Bitcoin, Russia e Ucraina: navigare attraverso la volatilità

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Dopo pesanti cali di prezzo all’inizio del 2022, il mercato delle criptovalute si è stabilizzato per un breve periodo, fino a quando è stato scosso da un improvviso picco che ha visto la capitalizzazione complessiva del mercato salire di oltre il 10% lunedì 28 febbraio. Bitcoin è attualmente scambiato intorno a $42k, un livello ancora inferiore rispetto al suo prezzo massimo di tutti i tempi, $68k nel novembre 2021, ma ben al di sopra dei suoi recenti minimi di $35k. L’ultimo picco è stato legato all’imposizione di sanzioni economiche nei confronti della Russia, come conseguenza dello scoppio del conflitto con l’Ucraina. Imposte da Stati Uniti, Regno Unito, molte nazioni europee e Canada, queste sanzioni includono anche l’impossibilità per un certo numero di banche russe di utilizzare la rete di messaggistica SWIFT (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication). La Banca centrale russa ha anche visto i suoi beni congelati all’estero per impedirle di procedere a liquidarli.

Alla luce di quanto accaduto, il Bitcoin ha sovraperformato asset come il petrolio, l’oro e il dollaro americano. Questo potrebbe portare alcuni a sostenere che Bitcoin è un bene rifugio, cioè un bene che può mantenere o apprezzare il suo valore durante una crisi economica. Sono necessarie alcune puntualizzazioni. A livello globale, il prezzo del Bitcoin è diventato più correlato con le azioni durante i momenti acuti di shock del mercato e la sua volatilità lo ha reso un candidato poco credibile per lo status di bene rifugio. Più che un bene rifugio, il comportamento di Bitcoin, come mostrato durante gli eventi in Russia/Ucraina, può indicare che esso può svolgere il ruolo di copertura contro il rischio politico. In maniera simile al comportamento del petrolio a livello globale. Nei momenti di shock macroeconomico, come la crisi legata al Covid del marzo 2020, il petrolio tende infatti a scendere bruscamente. Al contrario, nei momenti di maggiore rischio politico, che creano timori di carenze e interruzioni, il prezzo del petrolio tipicamente sale.

Per coloro che si trovano in Russia durante queste ultime settimane, al contrario, Bitcoin è servito da bene rifugio. Per queste persone forse è più utile allora pensare a Bitcoin come a una valuta digitale di ultima istanza. Bitcoin non richiede stoccaggio fisico, ha una politica monetaria fissa e altamente divisibile. In luoghi dove non sono disponibili dollari USA, titoli del tesoro americani o oro, ma il sistema economico locale e/o la valuta stanno crollando, Bitcoin diventa un’alternativa attraente. Le opzioni di rifugio sicuro più tradizionali non sono disponibili per una gran parte dei cittadini in Ucraina e nella Federazione Russa – anche prima del conflitto e delle successive sanzioni – ma Bitcoin è disponibile per chiunque abbia un telefono cellulare.

Questo aumento della domanda di Bitcoin sia in Russia che in Ucraina può essere riscontrato in volumi di scambio più elevati nelle loro rispettive valute tradizionali. Il picco è anomalo in due Paesi dove l’adozione delle criptovalute è alta. Per un certo lasso di tempo, la Russia e l’Ucraina hanno visto uno scambio di Bitcoin peer-to-peer relativamente alto per la loro regione, classificandosi rispettivamente al primo e al secondo posto. L’uso degli asset digitali non è solo qualcosa di confinato ad un piccolo segmento della popolazione – una stima approssimativa suggerisce che i due paesi più alti in classifica per possesso di cripto sono proprio Ucraina (12,7%) e Russia (11,9%).

Il Bitcoin e gli asset digitali più in generale, come l’ether e gli “stablecoin” legati al dollaro USA, riceveranno probabilmente una maggiore attenzione nel contesto del conflitto. Il governo ucraino ha sollecitato donazioni attraverso le reti di asset digitali. Un senatore statunitense e il presidente della BCE hanno entrambi sottolineato il rischio che le sanzioni economiche possano essere indebolite da queste reti. Da notare che una gran parte del mining di Bitcoin avviene in Siberia. In ogni caso, tutti i segnali indicano una maggiore domanda e un uso più ampio di asset digitali come Bitcoin “sul campo” in luoghi che cadono vittime dell’instabilità economica e/o politica.