti sono: l’utilità sul lavoro (52%, specie in Italia, 67%), face to face e guidata da un formatore (42%, 34% ITA), divertente (33%, 20% ITA).
  • Avvicinare la formazione al lavoro quotidiano e a situazioni reali, è infatti una forte aspettativa e driver di impegno per il 65% dei dipendenti internazionali e italiani; poi conta anche la facilità di accesso al corso (58 % INT, 48% ITA).
  • La richiesta di apprendimento è sempre più pregnante tra i dipendenti: il 51% (+15% vs 2022) si aspetta training on the job sul luogo di lavoro e che sia anche maggiormente interattivo e ludico (41%, + 10% vs 2022, 37% ITA); a livello Italia si chiede anche una varietà più ampia in termini di modalità e formati (43%).
  • Nonostante il 41% degli HR (in calo di 14 punti rispetto al 2022, ma per il 52% degli italiani) incontri difficoltà nel conciliare l’offerta formativa con le esigenze dell’organizzazione, il 47% di loro intende offrire una formazione più personalizzata per rafforzare l’impegno dei lavoratori e adattarsi alle esigenze dei singoli con l’ausilio di metodi variegati (41% INT, 33% ITA).
  • Per gli HR Manager i corsi futuri dovranno essere caratterizzati dalla combinazione di diverse metodologie quali l’apprendimento adattivo (62% ITA vs 46% INT), l’e-coaching nel 45% dei casi (43% ITA) e l’apprendimento sociale (48% ITA vs 41% INT).
  • Data learning1 HR su 4 non utilizza ancora i dati sulla formazione. I restanti tre quarti se ne avvalgono principalmente per migliorare l’esperienza utente (41%, + 4 punti sul 2022), gestire la propria offerta (19%, 32% ITA) e rafforzare la personalizzazione dei percorsi sulla base delle singole esigenze (15%, 12% ITA).

Infine, da rilevare l’aumento di ricerca di significato nel lavoro: l’85% dei dipendenti a livello internazionale (+7% rispetto al 2022) è aperto all’idea di una completa trasformazione di carriera, se potesse portare maggiore senso alla propria vita professionale. Tanto che emerge che il 76% dei rispondenti sarebbe disposto a partecipare a percorsi formativi al di fuori del proprio orario di lavoro.

Supportare le competenze dei lavoratori è necessario per garantire alle aziende la giusta capacità produttiva, ma anche per creare ambienti di lavoro in grado di attrarre e creare soddisfazione quotidiana – conclude Alessandro Reati -. Dall’altro lato, sono proprio i dipendenti stessi ad approcciare proattivamente la formazione, sottolineando quanto l’apprendimento dovrebbe essere concreto, applicabile al lavoro quotidiano nonché in grado di generare integrazione professionale e inclusione sociale”.