Il PNRR e la riforma del lavoro

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riforma del lavoro – 
L’Italia deve attuare le riforme: il PNRR è oggi l’antidoto e la risposta alla crisi in corso, con i programmi e gli investimenti nazionali e territoriali.

Occorre una riforma del lavoro: il mondo è cambiato i soggetti sono diversi, non si può pensare di proseguire la politica del lavoro secondo le abitudini, le regole, le politiche del passato. Un tempo l’azione prevalente del sindacato era di fare in modo che una parte crescente dei profitti delle imprese andasse a beneficio dei lavoratori. Oggi piuttosto bisogna porsi il problema dell’innovazione tecnologica, dell’intelligenza artificiale, della digitalizzazione, degli algoritmi. Questi strumenti devono permettere di valorizzare il lavoro, di dare la possibilità ai lavoratori di crescere in conoscenza e professionalità: non si può accettare che si rafforzi una diseguaglianza tra chi ha la conoscenza delle innovazioni tecnologiche e chi ne è escluso. Occorre immaginare un rapporto di lavoro dove accanto ad un conflitto (che sempre ci sarà tra lavoratore e imprenditore) si allarghi uno spazio di collaborazione, di valorizzazione dei lavoratori. Insomma, bisogna investire sul sapere delle persone e anche sulla loro formazione.

Il salario minimo

E’ stato raggiunto l’accordo in sede europea riguardo al salario minimo. Si tratta di un passaggio fondamentale che dà una forte risposta al calo dei salari in questi ultimi anni e alla lotta alle diseguaglianze. L’Europa ci chiede di approvare un provvedimento per dare dignità a lavoro e lavoratori, ma nello stesso tempo senza mettere in discussione la competenza degli Stati a decidere e il ruolo della contrattazione collettiva che viene ritenuta indispensabile.

Approfondiamo l’argomento con Alessia Potecchi, Responsabile Dipartimento Banche, Fisco e Finanza del PD di Milano Metropolitana

Intervista ad Alessia Potecchi

Quali sono gli aspetti salienti dell’introduzione del salario minimo?

“Vengono stabiliti i requisiti per un reddito dignitoso con un salario minimo legale o la contrattazione collettiva tra lavoratori e datori di lavoro. E’ un passo importante perché la richiesta come in altre occasioni viene dall’Europa e si pone sulla strada della sua unità e sinergia. L’Europa ci esorta, nella piena libertà, all’introduzione di un salario minimo che è in vigore già in 21 paesi su 27 dell’Unione.”

Quanto conterà la contrattazione autonoma delle parti sociali?

“In questo contesto va data massima importanza alla contrattazione autonoma delle parti sociali tenendo come punto di riferimento i trattamenti economici complessivi (Tec) dei contratti di lavoro maggiormente rappresentativi. Sarebbe poi utile poter stabilire dei salari minimi per quei settori dove le buste paga sono più basse e vi è anche poca contrattazione insieme al completamento e alla velocizzazione dei rinnovi dei contratti scaduti perché ovviamente la contrattazione va salvaguardata e incentivata per aumentare i salari: è lo strumento principale. Tutto questo per ridurre anche la presenza di contratti pirata”.

Quanto pesa il fenomeno dei contratti pirata?

“Ci sono 780 mila lavoratori senza contratto nazionale o soggetti a contratti pirata. A questi vanno aggiunti quelli che non rientrano sotto la tutela di Cgil Cisl e UIL e si arriva a ben 1,2 milioni di lavoratori. Ma va sottolineato che anche in alcuni settori dove è presente la contrattazione nazionale tra lavoratori e sindacati abbiamo dei contratti firmati al di sotto delle 9 euro all’ora e anche sotto le 8 e le 7 euro. Per esempio gli operai agricoli, i panificatori industriali che prendono 5,48 euro all’ora con contratto firmato dalle confederazioni sindacali fino al 2024. A questi si aggiungono i contratti semi clandestini e altre forme contrattuali con retribuzioni non dignitose. Il Ministro Orlando vorrebbe individuare queste realtà e cominciare ad intervenire su queste per legge per far fronte alla povertà di queste situazioni. Un lavoro da fare in coordinamento con il CNEL* e i dati da esso forniti”.

*Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro

La riduzione del cuneo fiscale potrà favorire anche le famiglie dei lavoratori?

“La riduzione del Cuneo Fiscale in parte è già stata inserita nella Legge di Stabilità del 2022 con un taglio di 1,5 miliardi dei contributi sociali a carico dei lavoratori con retribuzioni lorde fino a 35 mila euro. Occorre continuare su questa strada andando a reperire le risorse ancora una volta dalla lotta all’evasione fiscale che è ora rafforzata dai provvedimenti in materia che sono stati presi e dall’utilizzo di tutti i mezzi che abbiamo oggi a disposizione. Va estesa la tassa sugli extra profitti delle aziende e si può lavorare ancora sull’aliquota da applicare prevedendo una soglia dopo la quale scatta l’imposizione fiscale. Va continuata nel tempo: oggi è prevista per 7 mesi. Vanno poi potenziati e continuati gli aiuti alle famiglie maggiormente colpite dalla crisi con gli interventi come il bonus da 200 euro e gli altri provvedimenti contro il caro energia”.

La transizione ecologica può portare altri vantaggi?

“Sì. Occorre porre attenzione ai nuovi piani green che riguardano le industrie: bisogna coniugare innovazione e sostenibilità ambientale salvaguardando l’occupazione e la questione sociale. Questo richiede collaborazione, partecipazione, flessibilità, esclude un rapporto che si basi sulla precarietà e sul nomadismo dei lavoratori. Bene la transizione ecologica, bene il pacchetto europeo Fit for 55 con lo stop al 2035 delle nuove auto a motore e diesel. Ma la transizione va governata guardando alle ricadute occupazionali e alla salvaguardia del nostro sistema industriale, in particolare il settore automotive”.