Banche: dal 1° gennaio attenti al “bail in”

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Con il nuovo anno, in vigore le nuove norme che prevedono di utilizzare risorse private (anche dei risparmiatori) in caso di crisi delle aziende di credito. Un vademecum dell’Abi

Dal 1° gennaio 2016 saranno in vigore le nuove norme europee sulle crisi bancarie, che prevedono, tra l’altro il cosiddetto “bail in”, o “salvataggio interno”. Ciò significa che, in caso di fallimento di una banca, saranno utilizzate risorse interne, private (quelle di azionisti, obbligazionisti e anche correntisti dell’azienda di credito, per la parte di depositi che eccede i 100 mila euro), invece di risorse “esterne”, cioè pubbliche, che graverebbero sui contribuenti e sui conti dello Stato.

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Il “bail in” prevede una serie di misure, in caso di crisi, per evitare il fallimento. Se non fossero efficaci, si arriverebbe alla “risoluzione” della banca: e a pagare il conto sarebbero, in un ordine e in modo differente, i vari soggetti coinvolti.

Diventa così più importante che mai sapere come funziona il meccanismo e conoscere quali sono gli strumenti finanziari che possono essere considerati sicuri e quali no. 

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L’Abi, in collaborazione con le associazioni di consumatori, ha elaborato un vademecum con l’obiettivo di aiutare i risparmiatori privati a orientarsi nella nuova normativa e a evitare rischi. 

E’ essenziale sapere qual è l’ordine di priorità di chi può essere chiamato a intervenire per salvare una banca in crisi. La procedura di risoluzione aggredirà per primo il capitale degli azionisti, ovvero dei “proprietari” della banca: il valore delle azioni potrà azzerarsi completamente.

Con il “bail in” infatti il capitale della banca in crisi viene ricostituito mediante l’assorbimento delle perdite da parte di azioni e altri strumenti finanziari posseduti dagli investitori: questi titoli potrebbero subire una riduzione, anche totale, oppure essere convertiti in azioni come nel caso delle obbligazioni subordinate. Se la riduzione non bastasse, analogo trattamento potrebbe essere riservato alle obbligazioni non garantite. L’eventuale perdita per i creditori non potrà essere mai superiore a quella che si avrebbe nel caso di liquidazione della banca.

Chi detiene strumenti finanziari più rischiosi, in sostanza, è chiamato a contribuire in misura maggiore all’eventuale risanamento: i primi sono dunque gli azionisti. Solo in seguito, se il contributo degli azionisti fosse insufficiente, toccherebbe a chi detiene altre categorie di strumenti, secondo uno schema prefissato che il vademecum riporta così:
– azioni e altri strumenti finanziari assimilati al capitale, come le azioni di risparmio e le obbligazioni convertibili;
– titoli subordinati senza garanzia;
– crediti non garantiti, come le obbligazioni bancarie non garantite;
– depositi superiori a 100 mila euro di persone fisiche e Pmi, solo per la parte eccedente i 100 mila euro.

I conti correnti, i conti di deposito (anche vincolati), i libretti di risparmio, gli assegni circolari e i certificati di deposito nominativi fino a 100 mila euro sono dunque al sicuro, in ogni caso. Sono infatti tutelati dal Fondo di garanzia dei depositi, attivo da tempo e a cui aderiscono tutte le banche operanti in Italia.

Oltre la soglia dei 100 mila euro, i depositi e gli altri strumenti assimilati ad essi non vengono coinvolti automaticamente nel “bail in”, ma possono esserlo solo se il contributo richiesto agli strumenti più rischiosi (azioni, obbligazioni subordinate, titoli senza garanzia e così via) non fosse sufficiente a
risanare la banca.

Nel caso dei conti cointestati a due persone, l’importo massimo garantito raddoppia e sale a 200 mila euro, mentre nel caso di due conti intestati alla stessa persona presso la stessa banca l’importo garantito è comunque 100 mila. La garanzia del Fondo, infatti, non riguarda il conto ma è stabilita per ogni singolo depositante e per banca.

Oltre ai depositi fino a 100 mila euro sono esclusi dal bail-in:
– le obbligazioni bancarie garantite (ad esempio i covered bond);
– i titoli depositati in un conto titoli (se non sono stati emessi dalla banca coinvolta);
– le disponibilità dei clienti custodite presso la banca, come il contenuto delle cassette di sicurezza;
– i debiti della banca verso dipendenti, fornitori, fisco ed enti previdenziali ovvero quanto riguarda retribuzioni, prestazioni pensionistiche e servizi essenziali per il funzionamento della banca.

Attenzione però: il “bail in” si applica anche agli strumenti sottoscritti prima dell’entrata in vigore delle nuove norme, cioè prima del 1° gennaio 2016.