Il presidente Mattarella ha incaricato Mario Draghi di formare un nuovo governo. Già questo basta a rendere gli eventi di Febbraio 2021 memorabili.

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Non ho mai pensato che, nel medio-lungo periodo, la politica avesse una grande rilevanza per l’andamento dei mercati finanziari. Né che concentrarsi sull’attualità sia particolarmente utile per compiere buone scelte di investimento. D’altra parte la citazione di Tito Livio ci ricorda che, mentre la politica discute e celebra i suoi riti, possono accadere fatti rilevanti, anche lontano da noi, e dalle conseguenze significative. E alcuni fatti meritano un commento. Il 2 Febbraio, in un discorso abbastanza irrituale, benché non nuovo1, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha aggiornato la nazione sulla crisi politica in corso. Ha espresso un evidente disappunto per l’incapacità, o la mancanza di volontà, delle forze politiche di trovare punti di convergenza per creare una maggioranza a sostegno di un governo stabile, in una fase delicata per l’Italia alle prese con una crisi sanitaria e le sue ramificazioni economico-finanziarie e sociali, e ha spiegato per quali motivi non ritenesse opportuno sciogliere il Parlamento e indire nuove elezioni, preferendo invece l’opzione di provare ad agire di sua iniziativa per creare un governo “di alto profilo” che, ha auspicato, possa essere sostenuto dal consenso stabile di una maggioranza parlamentare. Un invito forte al quale appare francamente difficile che gran parte delle forze politiche voglia sottrarsi.

Sul fatto che l’ex Presidente della BCE sia un nome di altissimo profilo, forse il più alto disponibile in Italia, non credo vi siano dubbi. Anzi, il suo profilo è talmente alto che chi scrive, ad esempio, ha spesso dubitato che potesse essere disponibile per un incarico di governo nella situazione attuale – si è parlato sovente di Draghi quale possibile successore di Mattarella al Quirinale nel 2022. Al di là della disponibilità e dello spirito di servizio che Draghi ha dimostrato, e che gli fa solo onore, ci sono alcune considerazioni che possiamo svolgere a proposito di questo incarico, che, al momento della stesura di questa nota, Mario Draghi ha accettato con riserva. Le consultazioni non sono ancora terminate. Il presidente Mattarella ha incaricato Mario Draghi di formare un nuovo governo. Già questo basta a rendere gli eventi di Febbraio 2021 memorabili.

1. Gestione delle risorse del piano Next Generation EU

Innanzitutto, se Draghi riuscirà a formare un nuovo esecutivo, trovando una maggioranza parlamentare che lo faccia nascere (già un grosso “se”), la priorità per il nuovo esecutivo sarà quella di elaborare piani credibili per ricevere e utilizzare le risorse della Recovery and Resilience Facility e gestire i progetti nel tempo. Si tratta di oltre 200 miliardi di Euro provenienti dall’Europa, la più ingente massa di risorse messa a disposizione di un governo italiano dall’esterno. Questo è stato il tema dominante di tutta la recente crisi di governo, vista dai mercati finanziari: il nome del primo ministro e quale maggioranza possa sostenerlo probabilmente ha un’importanza relativa, finché c’è la ragionevole convinzione che l’Italia possa fornire all’Europa in tempo utile i piani per avere accesso alle risorse di Next Generation EU, e i dettagli per la loro esecuzione. Draghi è un nome che gode della massima credibilità e quindi potenzialmente potrebbe agevolarci in questo passaggio (l’Italia non ha un curriculum ineccepibile nell’utilizzo dei fondi europei e nell’elaborazione ed esecuzione di piani strutturali pluriennali). D’altra parte, se la percezione dei mercati dovesse cambiare, per questioni legate alla persona di Draghi o alla possibilità dell’Italia di fornire all’UE piani credibili e verificabili nel tempo per l’utilizzo delle risorse, potremmo tornare a sperimentare un calo della fiducia nei confronti del nostro Paese, benché probabilmente con un impatto attutito dalla politica monetaria della BCE.

