Alcune ottime aziende e valutazioni interessanti offrono opportunità in Europa

Paul Doyle -
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Dopo la solida performance del 2017, nel 2018 i mercati europei hanno perso terreno. La correzione è stata sostanzialmente simile al ribasso del 2015-16, quando titoli industriali, minerari, bancari, delle materie prime e dei mercati emergenti cedettero il 30% o più.

Data la stretta analogia tra gli attuali sviluppi nelle diverse economie e quanto accaduto tre anni fa, il recupero rispecchierà quello del 2016-17?

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Il contesto macroeconomico

Nel 2015-16 le indagini sul settore manifatturiero indicavano che l’economia europea era in contrazione: gli spread delle obbligazioni high yield aumentarono di 400 punti base, suggerendo una recessione imminente. La svolta recessiva fu tuttavia evitata, perché la Federal Reserve interruppe gli aumenti dei tassi nel marzo 2016.

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Tornando al 2018, due correzioni di mercato con un “doppio minimo” – come quelle del 2015-16 – hanno causato un ribasso dei listini a fine anno e la peggiore performance azionaria di dicembre dal 1931. L’andamento sostenuto dell’economia statunitense ha indotto la Fed a effettuare quattro rialzi dei tassi nel corso del 2018. Questi interventi non sono stati accolti di buon grado: pertanto, come nel 2015-16, anche questa volta una pausa del ciclo di inasprimento, giudicata più favorevolmente, potrebbe innescare un rally dei mercati azionari.

Considerato lo stato dell’economia americana, la regola di Taylor – che indica come modificare i tassi d’interesse in risposta alle mutevoli condizioni economiche – suggerisce che il tasso sui Fed Fund dovrebbe attestarsi intorno al 5-6%, e tuttavia sembra che la Fed si fermerà alla metà di tale livello. È infatti aumentato il timore che la guerra commerciale possa danneggiare l’economia mondiale, e quella degli Stati Uniti, più di quanto si pensasse in precedenza.

Oggi ci troviamo nella situazione opposta rispetto a un anno fa, quando si prevedeva un deprezzamento del dollaro USA e nei mercati emergenti regnava l’euforia. Il rally del biglietto verde dello scorso anno ha aggravato gli squilibri nell’economia globale. La crescita economica statunitense ha mascherato i problemi sul fronte commerciale (i contrasti tra USA e Cina, seguiti dai dazi), ma adesso che il dinamismo economico sta rallentando e la volatilità di mercato è in aumento, tutti i nodi vengono al pettine. In poche parole, se la Fed non cambia politica rischia di provocare un’inversione della curva dei rendimenti. In passato tale fenomeno è stato solitamente seguito da una recessione, anche se con uno o due anni di ritardo.

Benché non sia compito della Fed evitare le recessioni – anzi, talvolta la banca centrale le crea di proposito per evitare eccessi peggiori – riteniamo poco probabile uno scenario recessivo. La curva dovrebbe tornare invece a irripidirsi e assisteremo a uno sforamento del target d’inflazione. I tweet aggressivi del Presidente Trump sulle questioni commerciali diventeranno probabilmente più concilianti e il sentiment delle imprese registrerà un miglioramento. Ciò nonostante, si prevede da più parti un inasprimento della retorica commerciale.

Quali sono le implicazioni per l’Europa? La Banca centrale europea è già meno incline ad alzare i tassi rispetto alla Fed, com’è comprensibile nel contesto del debito italiano, delle dinamiche politiche volatili e della Brexit. Gli indici dei responsabili degli acquisti (PMI) sono diminuiti a causa dei dati deludenti provenienti dalla Francia, colpita dalle proteste dei “gilet gialli”, e del rallentamento della Germania, contagiata dalla debolezza della Cina.

Vi sono i margini per un rally dei titoli value e ciclici, come accaduto nel 2015-16, sulla scia di ulteriori dichiarazioni incoraggianti da parte della Fed. A quel tempo le correzioni dei mercati furono seguite da un crollo dei titoli ciclici, sfociato poi in un marcato rialzo. Gli investitori value che pescano sul fondo alla ricerca di occasioni potrebbero cadere essi stessi nella rete.

