Soft landing o hard landing? In caso di hard landing cambiano le prospettive di investimento

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Non c’è nulla di particolarmente insolito nel fatto che i rendimenti azionari nel 2023 abbiano superato quelli obbligazionari, in uno scenario caratterizzato da un aumento significativo dei tassi di interesse a breve termine. Negli Stati Uniti, la Federal Reserve ha alzato i tassi di 350 punti base negli ultimi 12 mesi. L’indice S&P500 ha prodotto un rendimento complessivo dell’11% circa nel periodo, mentre l’indice Bloomberg US Aggregate Bond ha registrato un rendimento negativo del 3%. Naturalmente il fattore macro alla base di tali risultati è una crescita robusta del Pil nominale.

L’andamento del mercato cambierebbe molto qualora gli Stati Uniti e altre economie entrassero in recessione nel corso del prossimo anno.

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Le previsioni di consensus non delineano una recessione profonda negli Stati Uniti. In realtà, le stime sul Pil assomigliano più a un soft landing in cui la crescita inferiore alla media comporta comunque una capacità inutilizzata appena sufficiente a far scendere l’inflazione. Il consensus sulla crescita corrisponde a prospettive sugli utili altrettanto positive. Secondo le stime di consensus attuali per l’S&P500, nel 2024 il tasso di crescita degli utili per azione sarà dell’11% rispetto al dato invariato del 2023.

Soft o hard, azioni o obbligazioni?

Il prossimo anno gli investitori potrebbero trovarsi di fronte a due scenari. Il primo è lo scenario previsto dal consensus che abbiamo delineato. Nel secondo scenario, l’economia reagirà come ha sempre fatto a uno shock inflazionistico e alla stretta monetaria. In altri termini, ci sarà una recessione. Le prospettive di investimento sono molto diverse. Nel caso di un soft landing, le azioni continueranno a fare meglio delle obbligazioni grazie alla rinnovata crescita degli utili nel 2024. Tuttavia, con l’economia vicino alla piena capacità, un soft landing solitamente non porta a un aumento significativo della disoccupazione, un taglio significativo dei tassi di interesse che stimolerebbe i rendimenti obbligazionari sarebbe improbabile. L’inflazione continuerebbe a preoccupare le banche centrali, e i continui interventi della politica monetaria diventerebbero la norma. Un premio a termine più elevato potrebbe essere necessario nelle curve dei rendimenti per riflettere la maggiore incertezza sul futuro livello dei tassi di interesse e una rivalutazione dei tassi di equilibrio.

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Il principale vantaggio del reddito fisso in uno scenario di questo tipo sarebbe il reddito derivante dagli yield elevati, senza grosse deviazioni dai livelli attuali. L’eventuale necessità di continuare con la stretta monetaria limiterebbe la flessione dei tassi risk free a lungo termine e il restringimento degli spread di credito rispetto ai livelli attuali, vicino alle medie a lungo termine. Le obbligazioni sarebbero una fonte di reddito nonché di diversificazione dell’esposizione azionaria.

In caso di recessione, la situazione sarebbe diversa. Gli utili societari risentirebbero del calo dei ricavi a fronte del rallentamento della crescita del Pil, e per le aziende sarebbe più difficile mantenere i margini di utile. Per il mercato azionario statunitense in particolare, le valutazioni attuali non offrono valore in uno scenario in cui la crescita degli utili tornasse a essere negativa. Il calo dei prezzi azionari si ripercuoterebbe sull’economia reale, con una riduzione degli investimenti e della fiducia dei consumatori. La Federal Reserve interverrebbe rapidamente per tagliare i tassi, consentendo un calo degli yield obbligazionari e un rendimento complessivo ben oltre quello indicato dal livello attuale degli yield. Il risultato, negli Stati Uniti, sarebbe un aumento significativo dei premi per il rischio azionario ex ante, abbastanza da attirare gli investitori nuovamente verso le azioni in previsione di una ripresa dell’economia e delle aziende.