Flessibilità, arriva il piano del Governo

-
- Advertising -

Penalizzazioni differenziate in base alla tipologia di lavoratori. E prestiti “previdenziali” da banche e assicurazioni. Sono i punti salienti secondo le anticipazioni del sottosegretario Nannicini 

In molti si attendevano che fosse inserita nel Def, il documento di Economia e Finanza approvato dal Governo all’inizio di aprile. Così non è stato, e nel testo (anzi, in uno degli allegati, il Pnr, piano nazionale di riforme) si trova soltanto un cenno alla flessibilità nell’uscita dal lavoro: ovvero alla possibilità, per chi è vicino al pensionamento ma non ha ancora maturato tutti i requisiti richiesti, di cessare la sua attività, con una pensione leggermente inferiore alla pensione “piena”.

- Advertising -

In un’intervista al quotidiano il Messaggero, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini, ha tuttavia delineato quello che potrebbe essere il progetto del Governo per consentire un’uscita anticipata dal lavoro. Entro la fine di maggio Palazzo Chigi dovrebbe presentare un “position paper”, un documento da utilizzare come base per le modifiche normative alla legge sulle pensioni, che sarebbero inserite nella legge di Stabilità in discussione in autunno.

Secondo Nannicini, la possibilità di anticipare la pensione sarebbe legata alla nascita di un “mercato di prestiti previdenziali”: anticipazioni che le banche o le assicurazioni verserebbero a chi cessa il lavoro, e che sarebbero restituite dall’Inps nel momento in cui inizia l’erogazione della pensione vera e propria.

- Advertising -

“Ci sono tre categorie”, ha detto Nannicini al Messaggero. “La prima è quelle delle persone che hanno una preferenza ad andare in pensione prima, ad esempio la nonna dipendente pubblica che vuole accudire i nipotini. La seconda è quella di chi ha necessità di andare in pensione anticipatamente, in quanto ha perso il lavoro e non ha ancora i requisiti d’uscita. La terza categoria sono i lavoratori che l’azienda vuole mandare in pensione prima per ristrutturare l’organico aziendale. Ebbene, si potrebbe provare a creare un mercato di anticipi pensionistici, che oggi non c’è, coinvolgendo governo, Inps, banche, assicurazioni”.

Chi, come “la nonna” citata dal sottosegretario, volesse smettere di lavorare prima (l’ipotesi è di un massimo di tre anni di anticipo rispetto ai requisiti), avrebbe una “penalizzazione leggermente più forte”. Nel caso di chi perde il lavoro, a pagare la penalizzazione sarebbe “in buona parte lo Stato”, mentre nei prepensionamenti, sarebbero “le aziende a coprire una parte dei costi dell’anticipo, con un’assicurazione a garanzia del rischio morte pagato dallo Stato”, spiega Nannicini che sottolinea tuttavia come si tratti solo di “una delle ipotesi allo studio”.

Il progetto si dovrà confrontare con le altre proposte già avanzate, come quella del presidente dell’Inps Tito Boeri. Secondo l’economista, si tratterebbe di introdurre la possibilità di andare in pensione fino a tre anni prima rispetto alla data attualmente prevista dalla legge (66 anni e sette mesi), in cambio di una riduzione dell’importo della pensione. In pratica ciò si tradurrebbe, di un taglio del 3% degli assegni per ogni anno di anticipo, con un massimo di poco più del 9%.

Chi si ritira con il massimo anticipo possibile, quindi a 63 anni e sette mesi, subisce una decurtazione, rispetto alla pensione piena, del 9,4%, riduzione che scende al 6,5% per chi si ritira a 64 anni e sette mesi e al 3,3% a 65 anni e sette mesi. Il taglio si azzera ovviamente a 66 anni e 7 mesi, quando matura il diritto alla pensione piena.

Fanno eccezione i lavoratori cosiddetti “precoci”, coloro cioè che hanno iniziato a lavorare prima dei 18 anni, che possono accedere all’anticipo fino a tre anni, con la pensione piena.

Alla Camera è stata presentata anche un’altra proposta relativa alla pensione anticipata, la proposta Damiano, che prevede la possibilità di ritirarsi in anticipo con una decurtazione calcolata in maniera diversa e meno penalizzante, peri a circa il 2% all’anno. Mentre la proposta Boeri prevede il diritto alla pensione anticipata con 20 anni contribuzione effettiva (cioè, da lavoro effettivo, escludendo quindi eventuali periodi di contributi figurativi), la proposta Damiano prevede 35 anni di contributi complessivi.