Bce, Fed e tassi, la Musa dei Mercati

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I mercati stanno scommettendo con convinzione sulla fine delle politiche restrittive da parte delle principali Banche Centrali. I più recenti dati d’inflazione sono confortanti, la dinamica dei prezzi prosegue nella giusta direzione. Negli Stati Uniti la core è scesa inaspettatamente sotto il 5%, +4,8% anno su anno, grazie alla discesa dei prezzi delle auto usate e degli affitti. Anche in Area Euro e UK l’indice dei prezzi è in diminuzione, ma siamo ancora lontani dal livello target del 2%, specialmente nel Regno Unito (ultimo dato +7,9% per la headline, + 6,9% per la core). I dati macro restano comunque positivi, i leading indicators dei paesi sviluppati sono compatibili con una crescita economica ancora in salute seppur in rallentamento. La componente dei servizi, in particolare, mostra una certa resilienza mentre appare più debole il manifatturiero. Anche la stagione delle trimestrali finora non ha fatto brutti scherzi anzi, i risultati dei principali player bancari americani hanno battuto le stime degli analisti non solo per il contributo dei margini d’intermediazione tornati corposi dopo i numerosi rialzi dei tassi ufficiali, ma soprattutto grazie alla forte ripresa delle attività di finanziamento, segno che la Corporate America per ora viaggia ancora su binari sicuri. Se lo scenario più probabile è quindi quello di rallentamento o moderata recessione a inizio 2024, allora le prospettive per la seconda parte dell’anno dovrebbero essere ancora favorevoli ai mercati finanziari.

Ci sono però alcuni elementi che vanno in controtendenza, primo fra tutti la debolezza dell’economia cinese che stenta a riprendersi. Con il mercato immobiliare ancora in grave difficoltà, i consumi anemici malgrado la fine delle restrizioni anti-Covid e il tasso di disoccupazione giovanile che ha superato il 20%, è probabile che nei prossimi trimestri le conseguenze sulla crescita globale si facciano sentire in modo più sensibile. Le Autorità cinesi si sono attivate per stimolare la ripresa economica ma al momento senza grandi risultati, occorrerà quindi monitorarne attentamente le prossime mosse. Al momento quindi il quadro resta più favorevole per i mercati sviluppati, con la tecnologia sempre sugli scudi grazie all’euforia legata allo sviluppo dell’intelligenza artificiale, attenzione alle valutazioni. Nelle ultime sedute, però, è cresciuto l’interesse anche verso le small cap, che erano state fortemente penalizzate a causa dei timori di un hard landing. Se una frenata brusca della crescita è davvero scongiurata, allora c’è ampio spazio di ripresa per il segmento. Lo stesso dicasi per la componente obbligazionaria: la parte breve del credito offre una carry molto attraente al quale non eravamo più abituati, mentre la parte lunga della curva governativa americana, quando gravita in area 4%, è a nostro avviso interessante viste le aspettative d’inflazione che, secondo la Fed, dovrebbe tornare al 2,1% entro il 2025.

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