2. Riforme strutturali

Collegate alla presentazione di piani credibili per l’utilizzo delle risorse di Next Generation EU e alla loro esecuzione sono le riforme strutturali. Oltre al problema di ottenere una maggioranza per nascere, Draghi dovrà convincere il Parlamento a sostenere il suo esecutivo nel tempo (un “se” ancora più grosso, visto che alcune forze politiche sembrerebbero intenzionate a condizionare il loro sostegno a una scadenza antecedente il 2023, naturale conclusione della legislatura corrente) e ad approvare provvedimenti di riforma strutturale di molti capitoli importanti, come ad esempio pensioni, mercato e diritto del lavoro, giustizia, pubblica amministrazione. Tutte aree che la politica ha finora mostrato una grande resistenza a cambiare. Se Draghi possa riuscire ad arrivare in fondo a un percorso che altri prima di lui hanno intrapreso e hanno dovuto interrompere a un certo punto, è una questione aperta. Inoltre, un eventuale governo Draghi potrebbe affrontare i temi strutturali con maggiori risorse, grazie ai fondi europei, ma con il problema ciclico delle conseguenze economiche della pandemia. La gestione della fisiologica scadenza di alcuni provvedimenti-bandiera di alcune importanti forze politiche, come il reddito di cittadinanza e quota 100, e delle misure di sostegno alle attività economiche e alle categorie sociali più duramente colpite dalla riduzione dell’attività economica per contenere la pandemia, equivalenti a una potenziale variazione restrittiva della politica fiscale, è destinata a originare un aspro dibattito politico. È ovviamente possibile, ma nonostante l’energico appello di Mattarella non lo possiamo dare per scontato, che Draghi abbia il consenso per gestire queste situazioni nel modo più efficiente e razionale. Il tema delle riforme strutturali e della capacità di convogliare le risorse efficacemente e in modo mirato laddove si ritiene possano essere più produttive nel lungo periodo potrebbe diventare tanto più complicato quanto più l’eventuale maggioranza a sostegno del governo Draghi fosse eterogenea, perché il premier oggi designato potrebbe dover concedere qualcosa a un maggior numero di interlocutori.

3. Valutare la gravità del contesto a ritroso

La nomina di Draghi è stata una scelta “emergenziale” del presidente Mattarella, che ha ritenuto inappropriato andare a nuove elezioni con una pandemia in corso, con l’economia duramente colpita, con il marcato aumento del debito pubblico, in assoluto e in rapporto al PIL, e con crescenti rischi di sfaldamento del tessuto sociale. La decisione di Mattarella, con Draghi che ha accettato con riserva l’incarico di formare un nuovo governo, ricorda per alcuni aspetti quella con cui Napolitano nominò Mario Monti nel 2011. Tuttavia, la percezione dell’urgenza, dell’emergenza, forse oggi è minore – probabilmente perché i mercati finanziari non hanno messo sotto pressione l’Italia con uno spread in rapida ascesa, anche grazie al “Whatever it takes” di Draghi stesso nel 2012. Questo dev’essere un elemento di riflessione: il Presidente della Repubblica ha una percezione diversa da quella dei mercati finanziari, vede una situazione molto più grave di quanto traspaia da alcuni numeri e dagli atteggiamenti di alcuni esponenti politici. L’Italia è un grande beneficiario della politica monetaria ultra-accomodante della BCE e del diffuso cambio di mentalità rispetto alla politica fiscale, grazie al quale misure di espansione e supporto fino a pochi anni fa inconcepibili sono diventate realtà nei singoli Paesi e addirittura a livello di Unione Europea. Un esecutivo Draghi potrebbe rappresentare un ulteriore elemento a favore del nostro Paese. D’altro canto un fallimento del tentativo-Draghi potrebbe rappresentare un potenziale danno durevole alla nostra credibilità, oltre a mettere a rischio l’accesso alle risorse del piano Next Generation EU – il che potrebbe probabilmente avere ripercussioni sui mercati finanziari. Il presidente Mattarella ha provato con determinazione a evitare elezioni anticipate. È possibile che la consapevolezza di dover presentare piani credibili e verificabili a intervalli periodici nei prossimi anni, per continuare a meritare l’accesso ai fondi europei, abbia contribuito alla sua decisione. Non capita spesso che un Presidente della Repubblica si esponga in modo così netto, se la situazione generale non fosse percepita come grave. Per rispettare le scadenze europee il tempo stringe. I sentieri per formare un governo Draghi che duri fino all’elezione di un nuovo Capo dello Stato o per celebrare elezioni anticipate sono entrambi molto stretti. Il semestre bianco di Mattarella comincerà il 31 luglio 2021, allontanando così nuove elezioni, e non è detto che tutte le forze politiche condividano la valutazione del contesto del Presidente. Alcune, importanti, come il Movimento 5 Stelle e Fratelli d’Italia, hanno già palesato atteggiamenti poco inclini a collaborare, quando non addirittura ostili a sostenere un governo Draghi. Dalle prime dichiarazioni, Fratelli d’Italia sembra la forza politica forse al momento più esplicitamente favorevole a nuove elezioni anticipate. La Lega vorrebbe un governo “a tempo” con l’elezione del nuovo Capo dello Stato fatta da un nuovo Parlamento.

