Il grande balzo della space economy

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Nel giorno di Natale 2021 è stato – finalmente, potremmo dire – lanciato in orbita il gigantesco telescopio spaziale James Webb, dopo quasi vent’anni dalla nascita del progetto di uno strumento di nuova generazione che potesse aprirci gli occhi sull’universo ancora di più di quanto abbia fatto il suo predecessore, Hubble. E mentre il James Webb guarderà verso lo spazio esterno, a caccia di pianeti extra solari così come di buchi neri e di materia oscura, nell’altro verso sono sempre più numerosi i satelliti che da lassù vigilano su quello che accade sulla superficie della Terra, tra monitoraggi del clima, sistemi di telecomunicazione, mappature e puntamenti, formando le cosiddette costellazioni che sono diventate così decisive anche in termini di equilibri geopolitici internazionali.

Forse oggi, a dirla tutta, parlare di spazio e di space economy sta diventando qualcosa di fin troppo generico, data la miriade di missioni, esperimenti scientifici, applicazioni, tecnologie, progetti, scoperte, attività imprenditoriali e sogni che hanno come habitat quell’infinito spazio che sta al di fuori dell’atmosfera terrestre.

Destinazione Marte, via Luna

Nel corso di quest’anno partiranno almeno 10 missioni diverse dirette verso la Luna, con l’obiettivo prima di riportare l’essere umano a calcare il suolo del nostro satellite naturale, e poi di installare lassù delle basi permanenti, degli insediamenti e dei sistemi che vanno dall’archiviazione dei dati alle prospezioni geologiche. O meglio ‘selenogiche’, per dirla giusta dato che parliamo della Luna, Selene per i greci.

E se la missione ExoMars che alla fine porterà l’umanità su Marte sta accumulando un po’ di ritardo, prima a causa della pandemia e poi per via delle tensioni internazionali legate al conflitto in Ucraina, le prospettive di applicazione dell’attività spaziale stanno diventando sempre più sconfinate. Non solo perché come accade da molti decenni la ricerca spaziale ha ricadute sul quotidiano continue – dalle fotocamere alla neurochirurgia – ma anche perché i filoni di interesse si moltiplicano. Qualche esempio? La medicina spaziale, enormi rilevatori di onde gravitazionali, satelliti e sonde sparate via dalla Terra per arrivare laddove nessun manufatto umano è mai giunto, sistemi di difesa planetaria per proteggerci dall’arrivo di meteoriti come raccontava il colossal del 1998 ‘Armageddon’ e più di recente il provocatorio ‘Don’t look up’ su Netflix. E ancora, missioni per raccogliere campioni di asteroidi, esperimenti per la permanenza a lungo termine nello spazio e sonde sparate verso il sole fino a tuffarsi nel cuore della nostra stella.

Turisti per spazio

A tutto questo si aggiunge il gigantesco trend del turismo spaziale. I primi viaggi al di sopra della linea di Kármán (quella che convenzionalmente divide l’atmosfera dallo spazio aperto) sono già avvenuti con successo, tra SpaceX, Blue Origin e Virgin Galactic, ma il prossimo futuro vedrà una moltiplicazione di queste attività, a cui si sommano i progetti già avviati di costruzione di veri e propri hotel spaziali, come la Voyager Station che dovrebbe inaugurare nel 2027 e i più ambiziosi progetti di strutture di villeggiatura poggiate sul suolo lunare o su quello marziano.

Nonostante a oggi si tratti di una prospettiva turistica per pochi, visti i costi dei biglietti e degli alloggi, nel giro di qualche decennio è probabile che molti potranno concedersi il lusso di fare un giretto extraterrestre per puro divertimento e – letteralmente – per cambiare aria. Non è un caso che tantissime tra startup e aziende che operano nel settore aerospazio si concentrino su queste specifiche applicazioni, o su soluzioni di sostenibilità: dai razzi che possono essere riportati a terra e riutilizzati alle macchinette che fanno il caffè a gravità zero, fino a una lunga serie di elementi di comfort che devono essere reinventati quasi da capo per funzionare una volta finiti per aria.

Sulle spalle di Apollo

Secondo Reuters oggi la space economy vale già 350 miliardi di dollari l’anno, e Morgan Stanley stima che al 2040 il valore potrebbe sostanzialmente triplicare, sfondando il muro dei mille miliardi di dollari. Quasi il 40% di questo valore potrebbe essere relativo a una componente che fin qui non si è nemmeno menzionata, e il cui valore odierno è sostanzialmente nullo: la rete internet satellitare e spaziale. A questo si aggiunge un altro 20% di equipaggiamenti che resterebbero a terra, e poi tutto il mondo consumer, gli interessi dei governi e molto altro. Richiamando la celebre frase pronunciata da Neil Armstrong nell’appoggiare il primo piede sulla Luna, “That’s one small step for a man, one giant leap for mankind” (“un piccolo passo per un uomo, un grande balzo per l’umanità”), oggi sono in molti a sostenere che quello dello spazio sarà senza dubbio il prossimo “giant leap” dell’economia.