Guida alle riprese dei mercati azionari
I ribassi dei mercati sono fonte di preoccupazione per numerosi investitori. Tuttavia, per quanto possano rappresentare momenti di estrema difficoltà, i mercati ribassisti possono anche offrire opportunità. Gli investitori che trovano il coraggio e la convinzione per tenere fede ai propri piani a lungo termine sono stati spesso premiati dalla ripresa dei mercati.
Tre peculiarità delle riprese dei mercati
1. Le riprese tendono ad essere molto più lunghe e solide delle recessioni
La buona notizia è che le fasi di ribasso dei mercati tendono a durare relativamente meno rispetto a quelle di ripresa. Sebbene ogni contrazione dei mercati sia a sé stante, i periodi di ribasso statunitensi dal 1950 sono durati in media 12 mesi, a fronte di mercati rialzisti con durata cinque volte più lunga. Altrettanto evidente è la differenza nei rendimenti. Sebbene i rialzi abbiano offerto mediamente un guadagno del 265%, le riprese non seguono quasi mai un tracciato regolare. Gli investitori sono spesso chiamati a confrontarsi con notizie allarmanti, una forte volatilità e ulteriori flessioni azionarie. Tuttavia, gli investitori che hanno mantenuto saldo il proprio obiettivo, si sono ritrovati in una posizione più vantaggiosa quando la ripresa ha iniziato a manifestarsi.
2. I mercati si riprendono in tempi relativamente brevi dalle forti contrazioni
Non possiamo dire con certezza come sarà la prossima fase di rilancio, ma la storia dimostra che i titoli azionari tendono a riprendersi con grande vigore dopo profondi declini. Osservando i 18 maggiori crolli del mercato dalla Grande Depressione, emerge come in ogni caso l’Indice S&P 500 si sia sempre ripreso a distanza di cinque anni, registrando in quei periodi rendimenti medi annui superiori al 18%.
Grazie a un rapido recupero dai minimi di mercato, anche i rendimenti sono stati spesso più consistenti dopo i ribassi più marcati. Nel primo anno dopo i cinque più drammatici ribassi del mercato dal 1929 i rendimenti medi erano del 70,9%, a riprova dell’importanza di mantenere i propri investimenti, anziché affrettarsi a vendere le azioni per paura della volatilità dei mercati. Sebbene questi siano stati i rendimenti medi di queste fasi di ripresa, ognuna di esse è stata diversa dall’altra ed è molto probabile che qualsiasi ripresa futura possa essere più attenuata.
3. Alcune delle società più influenti al mondo sono nate proprio durante le riprese dei mercati
Per citare giusto qualche esempio: McDonald’s è nata nel 1948 a seguito di una flessione causata dalla smobilitazione del governo degli Stati Uniti da un’economia di guerra. Walmart è stata fondata 14 anni dopo, più o meno in corrispondenza del “Flash Crash del 1962”, corrispondente a un periodo in cui l’Indice S&P 500 ha perso il 27%. Airbus, Microsoft e Starbucks hanno visto i loro natali nell’era della stagflazione degli anni ’70, un decennio caratterizzato da due recessioni e da uno dei mercati ribassisti peggiori della storia americana. Non molto tempo dopo, Steve Jobs ha deciso di avviare nel suo garage una piccola società di computer chiamata Apple. Chi è in grado di adattarsi e rafforzarsi in condizioni ostiche, spesso ha saputo fare investimenti interessanti a lungo termine. La ricerca fondamentale di tipo bottom-up è essenziale per distinguere le realtà in grado di cavalcare una ripresa economica da quelle che invece hanno maggiori probabilità di rimanere indietro.
Tre errori che gli investitori dovrebbero evitare
1. Cercare di indovinare le tempistiche dei mercati
Nel mondo degli investimenti è il tempo che conta, non il “timing”. Ritirare i propri capitali nelle fasi di ribasso implica che, se non si riesce a reinvestire al momento giusto, non si potrà godere appieno dei vantaggi della ripresa. Consideriamo l’esempio di un ipotetico investimento di $ 10.000 nell’Indice S&P 500 effettuato il 1° luglio 2013 e mantenuto per 10 anni. Mantenere l’investimento durante i due mercati ribassisti di quel periodo può essere stato difficile, ma il portafoglio di questo ipotetico investitore paziente sarebbe quasi triplicato. Se questo stesso investitore avesse invece cercato di indovinare il timing del mercato e avesse perso anche solo alcuni dei giorni più proficui, avrebbe danneggiato in modo significativo i risultati conseguiti nel lungo termine. Quindi, più sono i giorni “buoni” persi, maggiori sono le opportunità mancate.
2. Lasciarsi influenzare da articoli giornalistici negativi e non investire nella convinzione che sia un brutto momento per farlo
Le sfide economiche e geopolitiche dei nostri giorni potrebbero sembrare uniche, ma uno sguardo più approfondito alla storia dimostra che ci sono sempre stati dei motivi per non investire. Malgrado gli articoli giornalistici negativi, il trend del mercato a lungo termine è sempre stato al rialzo. In effetti, le migliori opportunità d’investimento emergono spesso quando gli investitori sono particolarmente pessimisti. Consideriamo un ipotetico investimento nell’Indice S&P 500 il giorno del bombardamento di Pearl Harbor, il 7 dicembre 1941. Chiunque abbia mantenuto i propri investimenti nei 10 anni successivi, dovrebbe aver ottenuto un rendimento annuo medio del 16%. Analogamente, un investimento di $ 10.000 nell’Indice S&P 500 il giorno in cui Lehman Brothers dichiarò il fallimento il 15 settembre 2008 sarebbe salito a oltre $ 30.000 a distanza di 10 anni. E la storia è piena di esempi come questi.
3. Concentrarsi troppo sulle dinamiche di breve termine
La volatilità rappresenta un aspetto critico soprattutto quando ci si concentra sulle oscillazioni a breve termine. Al contrario, è bene estendere il proprio orizzonte temporale, focalizzandosi sulla crescita degli investimenti in un’ottica di lungo periodo e sui progressi compiuti per raggiungere i propri obiettivi. L’approccio a breve termine è tipico di molti investitori, che monitorano i rendimenti dei loro portafogli su periodi di tempo limitati. L’approccio a lungo termine si riferisce al medesimo investimento nello stesso arco temporale, ma mostra la variazione annua nel valore del portafoglio investito. Da questa prospettiva, emerge come, col passare del tempo, le fluttuazioni a breve termine del primo si appianino, lasciando spazio a un più chiaro tracciato di crescita del portafoglio.