Privatizzazioni 2024: futuro industriale a rischio o grande opportunità di ripresa?

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Il Segretario della Cisl Luigi Sbarra dichiara: Siamo contrari ad una stagione di saldi di Stato, che negli anni Novanta ha già creato danni irreversibili ai nostri asset strategici. Penso al settore delle telecomunicazioni o all’agroalimentare. Se l’idea è svendere ulteriori quote di Poste o di altre aziende pubbliche, la Cisl si opporrà”.

Secondo quanto suggerisce il quotidiano L’Indipendente, “Il Governo prepara un nuovo piano di vendita dei gioielli di Stato. La premier ha infatti ribadito che si va verso la privatizzazione di Poste Italiane e Ferrovie, nella prospettiva di ridurre la presenza dello Stato, dove non necessario”. Giorgia Meloni nel corso della conferenza stampa di inizio anno, ha affermato: “Nella Nadef abbiamo stabilito l’obiettivo di 20 miliardi di privatizzazioni nel triennio 2024-2026”.

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“La cessione del 25% del Monte dei Paschi di Siena per circa 900 milioni è stato solo l’antipasto” scriveva già in dicembre Paolo Mazzanti, direttore di InPiù “Le prossime tappe saranno assai più impegnative e stanno già facendo litigare il governo, che nella Nadef si è impegnato a realizzare 20 miliardi di privatizzazioni in tre anni per cercare di non far aumentare il debito pubblico”.

Paolo Mazzanti aggiungeva anche che sarebbe stato utile che il governo riuscisse però a produrre un Piano privatizzazioni da presentare al Paese e ai potenziali investitori nazionali e internazionali. I nostri Fondi pensione e Assicurazioni hanno patrimoni e riserve tecniche per quasi mille miliardi, in cerca di impieghi “pazienti”, a lungo termine, e potrebbero essere interessati a investire in società pubbliche e parapubbliche sicure, a cominciare dalla Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), di cui sono già azioniste di minoranza le Fondazioni bancarie. E a sua volta Cdp (che ha partecipazioni in Eni, Snam, Fincantieri, Terna, Ansaldo, Autostrade e diverse altre società) potrebbe investire nella rete ferroviaria (Rfi) che deve restare pubblica o nei porti, mentre Trenitalia, i servizi portuali e il patrimonio immobiliare pubblico, concentrati in società e fondi immobiliari, potrebbero essere quotati in borsa e attrarre investitori di mercato. E poi ci sono le residue partecipazioni pubbliche in Eni, Enel, Poste e le società regionali e comunali. “L’impostazione del governo è lontana anni luce dal passato, quando erano regali milionari a fortunati imprenditori ben inseriti”, ha dichiarato la presidente del Consiglio. “I passaggi potrebbero essere abbastanza lunghi e questo non dipende solo da me. Intanto abbiamo dato un bel segnale per Mps, alcune risorse sono rientrate. Lo Stato deve controllare quello che è strategico, ma questo non vuol dire non aprirsi al mercato”

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Secondo alcune stime, pubblicate da Il Sole 24 Ore, qualora venisse messa sul mercato una quota fino al 49% di Fs e meno del 30% di Poste, la forchetta degli introiti per lo Stato potrebbe aggirarsi fra 4,7 e 6,7 miliardi. Dalla vendita del 29% di Poste il Tesoro può incassare fino a 3,8 militardi. Altri 4,5 mld da Fs, 2 da Eni, 1,6 mld da Mps e 500 milioni da RayWai. In tutto meno di 13 mld. “E il target del Tesoro resta lontano” titolava Milano Finanza.