4. L’Italia e l’Europa

Che Draghi fosse un nome gradito ai mercati finanziari non era una sorpresa e infatti non sorprende la reazione di entusiasmo che lo spread BTP-Bund e il mercato azionario italiano hanno riservato, all’apertura del 3 Febbraio, alla notizia della convocazione di Draghi al Quirinale della tarda serata precedente. Che il nome di Draghi sia altrettanto gradito ad alcuni partner europei è meno scontato. È noto come vari organi di stampa tedeschi, per esempio, negli anni del QE abbiamo riservato all’allora Presidente della BCE un trattamento meno che lusinghiero, con espressioni che probabilmente riflettevano l’opinione di alcuni gruppi sociali di riferimento in Germania. L’asse franco-tedesco ha costituito la dorsale portante dell’Europa degli ultimi decenni. Per scala e vocazione continentale e globale aveva gli strumenti politici e culturali per includere e gestire i rapporti con l’Italia in un certo modo. L’Europa di oggi è diversa ed è possibile che evolva in una direzione che potrebbe concedere un ruolo più importante a Paesi più piccoli, e soprattutto a una nuova generazione di leader politici delle principali famiglie politiche europee – non certo estremisti o sovranisti oltranzisti – come quelli dei “quattro Paesi frugali” protagonisti delle negoziazioni, talvolta ruvide, della primavera 2020 sul piano Next Generation EU. La gestione delle dinamiche del consenso interno e il bilanciamento fra questioni domestiche ed europee sono cambiate nel tempo. Non è chiaro quale accoglienza la possibile nuova generazione di leader centristi o socialdemocratici vorrà riservare ai progetti di evoluzione economica e politica di un Paese più grande, con una scala maggiore del loro elettorato di riferimento, con una diversa vocazione politica, di struttura economica e demografica, all’interno dell’Europa e in proiezione globale, e con problemi differenti, ma di dimensione molto rilevante. Un’Italia attraversata da correnti sovraniste che potrebbero continuare ad alimentare un rapporto a tratti equivoco con un’Europa del cui sostegno si avrà ancora bisogno. Un’Italia che rimarrà “troppo grande per fallire” e potenzialmente ancora per alcuni anni più distante dai partner più piccoli rispetto a quanto sia da Germania, Francia e Spagna. È possibile che un eventuale esecutivo Draghi possa contribuire a determinare la direzione del rapporto con l’Europa in modo più netto rispetto ai governi che lo hanno preceduto. Il modo in cui ciò potrebbe avvenire è difficile da pronosticare.

