La sfida del riciclo per la transizione energetica
L’alluminio, uno dei metalli necessari alla transizione energetica, rischia di andare incontro ad un’estrema carenza nei prossimi anni. Questo è quanto emerge da uno studio dal titolo The EU Critical Raw Materials Act – recycling to the rescue? condotto da Allianz Trade, leader mondiale dell’assicurazione crediti.
Nella fase di estrazione l’Ue dipende ancora completamente dalle importazioni per tre materiali critici e per oltre l’80% per altri 10 materiali.
Analizziamo qualche numero per capire la dimensione del problema: la quantità di alluminio utilizzata nelle sole autovetture è passata da 174 kg nel 2019 a 205 kg nel 2022 per arrivare a 256 kg entro il 2030. Produrre alluminio in Europa è diventato troppo costoso per la bolletta energetica con circa metà della produzione interrotta nel periodo di massimo picco dei prezzi dell’energia del 2022 per un metallo che richiede 40 volte la quantità di energia del rame.
La guerra dei minerali che mette in difficoltà l’Europa
Metalli come il litio, il cobalto, il nichel sono essenziali per costruire le tecnologie per produrre energia rinnovabile. L’Agenzia internazionale per l’energia ha stimato che la domanda di cobalto, grafite e litio aumenterà di circa sei volte nei prossimi 10 anni. Per garantirne la fornitura l’EU Critical Raw Materials Act mira a rafforzare tutte le fasi della catena del valore europea e a diversificare le importazioni dell’Ue per ridurre la dipendenza. Tuttavia, aumentare le capacità nazionali di estrazione o lavorazione richiederà la disponibilità dei giacimenti minerari, massicci investimenti, tempistiche lunghe, potenziamento tecnologico e consenso sociale all’utilizzo del sottosuolo e delle risorse naturali collegate.
L’aumento necessario dei tassi di riciclo
In questo contesto l’aumento dei tassi di riciclo potrebbe aiutare, ma c’è ancora molta strada da fare. Ad oggi, solo 16 delle materie prime critiche o strategiche definite dall’UE sono riciclate in una certa misura, mentre 35 materie prime sono attualmente poco o per niente incluse nell’economia circolare. Nell’Ue il tasso di riciclo alla fine del ciclo di vita del prodotto è tra lo 0% e il 55%, a seconda del materiale. Ma ci sono grandi differenze. Alcuni metalli speciali come le terre rare, che pure hanno i costi sociali e ambientali di estrazione più elevati, ma anche il litio o l’arsenico, particolarmente tossico, non vengono quasi mai riciclati – in media meno del 7%. Altri materiali come la grafite, il fosforo o l’elio sono attualmente riciclati in media al 4%. Altri materiali come barite, carbonio e silicio sono quasi impossibili da riciclare perché cambiano la loro forma chimica durante la lavorazione o, come per il carbonio, vengono consumati. Per soddisfare la domanda futura e rispettare gli obiettivi fissati dall’UE, le capacità di riciclo devono essere notevolmente migliorate. E per farlo le materie prime critiche devono già essere prese in considerazione nella fabbricazione dei prodotti.
L’Italia è un’eccellenza e dovrebbe essere capofila in Europa
L’Italia rimane tra i Paesi capofila nel riciclo dei rifiuti e dei metalli in particolare. Con 52.900 tonnellate di imballaggi in alluminio riciclate nel 2021, pari al 67,5% delle complessive 78.400 tonnellate immesse sul mercato – cui vanno aggiunte 3.700 tonnellate di imballaggio sottile destinato alla termovalorizzazione – l’Italia si conferma anche per il 2021 tra le eccellenze a livello europeo per quantità di alluminio riciclato prodotto, secondo i dati del Consorzio Ciai. Il risultato, vitale per un Paese la cui produzione di alluminio si basa al 100% sul riciclo, ha consentito di evitare emissioni serra pari a 371mila tonnellate di CO2 e risparmiare energia per oltre 159mila tonnellate equivalenti di petrolio, ed è stato reso possibile grazie all’azione combinata di istituzioni, imprese, operatori, cittadini e comuni.