Legge Bilancio, tassate le plusvalenze sulle opere d’arte

Walter Quattrocchi -

L’Iva sull’importazione e sulle cessioni dall’autore dal 10% al 5%

Una vera e propria stangata fiscale per il mercato dell’arte potrebbe arrivare dalla approvazione della prossima legge di Bilancio.

Collezionisti, antiquari, case d’asta, operanti in Italia sono in allarme per una misura inserita in una delle bozze della legge di Bilancio che mira a tassare le vendite, le cessioni o le acquisizioni per eredità di oggetti d’arte o di collezionismo al di fuori dell’attività di impresa.

La norma nel testo della bozza è presentata come “interpretativa” e dunque si applicherebbe in modo retroattivo ( 5 anni ), mentre per le opere detenute in paesi black list si applica il raddoppio dei termini.

Voluntary disclosure

I privati che hanno venduto quadri, sculture e oggetti da collezionismo, come orologi e monete, dal 1 gennaio 2012, potranno dichiarare spontaneamente le plusvalenze realizzate, versare l’Irpef dovuta e beneficiare della riduzione delle sanzioni a un ottavo del minimo.

In pratica si assoggetta a Irpef il capital gain secondo gli scaglioni progressivi: se consideriamo il più alto, il 43%, con un prezzo di acquisto di 100 mila euro e di vendita di 200mila, la tassazione del 43% risulterebbe pari al 21,5% del prezzo di vendita, cioè 43 mila euro.

Per chi aderisce autodenunciando la propria posizione al fisco è possibile in alternativa calcolare il capital gain ricorrendo a un regime forfettario del 40% del prezzo incassato anche per il passato.

Nel caso di acquisto per successione o donazione si prevede di assumere come costo quello dichiarato ai fini dell’imposta di successione o il costo del donante (è esclusa l’imposizione per valori sotto i 10 mila euro).

Se invece sarà il fisco ad accertare i maggiori redditi, le sanzioni saranno quelle ordinariamente previste in materia di imposte e la plusvalenza sarà imponibile al 100%.

Secondo il governo tali somme avrebbero dovuto considerarsi ricompresi tra i redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lettera i del Tuir da sempre, per cui si tratterebbe di evasione fiscale.

Da qui la possibilità, per chi li ha realizzati, di mettersi in regola in relazione alle annualità pregresse, sfruttando una sorta di collaborazione volontaria.
Il termine per versare le imposte dovute e i relativi interessi sulle operazioni del passato verrebbe fissato alla scadenza per il saldo Irpef per l’anno 2017, vale a dire al 30 giugno 2018.

Secondo le stime del Mef, basate essenzialmente sul fatturato annuale delle principali case d’asta operanti in Italia, viene calcolato che tra il 2012 e il 2016 i corrispettivi delle vendite di opere d’arte, oggetti d’antiquariato e da collezione conseguiti da privati italiani possono aver superato la cifra di 2 miliardi di euro.

Pertanto il gettito fiscale potenziale in caso di ravvedimento potrebbe toccare i 160 milioni di euro, su una base imponibile, ossia le plusvalenze realizzate, di un miliardo di euro.

Le reazioni

Questa misura fiscale è stata recepita dal mercato dell’arte e del collezionismo come un grosso danno tanto che in questi giorni numerosi operatori del settore stanno animando forum con commenti critici di ogni genere.

Gli addetti ai lavori temono che questa restrittiva tassazione sul mercato dell’arte potrebbe fare allontanare molte aziende dal nostro paese, produrre un effetto disastroso sul collezionismo italiano e un esito frenante sia per la vendita sia per l’acquisto di opere d’arte.

Regime fiscale attuale

Attualmente il collezionista che vende un oggetto d’arte o di collezione non subisce alcuna tassazione, tuttavia è opportuno valutare i casi in cui questi ponga in essere una cessione il cui corrispettivo sia passibile di tassazione Irpef, secondo le regole previste dall’art. 67 del TUIR (redditi diversi).

Nella sostanza si deve valutare il comportamento posto in essere dal collezionista.

In particolare la cessione non deve derivare da un comportamento speculativo e finalizzato proprio alla compravendita di quell’opera fin già dall’origine.
La semplice dismissione di una collezione, ad esempio ricevuta in eredità, non comporta in linea di massima alcuna tassazione.

Quello che conta ai fini fiscali è la finalità con cui sono stati posti in essere gli atti.

In caso di successioni la legge in merito ( legge sulle successioni, D.lgs 346/90) è applicabile anche alle opere d’arte, ai gioielli e ai beni artistici in genere di proprietà del de cuius e caduti in successione agli eredi.

Per quanto attiene invece i beni vincolati, secondo la disciplina del Codice di Beni Culturali, tali beni godono di un’esenzione dall’imposta di successione e donazione, se vengono rispettate particolari regole in sede di presentazione della dichiarazione di successione al fisco.

Inoltre, è previsto un cosiddetto criterio forfettario che prevede una presunzione di inclusione nell’attivo ereditario di gioielli, denaro, mobilia per un importo pari al 10% del valore dell’asse ereditario netto, anche se non dichiarati nella dichiarazione di successione stessa.

Riduzione dell’iva

Infine nella prossima legge di Bilancio vi è l’ipotesi di una riduzione dell’Iva sull’importazione e sulle cessioni dall’autore dai paesi extra Ue dal 10% al 5%, allineando l’Italia ai regimi di Francia, Regno Unito e Germania.