5. Il ruolo della politica

Il messaggio alla nazione del presidente Mattarella il 2 Febbraio è stato piuttosto irrituale. Il tono sferzante del Capo dello Stato, abitualmente chiaro, ma misurato e composto nelle sue dichiarazioni, ha reso evidente il suo disappunto per una classe politica che può apparire ripiegata su sé stessa, distante dai problemi concreti della popolazione del Paese e indisponibile a riconoscere l’urgenza e la gravità della situazione attuale e ad assumersene la responsabilità in modo condiviso, in un’ottica di lungo periodo e non di una convenienza politica orientata al consenso nel breve termine. Potrebbe essere ingeneroso accusare la classe politica italiana di una gestione dell’emergenza pandemica peggiore di quella di altri Paesi. In assoluto non è stata buona, evidentemente, ma sono stati commessi errori gravi ovunque nel mondo. La situazione specifica dell’Italia è stata aggravata dal fatto che la pandemia ha colpito un’economia più vulnerabile di altre per vari motivi, come la composizione settoriale, la struttura demografica, i problemi di crescita anemica e di bassa competitività, il fardello del debito pubblico già molto elevato prima della crisi. Molti degli elementi positivi di questo periodo, che hanno alimentato un clima di fiducia fra gli investitori negli ultimi mesi, sono noti e riguardano i segnali di ripresa del ciclo economico e l’enorme stimolo monetario e fiscale. I mercati finanziari sono uno strumento molto efficiente per sintetizzare una moltitudine di informazioni disparate, ma in alcuni casi possono non essere in grado di cogliere tutti gli aspetti del mondo che ci circonda. Forse oggi ci troviamo in uno di quei casi in cui la complessità della situazione attuale va oltre ciò che i mercati finanziari riescono a sintetizzare senza perdere troppo contenuto informativo. Riuscire a compiere una sintesi a partire da un universo informativo più ampio dovrebbe essere il compito della politica. E forse è proprio questo superiore livello di complessità che il Presidente della Repubblica ha visto, e il messaggio che la designazione di un primo ministro di indiscutibile competenza e di caratura e prestigio internazionali ci deve suggerire.

Il primo atto si chiude

Credo che il percorso di Mario Draghi verso la formazione di un governo, anche politico, sia praticabile, ma si presenta potenzialmente accidentato. Draghi è una figura di indubbio valore e competenza e di altissima statura pubblica, ma politicamente è divisivo. Agli occhi di molti rappresenta le élite economico-finanziarie e culturali internazionali invise a segmenti rilevanti della popolazione. Sostenere Draghi, soprattutto per i movimenti più orientati al populismo e al sovranismo, può essere politicamente molto costoso. Non sorprendono quindi le resistenze e i tentativi di porre condizioni e fissare paletti, per evitare di assumersi indirettamente la responsabilità di scelte necessarie ma impopolari.

Nel romanzo La scelta di Reuven, Chaim Potok racconta la storia delle tormentate scelte del brillante giovane Reuven Malter, figlio di un noto studioso del Talmud, nel decidere come affrontare gli studi religiosi. Anche Sergio Mattarella deve avere compiuto una scelta tormentata, quando ha deciso di esporsi in modo così netto per un governo del Presidente. Vedremo se la sua vicenda con Mario Draghi Presidente del Consiglio dei ministri sarà intensa, avvincente e sufficientemente lunga, come quella di Reuven Malter. Oggi siamo, letteralmente, solo all’inizio. I mercati finanziari, con valide ragioni, guardano oltre le vicende politiche italiane di breve periodo. Lascia solo un po’ di amaro in bocca doverle paragonare, nel 2021, a un romanzo di formazione, per quanto bello.