L’ennesima rivoluzione tecnologica

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Se l’anno scorso il metaverso era al centro dell’attenzione del mercato e dei media, ora i riflettori sono puntati sull’intelligenza artificiale. La principale evoluzione quest’anno è la diffusione di applicazioni generative, cioè con creazione autonoma di contenuti. Le più note sono ChatGPT, Bard e Midjourney.

Ci sono pochi dubbi che la diffusione dell’intelligenza artificiale migliorerà l’efficienza dei processi aziendali e l’esperienza dei consumatori. Sempre più attività potranno essere automatizzate e affinate per incontrare al meglio i desiderata dei clienti finali. Le implicazioni in termini di crescita economica sono meno chiare e la definizione del prodotto interno lordo (PIL) non aiuta a farsi un’idea: per esempio, l’aumento del tempo libero non viene catturato. L’intelligenza artificiale potrebbe incrementare la produzione di servizi o contribuire a creare prodotti più sofisticati, quindi con risvolti positivi per il PIL. D’altra parte, potrebbe aumentare l’efficienza dei processi e ciò potrebbe portare, almeno inizialmente, a una diminuzione del PIL.

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Infatti, come sempre in presenza di una rivoluzione tecnologica, si teme per la tenuta dell’occupazione per via dell’automazione di alcune fasi della produzione. Per esempio, l’introduzione della catena di montaggio da parte di Henry Ford nel 1913 ridusse i tempi di produzione di un’auto da 12 ore a un’ora, mentre l’introduzione dell’IBM System/360 portò all’informatizzazione del lavoro.

Nel passato questi timori si sono rivelati infondati. La temporanea riduzione dell’occupazione è stata poi compensata dalla maggior accessibilità di alcuni prodotti che ha guidato un aumento della domanda. La società e l’economia nel tempo riescono a cogliere i vantaggi degli avanzamenti tecnologici, mentre gli impatti negativi vengono mitigati con l’adattamento alla nuova
realtà.

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Se nel breve termine effettivamente ci potrebbe essere una perdita di posti di lavoro in attività che possono essere svolte tramite l’intelligenza artificiale o in modo più efficiente, a medio termine è altrettanto probabile che si creino nuove figure professionali, proprio come nelle precedenti rivoluzioni industriali. È stato stimato che circa il 10% delle posizioni lavorative alla fine di ognuno degli ultimi decenni non esisteva pochi anni prima.

D’altra parte, i requisiti per questa trasformazione sono la flessibilità della forza lavoro in termini di mobilità e competenze e l’esistenza di ammortizzatori temporanei nelle fasi di riqualificazione.
Tuttavia, si potrebbero registrare delle fasi di tensioni sociali. Mentre alcune categorie beneficeranno degli avanzamenti tecnologici, altre potrebbero soffrire di una diminuzione di reddito e status. Questa situazione potrebbe portare a un rafforzamento dei populismi.

Si potrebbero verificare anche maggiori tensioni geopolitiche che, per la verità, sono già cominciate proprio in questo campo: gli Stati Uniti hanno ristretto la vendita di microprocessori avanzati alla Cina (come NVIDIA A100 e H100), che ha risposto con misure speculari in alcuni mercati utilizzati proprio per produrre chip.

Un po’ come si dice da tempo con riferimento alla digitalizzazione, l’intelligenza artificiale dovrebbe aumentare l’efficienza e quindi, in teoria, ridurre l’inflazione. L’effetto sarà in parte mitigato dagli elevati investimenti richiesti dall’intelligenza artificiale: un solo chip costa oltre 20 mila dollari,
mentre un server costa sette volte di più rispetto a uno tradizionale, e infatti molte società attive nel settore non sono redditizie.

In realtà, i guadagni derivanti dall’aumento dell’efficienza potrebbero inizialmente essere trattenuti dalle aziende sotto forma di incremento dei propri margini, ma nel tempo la concorrenza dovrebbe assicurare una distribuzione più ampia di questi benefici. L’intelligenza artificiale potrebbe anche modificare i prezzi relativi, per esempio con software che adattano rapidamente i prezzi di molti beni alla domanda in una specifica area, come già avviene per hotel e biglietti aerei,
rendendo meno utile il concetto di inflazione a livello nazionale.

Un ulteriore aspetto da considerare è la ricaduta sulla privacy e la cybersecurity. La grandissima quantità di dati che verranno creati potrebbe portare a molteplici situazioni patologiche, dalla fuga di dati alla creazione di contenuti fuorvianti con manipolazione dell’opinione pubblica. I governi
dovranno predisporre rapidamente una regolamentazione efficace per evitare che i rischi superino i benefici.

La regolamentazione dovrà riguardare più aspetti: antitrust per evitare la creazione di oligopoli, privacy, rapporti di lavoro, relazioni internazionali. Una maggior regolamentazione nel tempo potrebbe limitare i guadagni delle società attive in questo nuovo spazio economico.
Stando sulle implicazioni per i mercati, l’intelligenza artificiale (insieme al buon andamento economico e alle aspettative riguardo alla fine dei rialzi dei tassi da parte della Federal Reserve) è stata il motore della borsa statunitense: da inizio anno, infatti, gran parte della performance del mercato americano è attribuibile a un gruppo di società con progetti credibili in questo campo. I
principali titoli tecnologici hanno messo a segno performance vicine al 30%
da inizio anno.

L’esperienza ci insegna tre cose: non sempre le società vincenti in un ciclo economico lo sono anche in quello successivo; chi parte prima non necessariamente finirà vincitore (per esempio, dopo l’era delle dotcom molte società leader del tempo sono divenute irrilevanti o, addirittura, sono sparite);
e le valutazioni sono un fattore determinante per i ritorni a lungo termine. Difficilmente i guadagni di borsa delle società più impegnate sul fronte dell’intelligenza artificiale si tradurranno in maggiori utili, almeno nel breve termine. Da un punto di vista strategico, la tecnologia statunitense resta
un settore importante all’interno dei portafogli, ma in questa fase siamo tatticamente cauti.