Apertura di credito?

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Le minori tensioni globali hanno consentito al credito di recuperare parzialmente dopo la forte discesa dei due mesi precedenti. Rientro dagli eccessi o recupero prematuro? Cosa ci dicono per ora i dati.

Gli spread del credito negli ultimi mesi hanno registrato escursioni violente, mentre gli operatori da un lato cercavano faticosamente di quantificare gli effetti destabilizzanti del virus su attività produttive e consumi, e dall’altro quelli del petrolio, la cui caduta verticale ha sensibilmente peggiorato i fondamentali dell’intero comparto dell’Energia. La correzione è stata particolarmente marcata sul segmento high yield: in due mesi l’indice globale ha ceduto più del 20% e lo spread è passato dai 360 punti base del 20 gennaio ai 1100 circa del 25 marzo. Da questo massimo, complice la maggior fiducia nel carattere transitorio della crisi covid, lo spread si è compresso fino ai 760 pb attuali. Con la medesima scansione temporale, l’investment grade è passato fra febbraio e marzo dai 90 ai 240 punti base di spread, per poi ripiegare a 190 punti base. A fronte di un recupero degli indici nell’ordine del 40-50%, ci sembra opportuno condurre qualche riflessione.

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Innanzitutto, cosa prezzano i mercati? I valori descritti sono compatibili con un tasso atteso di insolvenza del 2,7% nel caso dell’investment grade e dell’11% sugli high yield globali. Per quanto riguarda i junk bond europei, le attese implicite nei prezzi si attestano al momento al 9%.

Confrontando questi valori con gli ultimi report delle principali agenzie di rating, i quali prevedono un’escalation dei tassi d’insolvenza fino al 4-6% nell’anno in corso e all’8% nel 2021 per i titoli con peggior merito creditizio, possiamo concludere che i mercati prezzino un’evoluzione favorevole della crisi e in tempi ragionevoli, con una bassa probabilità assegnata a scenari più deteriori. Anche lo spread del settore dell’energia di 1200 punti base implica un tasso di insolvenza elevato (17%), ma in linea con le attese per il 2020. L’high yield a questi livelli presenta dunque opportunità di lungo periodo, ma rimane esposto a diversi rischi. Il principale è il fattore tempo: un prolungamento della crisi, e dei suoi effetti su domanda e offerta, aprirebbe alla possibilità di “tassi d’insolvenza a due cifre, specialmente nel 2021”, come segnalato nel report di Fitch di metà aprile. In secondo luogo, l’high yield statunitense, contrariamente a quello europeo, ha un’incognita aggiuntiva, legata all’alto peso del comparto dell’energia.

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Per quanto concerne l’investment grade, il livello di spread attuale appare interessante, soprattutto nel contesto del supporto offerto da Banche Centrali e governi. Anche in questo ambito però ampia diversificazione e selettività appaiono d’obbligo. A maggior ragione in questa crisi, la cui configurazione colpisce come mai avvenuto in passato alcuni settori (trasporto aereo, materiali, consumi ciclici, etc) risparmiandone altri.