Come funziona il sistema pensionistico italiano

redazione -
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Come si calcolano le rendite? Fra ripartizione e capitalizzazione, metodo retributivo e contributivo, ecco le regole alla base della nostra previdenza

Un sistema previdenziale, in generale, può essere basato su uno dei due fondamentali sistemi finanziari di gestione: “a ripartizione” oppure “a capitalizzazione”.

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Il sistema pensionistico italiano, così come i principali sistemi previdenziali europei, è di tipo “a ripartizione”, e si basa su un sistema di calcolo che è stato oggetto di modifiche nelle ultime riforme.

Tale sistema si basa sul principio che le prestazioni degli attuali pensionati siano finanziate con i contributi versati oggi dai lavoratori attivi e dai datori di lavoro. Non c’è quindi un accantonamento dei contributi pagati dall’individuo nella sua vita lavorativa, in quanto i contributi versati sono immediatamente spesi per pagare la pensione di qualcun altro e la nostra pensione sarà pagata da qualcuno che lavorerà quando noi smetteremo di farlo.

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Nel sistema “a capitalizzazione”, invece, la pensione di un individuo è funzione diretta dei contributi versati dallo stesso nella vita lavorativa.

I sistemi di calcolo
Il sistema di calcolo delle pensioni può essere di due tipi:
– retributivo;
– contributivo.

Il sistema retributivo
Il sistema retributivo si basa sulla media delle ultime retribuzioni percepite dal lavoratore (retribuzione pensionabile) e sul rendimento riconosciuto a questa media, moltiplicato per l’anzianità lavorativa.

La retribuzione annua pensionabile è data dalla media delle retribuzioni lorde rivalutate, percepite dal soggetto nel periodo di riferimento indicato dalla legge per il calcolo delle pensioni.

Il periodo di riferimento varia: per i soggetti più vicini alla pensione corrisponde agli ultimi cinque anni di vita lavorativa, ma per i lavoratori assunti prima del 1995 comprende tutta la vita lavorativa,

Ogni anno di contribuzione dà diritto a una quota di pensione, pari a una percentuale della retribuzione pensionabile. La percentuale varia a seconda della media delle retribuzioni. Per esempio è del 2% per le fasce minori per ogni anno di contribuzione. Quindi per redditi bassi, con 40 anni di contribuzione, il metodo retributivo garantisce il 40 x 2% = 80% della media dei redditi presi a riferimento.

L’importo della pensione è dato da una percentuale della retribuzione pensionabile pari all’aliquota di rendimento per l’anzianità contributiva (vale a dire gli anni di contribuzione). Per esempio, se la retribuzione pensionabile è pari a 10 mila euro e il beneficiario della pensione ha lavorato per 35 anni, la sua pensione sarà calcolata moltiplicando il 2% dello stipendio (200 euro) per i 35 anni di contribuzione e sarà quindi pari a 7 mila euro.

Il sistema contributivo
Il sistema contributivo si basa sui contributi effettivamente versati dal lavoratore (e dal datore di lavoro) durante tutta la vita lavorativa.

I contributi versati ogni anno vengono sommati e opportunamente rivalutati fino al termine della vita lavorativa, per dare luogo alla base contributiva complessiva, che la legge chiama montante individuale, sulla quale si calcola la pensione.

Per evitare che un lavoratore accumuli un montante contributivo troppo elevato, la riforma Dini del 1995 ha previsto l’adozione di un massimale (che viene rivalutato ogni anno in base all’indice Istat dei prezzi al consumo), oltre il quale il reddito percepito non è soggetto a contribuzione previdenziale. Il massimale opera per tutti i lavoratori privi di anzianità contributiva al 1° gennaio 1996 e quindi anche per gli iscritti alla Gestione Separata, essendo stata, quest’ultima, istituita dopo tale data.

Attualmente i contributi pagati per ogni lavoratore dipendente sono pari al 33% della retribuzione per i lavoratori dipendenti e al 23% del reddito prodotto nell’arco dell’anno per gli autonomi. La capitalizzazione di questi accantonamenti annuali darà il montante, il quale, ovviamente, crescerà all’aumentare dell’anzianità contributiva.

Per salvaguardare il valore del montante rispetto all’andamento dei prezzi, e per consentire al lavoratore di recuperare in parte la diminuzione del potere d’acquisto della moneta, è stata prevista la rivalutazione annuale del montante stesso in base alla variazione del Pil (prodotto interno lordo) nominale negli ultimi cinque anni.

Alla fine della vita lavorativa, la pensione sarà calcolata moltiplicando il montante per un coefficiente di trasformazione, che cresce al crescere dell’età di pensionamento, è indipendente dal sesso ed è determinato in funzione dell’impegno medio residuo, cioè della speranza di vita residua: a un’età più elevata corrisponde cioè un coefficiente di trasformazione maggiore, in quanto la pensione sarà erogata, mediamente, per un numero di anni minore.

L’intento è di incentivare a lavorare fino all’ultimo giorno utile, portando così un duplice vantaggio al fondo previdenziale:
1) minori anni di pensione erogata (il lavoratore andrà in pensione più tardi)
2) maggiori contributi per le pensioni già in essere, perché il sistema rimane in ogni caso a ripartizione.

Il criterio con cui sarà determinata la pensione varia in funzione dell’anzianità contributiva maturata dal lavoratore al 31 dicembre 1995, secondo il seguente schema:

Le novità della legge di Stabilità 2017

Governo e sindacati hanno raggiunto un accordo che verrà attuato nella legge di Stabilità 2017 e che contiene due misure che intervengono sui requisiti per il raggiungimento del diritto alla pensione: l’Ape che, grazie a un prestito, bancario o assicurativo, consentirà di anticipare il pensionamento rinunciando per vent’anni ad una percentuale dell’assegno, e la ricongiunzione gratuita dei contributi da gestioni diverse, per agevolare l’utilizzo ai fini pensionistici di spezzoni di periodi lavorativi nelle carriere discontinue.

Ape
L’Ape – anticipo pensionistico permetterà a chi compie 63 anni e dista meno di tre anni e sette mesi dal requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia di lasciare il lavoro prima grazie ad un prestito bancario o assicurativo.

Le fasce più disagiate potranno beneficiare dell’Ape “sociale”, andando in pensione prima senza subire tagli sul futuro assegno, ma per tutti gli altri l’operazione avrà un costo.

Il prestito potrebbe essere pagato con tagli fino al 25% sull’importo della pensione dei successivi 20 anni.

Saranno previste misure specifiche per le uscite dovute a crisi aziendali con oneri a carico delle imprese.

Ricongiunzioni
Si prevede di rendere la ricongiunzione presso l’Inps dei contributi versati in gestioni ed enti previdenziali diversi non più onerosa.
Verrebbe cancellato il vincolo del requisito minimo dei cinque anni di contribuzione in una singola gestione e verrebbero riconosciuti i contributi ricongiunti non solo per la pensione di vecchiaia ma anche per il ritiro anticipato.

Ultimo aggiornamento: 4 ottobre 2016, a cura di Walter Quattrocchi


Con la collaborazione di Irsa.