La bozza di riforma del Sistema Fiscale. Prime riflessioni

Alessia Potecchi -
— di Alessia Potecchi —
Il Governo ha abbozzato la Riforma del Sistema Fiscale. E’ ancora una bozza, il testo ricalca e riprende alcuni importanti aspetti che erano già presenti nelle Delega Fiscale presentata dal Governo Draghi, ma alcune considerazioni e riflessioni si possono già fare.
Innanzitutto viene allargata la diseguaglianza già presente tra i redditi sottoposti all’IRPEF e quelli che non ne fanno parte. Nel secondo gruppo troviamo i lavoratori autonomi i redditi finanziari, i redditi degli affitti delle abitazioni a cui vengono aggiunti gli affitti sugli immobili commerciali, le plusvalenze sui terreni edificabili e tutti gli aumenti di redito con la Flat Tax incrementale.

Il punto di Alessia Potecchi, economista

Viene stralciata in questo senso sia l’equità orizzontale che quella verticale in quanto ai secondi soggetti interessati vengono applicati e confermati tutta una serie di vantaggi, non sono cioè soggetti ad un prelievo di carattere progressivo, ma ad una tassazione proporzionale con diverse tipologie di aliquote che vanno dallo 0 al 26% e che si presentano molto vantaggiose rispetto all’IRPEF.

Inoltre non rientrando nei redditi sottoposti alle addizionali comunali e regionali non contribuiscono alla risorse destinate alla sanità e ai beni pubblici territoriali. Quindi a mio parere abbiamo un netto peggioramento e allargamento delle iniquità fiscale tra le due categorie di contribuenti descritte. Inoltre vi è un intervento sui redditi fissi che sono sottoposti all’IRPEF e che sono la stragrande maggioranza di lavoratori dipendenti e pensionati. Anche qui vi è una riduzione della progressività evidente, vengono ridotti gli scaglioni che passano da 4 a 3 fino ad arrivare più avanti ad una vera e propria Flat Tax completa.

I redditi medi

Si afferma che questa operazione avvantaggerebbe i redditi medi, parliamo di quelli compresi tra 28.000 e 50.000 euro: non è così perché ridurre l’aliquota relativa ad uno scaglione e quindi impattante su una parte del reddito, va incontro a chi percepisce un reddito pari o superiore a 50.000 euro.
Abbiamo poi il discorso della Flat Tax incrementale che va a fare risparmiare chi guadagna di più rispetto agli anni precedenti. Si stralcia ulteriormente la progressività, il Governo aveva promesso che la avrebbe introdotta in Manovra per andare incontro ai lavoratori dipendenti penalizzati su questo aspetto rispetto agli autonomi, ma poi ci si è resi conto che i costi erano troppo elevati e si è fatta marcia indietro dando soltanto una detassazione minima per i premi di produzione: oltre a innescare molte perplessità è un meccanismo che da un lato riduce le aliquote ma dall’altro taglia le detrazioni.

Giustizia o ingiustizia fiscale?

La riforma produce effetti di ingiustizia fiscale. Azzera la progressività delle imposte e la gradualità della contribuzione in funzione della capacità di reddito dei contribuenti. L’impostazione della riforma fiscale del Governo Meloni si allontana decisamente dal dettato costituzionale e pesa maggiormente sulle fasce più deboli oltre ad avere il problema del reperimento delle risorse in quanto la Flat Tax ha dei costi enormi che vanno a scapito del finanziamento di beni e servizi di carattere pubblico.
Esempio chiaro è rappresentato da quei Paesi che hanno adottato un regime fiscale di Flat Tax: presentano una diminuzione della pressione fiscale ma un abbassamento della spesa pubblica di circa 10 punti rispetto ai Paesi con tassazione progressiva e 12 punti in meno sulla spesa sociale.