Prospettive

Ci aspettiamo un recupero degli indici PMI globali nella prima metà dell’anno a fronte dell’attenuazione dei problemi macroeconomici (politica della Fed, guerra commerciale, braccio di ferro tra Roma e Bruxelles e l’andamento deludente dei mercati emergenti).

Una svolta positiva degli indici PMI cinesi – più probabile adesso che l’impulso al credito è in miglioramento e la debolezza del renminbi compensa l’impatto negativo dei dazi statunitensi – dovrebbe aiutare anche l’Europa tramite la diminuzione delle scorte e un deprezzamento dell’euro.

Dopo la flessione dei titoli ciclici di ottobre e novembre, i beni strumentali e la chimica sono i segmenti del mercato più ipervenduti in Europa. Il timore è che i margini raggiungano un picco allorché le revisioni delle stime sugli utili superano quelle sui fatturati; ma le azioni cicliche appaiono comunque ipervendute, serve soltanto la capacità di scegliere i titoli giusti.

Gli attivi del Regno Unito sono analogamente molto sottovalutati, e nei nostri portafogli europei abbiamo numerosi titoli esposti all’economia nazionale britannica, come Kingspan, Elis e Ryanair. Queste posizioni potrebbero mettere a segno un forte rimbalzo nel caso di una “soft Brexit” o di una “no Brexit”, in quanto scontano già l’esito peggiore.

Intanto la situazione politica in Italia rimane tesa e il governo populista continuerà a lanciare i suoi strali contro l’UE per acquietare i suoi sostenitori. L’impatto sulle banche italiane ed europee ci induce alla cautela.

Quali azioni europee hanno dunque maggiori probabilità di fungere da beni rifugio a fronte di un futuro imprevedibile, ma di valutazioni convenienti? Un esempio sorprendente è quello del settore bancario italiano, caratterizzato da un numero eccessivo di istituti spesso inadeguatamente patrimonializzati, molti dei quali si trovano oggi in difficoltà. Tuttavia, noi abbiamo investito con successo in un nuovo entrante: Fineco Bank, una banca esclusivamente online con una base di costi estremamente ridotta, che offre proprio ciò che la clientela dei millennial desidera, ovvero una buona tecnologia, prezzi competitivi e nessuno costo superfluo. La banca fornisce anche una piattaforma parallela e altrettanto efficace per i fondi d’investimento, con una quota di mercato elevata e in crescita. Fineco non è la banca italiana più sottovalutata – le sue azioni quotano a un P/E di 24,4 per il 2019, secondo le stime di consenso – ma vanta un modello di business robusto e prevedibile con ampie opportunità di crescita.

E che dire di Elis, il maggior operatore di lavanderie in Europa? Il mercato è stato distratto dai rischi delle proteste dei “gilet gialli”, che hanno causato un calo degli avventori di hotel e ristoranti a Parigi, nonché dall’indebolimento del mercato britannico, frenato dalle incertezze sulla Brexit. Ma Elis ha una vasta presenza sul territorio, una rete di lavanderie e infrastrutture di consegna dovunque opera, e questo ne fa una proposta interessante per i clienti di maggiori dimensioni, quali ospedali, hotel, ristoranti e persino club sportivi. Ciò crea inoltre una barriera all’entrata per gli operatori che non dispongono di tale rete e, in definitiva, conferisce a Elis vantaggi di costo e di scala difficili da eguagliare.

Conclusioni

Il sentiment è passato dall’euforia alla sfiducia in meno di un anno, indebolito dagli squilibri della crescita e dai timori di una riduzione della liquidità a livello globale, ma non siamo a un punto di svolta. I recenti ribassi sono dovuti ai timori per la crescita tipici della fase avanzata dal ciclo; tuttavia, non siamo ancora giunti alla fine di quest’ultimo, in quanto essa sarebbe accompagnata da un’inflazione elevata, da una crescita sostenuta e da un’economia vivace. Nessuna di queste è presente in Europa, per cui riteniamo che vi siano ancora margini di guadagno in un mercato nettamente sottovalutato rispetto agli Stati Uniti e caratterizzato da alcune ottime aziende.


Paul Doyle – Gestore di portafoglio, Azioni europee – Columbia Threadneedle Investments