Commento di State Street al meeting del Federal Open Market Committee (FOMC)

-
- Advertising -

A seguito del meeting del Federal Open Market Committee (FOMC), Lee Ferridge, responsabile Multi-Asset Strategy per le Americhe di State Street Global Markets, Sophia Ferguson, senior portfolio manager di State Street Global Advisors, e Antoine Lesné, responsabile Strategia e Ricerca EMEA di SPDR ETFs, hanno così commentato:

Commento di Ferridge: “Il principale messaggio politico che la FED continua a promuovere è di pazientare, in quanto le condizioni finanziarie estremamente generose (l’indice National Financial Conditions della Fed di Chicago è ai minimi storici) sono in contrasto con i dati relativi alle attività miste e con il calo dell’inflazione, fattori che lasciano la Fed in una situazione di stallo. Se da un lato il mercato è sempre più concentrato su una potenziale virata verso l’inflazione target – che potrebbe portare un taglio dei tassi, dall’altro, la Banca Centrale non mostra alcun segnale di un cambiamento del quadro di riferimento nel breve termine. Con una certa sorpresa, la Fed ha deciso di abbassare il tasso Interest on Excess Reserves (IOER) di cinque punti base.

- Advertising -

Il consenso aveva previsto che questa decisione sarebbe stata presa durante il meeting di giugno, e tuttavia, questo taglio non deve essere interpretato erroneamente come una riduzione dei tassi di interesse. Questa è stata una decisione di natura tecnica, un tentativo di abbassare il Fed Funds Effective Rate e di allontanarlo dal range più alto al quale si è avvicinato recentemente. Tutto questo non ha praticamente avuto alcuna influenza sui mercati. Le azioni hanno goduto di un forte slancio a inizio anno e il messaggio della Fed non dovrebbe sconvolgere tale trend. Tuttavia, i mercati Forex del G10 stanno cercando in tutti modi di ottenere delle indicazioni e il mantra attendista della Fed avrà nuovamente poche possibilità di cambiare questa situazione”.

Commento di Ferguson: “Il Comitato si trova di nuovo ad affrontare una situazione di “tiro alla fune” tra una solida crescita e un’inflazione debole. Dopo il meeting di marzo, i dati sono rimbalzati, suggerendo che nel 2019 la crescita rimarrà al di sopra del potenziale. Tuttavia, le recenti comunicazioni hanno chiarito il fatto che non ci troviamo più in un ciclo di inasprimento monetario a causa del calo delle pressioni sui prezzi e della volontà di tollerare un contesto di inflazione lontana dal target che regna sovrano. Pertanto, non prevediamo che la Fed si troverà a ridurre i tassi di interesse per via dei timori legati a un rallentamento della crescita che spinge verso la recessione e, quindi, la linea d’azione più probabile sembra il mantenimento dei tassi di interesse invariati.

- Advertising -

Rimane il rischio che una riduzione dei tassi nel medio termine possa essere necessaria per sostenere l’economia, data una dissipazione degli stimoli fiscali più rapida del previsto, ma è anche necessaria una significativa revisione al ribasso delle previsioni economiche per giustificare questo percorso. Tuttavia, se l’inflazione dovesse rimanere moderata, il mercato è pronto a scontare 25 punti base nel 2019 e una duration tatticamente rialzista dovrebbe portare a maggiori performance nei mesi estivi”.

Commento di Lesné: “Nonostante la sorpresa al rialzo dei dati del PIL del primo trimestre divulgati la scorsa settimana, la debolezza dell’inflazione core continua a legittimare la scelta della Fed di mantenere i tassi invariati, monitorando l’andamento delle attività economiche d’ora in avanti. Gli effetti dello stimolo stanno svanendo e le condizioni monetarie meno accomodanti, come la riduzione del bilancio, potrebbero continuare a pesare sulla crescita economica. La fine della normalizzazione e la ripresa dell’espansione del bilancio saranno accompagnate da un rapido incremento dell’attenzione. Nel frattempo, la forza relativa dei dati dell’Eurozona potrebbe aver esercitato pressioni sul dollaro. Questo contesto generale potrebbe essere positivo per i mercati del debito in valuta locale dei mercati emergenti, fattore che dovrebbe anche indurre gli investitori a privilegiare le parti della curva statunitense da 1 a 3 anni e quella da 7 a 10 anni”.