Un quadro macroeconomico migliore per l’Europa

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Lo scorso settembre abbiamo illustrato i motivi per cui gli investitori dovrebbero rivalutare la loro esposizione agli asset europei, che da tempo è sottopesata. Uno degli elementi della nostra tesi era il miglioramento del contesto macroeconomico della regione. Le nuove leggi fiscali dell’UE e il quadro operativo di politica monetaria della BCE, entrambi annunciati nel primo trimestre, ne sono un segnale tangibile.

Con queste riforme, le azioni di politica fiscale e monetaria, che in precedenza erano state attuate come risposte una tantum alle crisi, sono ora diventate elementi previsionali dello spettro di strumenti di politica macroeconomica dell’Europa. Nessuna delle due riforme è in grado di cambiare le carte in tavola; tuttavia, si tratta di passi nella giusta direzione, migliorando la capacità dell’UE di gestire le crisi, e rafforzando al contempo la coesione interna. Queste azioni incrementano la sostenibilità dell’euro e, di fatto, del progetto europeo nel suo complesso.

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Le nuove norme fiscali sono più semplici e tengono conto delle differenze tra i singoli Paesi

A inizio febbraio, i Paesi membri dell’UE hanno concordato le tanto attese riforme delle norme fiscali dell’Unione europea.

Le leggi precedenti sono state introdotte a seguito della crisi dell’eurozona dei primi anni 2010. Sebbene gli esperti vi facciano ancora spesso riferimento sottolineando i due limiti nominali fissati per i membri dell’UE (un deficit di bilancio del 3% del PIL e un rapporto debito/PIL del 60%), in pratica si trattava di leggi molto complesse (sia le norme stesse che le modalità di applicazione). La loro incapacità di raggiungere l’obiettivo prefissato di garantire la convergenza fiscale (o addirittura di prevenire ulteriori divergenze) ha reso evidente la necessità di un cambiamento.

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Le principali critiche mosse alle vecchie norme sono state quelle di essere troppo procicliche, complesse e formulate. Le nuove leggi, al contrario, sono più semplici, meno procicliche e quindi più credibili ed efficaci di quelle precedenti. Tuttavia, la creazione di un consensus sulle nuove norme ha richiesto quasi un decennio, in parte perché i diversi livelli di debito dei Paesi dell’UE hanno fatto sì che una riforma unica non fosse adatta a tutti.

Le caratteristiche delle nuove norme

Le riforme fiscali apportano due cambiamenti fondamentali:

  • I singoli Paesi sono maggiormente responsabili dei loro specifici percorsi di consolidamento fiscale. Mentre in precedenza i Paesi dovevano seguire un percorso unico definito dalla Commissione, le nuove norme riconoscono che ciò che è inteso fiscalmente sostenibile può variare da Paese a Paese. I nuovi percorsi fiscali saranno quindi negoziati individualmente, sulla base di una valutazione della sostenibilità del debito che tenga conto di una visione olistica della situazione del Paese.
  • Le regole sono semplificate. Se in precedenza la conformità veniva giudicata sulla base di molteplici indicatori fiscali, le nuove norme si concentrano su uno solo: la spesa netta. Il principale vantaggio dell’utilizzo di questo unico parametro risiede nella sua osservabilità, fattore che lo rende più facile da monitorare. L’idea generale è che un approccio più semplice, meno rigido e più flessibile sia un modo migliore per gestire i rischi fiscali all’interno dell’Unione.

Questo non significa che i “Paesi nordici” conservatori abbiano capitolato di fronte ai “Paesi del Sud” più dissoluti. Le nuove regole prevedono un’ampia gamma di limiti, ad esempio per quanto riguarda l’entità minima degli adeguamenti fiscali annuali. La differenza risiede nel cambiamento in termini di enfasi. L’intento è chiaramente quello di ridurre la portata della microgestione da parte della Commissione Europea. Tuttavia, i limiti impediscono che la definizione del percorso si trasformi in un’operazione fiscale indipendente.

Impatti economici e di mercato

Nel breve periodo è inevitabile un freno alla crescita, ma non a causa delle nuove norme, bensì nonostante esse. Da quando l’UE ha sospeso le sue regole fiscali nel 2020 a causa della crisi innescata dalla pandemia di COVID-19, gli Stati Membri hanno registrato disavanzi fiscali di gran lunga superiori alle nuove leggi. Un adeguamento fiscale sarebbe avvenuto comunque.

A lungo termine, l’effetto è più incerto, ma nettamente positivo. L’aspetto più importante è che le riforme rafforzano l’integrità dell’euro e, per estensione, dell’UE stessa. Lo fanno in tre modi: (1) modernizzando le regole per riflettere le attuali priorità politiche; (2) riaffermando l’impegno politico alla prudenza fiscale; e (3) rendendo più probabile che, in caso di crisi, gli appelli a sostenere l’integrità dell’Unione prevalgano sulle preoccupazioni per il rischio morale.

A parità di condizioni, ci aspettiamo che questa riforma attenui i cicli economici regionali e riduca la probabilità che i paesi abbandonino la moneta unica. Tale fattore è positivo sia per gli asset europei che per l’euro nel lungo periodo.

Lacune da tenere in considerazione

Anche se vediamo impatti positivi sulla crescita a lungo termine, notiamo i seguenti ostacoli all’efficacia delle norme:

  • Il 2027 potrebbe avere un effetto “cliff”. A partire dal 2028, i Paesi dovranno includere gli interessi passivi nel calcolo della spesa netta. Questo oggi lascia spazio fiscale ai governi altamente indebitati, ma potrebbe causare uno shock fiscale in seguito, soprattutto se i tassi rimangono alti.
  • La politica continuerà a giocare un ruolo importante. Le nuove norme non cambiano l’equilibrio politico di potere all’interno dell’UE. Gli Stati membri più grandi potranno ancora ottenere più esenzioni.
  • Maggiore politicizzazione dei percorsi fiscali. Una maggiore titolarità nazionale dei percorsi fiscali implica una maggiore influenza della natura mutevole della politica nazionale. I governi entranti sono poco incentivati a rispettare gli impegni fiscali del governo che sostituiscono. Inoltre, c’è uno sfasamento nei tempi. I percorsi fiscali negoziati con l’UE dureranno quattro o sette anni, un tempo maggiore rispetto ai due anni in cui i governi europei restano mediamente al potere. Il problema potrebbe essere maggiore nei Paesi con frequenti cambiamenti di governo. Il fatto che le nuove norme escludano i consigli di bilancio nazionali dal partecipare in attivamente al processo rappresenta un’occasione mancata per ridurre questo rischio.

Il nuovo quadro operativo della BCE chiarisce come verrà soddisfatto l’aumento del fabbisogno di liquidità

A seguito di una revisione avviata a dicembre 2022, il 13 marzo la BCE ha annunciato le modifiche al proprio quadro operativo di politica monetaria, al fine di garantire che la politica monetaria risponda ai cambiamenti del sistema finanziario per rimanere “efficace, solida, flessibile ed efficiente in futuro”.

A differenza del contesto caratterizzato da poca liquidità a cui abbiamo assistito prima della Grande Crisi Finanziaria, ora ci si impegna a creare un sistema di liquidità ampio e guidato dalla domanda, con la BCE che fornisce riserve in quantità molto maggiori. La Banca Centrale continuerà a offrire tutta la liquidità richiesta dalle banche in cambio di adeguate garanzie. In questo senso, la BCE è più “generosa” della Federal Reserve.

La BCE ha mantenuto tre tassi di interesse, che restano in vigore. I loro ruoli sono invariati, ma c’è un “corridoio” più sottile tra la soglia minima per le banche che richiedono finanziamenti alla BCE (tasso sui depositi) e il tasso di accesso al credito a breve termine (operazioni di rifinanziamento principali).

Queste modifiche entreranno in vigore il 18 settembre. L’impegno a creare un contesto di elevata liquidità, guidato dalla domanda, e il restringimento del corridoio dei tassi dovrebbero contribuire a ridurre la volatilità dei tassi del mercato monetario e a diminuire le pressioni sulla liquidità del settore bancario.

Linee guida per il futuro

Il Consiglio direttivo della BCE ha inoltre definito una serie di principi che guideranno la politica monetaria in futuro. Oltre a porre l’accento sull’efficacia, la solidità, la flessibilità, l’efficienza e il sostegno a un’economia di mercato aperta, il Consiglio direttivo ha definito anche un obiettivo secondario per la politica monetaria. Nello specifico, “nella misura in cui diverse configurazioni del framework operativo siano ugualmente favorevoli ad assicurare l’efficace attuazione della traiettoria della politica monetaria, il framework operativo faciliterà il perseguimento da parte della BCE del suo obiettivo secondario di sostenere le politiche economiche generali nell’Unione europea – in particolare la transizione verso un’economia green – senza pregiudicare l’obiettivo primario della banca centrale, ovvero la stabilità dei prezzi”. In questo contesto, l’elaborazione del quadro operativo mirerà a incorporare le considerazioni relative al cambiamento climatico nelle operazioni strutturali di politica monetaria.”

Resta da vedere cosa significherà in pratica questo chiaro riconoscimento della volontà di cooperare su obiettivi ampi, ove appropriato, tra i due principali rami della politica macroeconomica. Tuttavia, dato che per anni la BCE ha condotto la sua politica in modi che a volte hanno invaso altre aree, in particolare la sovranità fiscale degli Stati membri, un’interpretazione più generosa della condotta della politica monetaria è un’altra possibile fonte di miglioramento dell’efficacia della stessa, che non deriva dalle politiche o dalle regole in sé, ma dal modo in cui vengono attuate.

Conclusioni

Il pensiero a lungo termine è raro in politica. Tuttavia, le numerose crisi che hanno colpito l’UE negli ultimi anni sembrano aver finalmente portato un nuovo senso di pragmatismo tra i leader europei. Queste modifiche ai framework di politica fiscale e monetaria devono essere intese come sforzi distinti ma complementari volti a migliorare l’efficacia della politica macroeconomica nella regione, consentendo una maggiore flessibilità e rapidità nell’affrontare gli shock futuri. L’attuazione sarà certamente imperfetta e non mancheranno le critiche. Ciò non dovrebbe oscurare il fatto che queste riforme sono un solido risultato positivo per la regione.